home page
pagina iniziale |
by |
Senofonte
Anabasi
Edizione Acrobat
a cura di
Patrizio Sanasi
(patsa@tin.i
t).2LIBRO I
1
1
Da Darioe Parisatidenascono due figli, il maggiore Artaserse, il minore Ciro; Dario, quando si ammalò epresagì la fine della vita, li volle entrambi accanto a sé.
2 Il maggiore si trovava già lì. Ciro viene richiamato dallaregione di cui il padre lo aveva nominato satrapo; lo aveva anche designato comandante di tutte le truppe concentrate a
Piana del Castolo. Ciro, dunque, si avvia verso l'interno e porta con sé Tissaferne, che stimava amico, con trecento opliti
greci agli ordini di Sennia di Parrasia.
3 Quando Dario muore e Artaserse sale al trono, Tissaferne calunnia Ciro agliocchi del fratello e lo accusa di tramare contro di lui. Artaserse gli dà ascolto e arresta Ciro per metterlo a morte; ma la
madre, avendo interceduto, lo rimanda nella regione.
4
Appena partito, dopo il pericolo corso e l'oltraggio subito, medita di non dipendere più dal fratello, ma, se gliriesce, di regnare al suo posto. La madre Parisatide, in effetti, favoriva Ciro, perché lo amava di più del regnante
Artaserse.
5 Chiunque venisse a trovarlo da palazzo, Ciro faceva in modo che al momento del congedo fosse più amicosuo che del re. Inoltre, curava che i barbari suoi sudditi diventassero soldati valorosi e a lui devoti.
6 E andavaraccogliendo truppe greche, nella massima segretezza possibile, per sorprendere il re quanto più impreparato.
Così dunque procedeva al reclutamento: nelle città che ospitavano le sue guarnigioni, ordinò a ciascun
comandante di raccogliere uomini del Peloponneso, quanto più numerosi e forti, col pretesto che Tissaferne stesse
complottando per metter le mani sulle città stesse. Le città della Ionia, infatti, in passato erano state affidate dal re a
Tissaferne, ma all'epoca erano passate dalla parte di Ciro, tutte tranne Mileto.
7 Tissaferne, presagendo che a Miletoavessero in animo la stessa manovra, ossia che avessero l'intenzione di passare dalla parte di Ciro, ne uccide alcuni e
altri ne manda in esilio. Ciro, accolti i fuorusciti e radunato l'esercito, strinse d'assedio Mileto, per terra e per mare, nel
tentativo di ricondurre in patria gli esuli. Era in realtà un'altra scusa per raccogliere truppe.
8 Nelle sue ambasciate al re,poi, andava sostenendo che le città spettavano a lui, che era fratello del sovrano, non certo al dominio di Tissaferne, e la
madre appoggiava le sue richieste. Così il re non si accorgeva di essere il bersaglio, ma credeva che il fratello spendesse
denaro per allestire un esercito contro Tissaferne. E una guerra tra i due non gli dava affatto fastidio. Tanto più che Ciro
continuava a inviare al re i affatto tributi delle città prima in mano a Tissaferne.
9
Un altro esercito era reclutato per lui nel Chersoneso, di fronte ad Abido, nel modo seguente: Clearco era unesule spartano; Ciro ebbe occasione di frequentarlo, nutrì per lui profonda stima e gli concesse diecimila darici. Clearco
prese il denaro e, con tali mezzi, allestì un esercito: muovendo dal Chersoneso, attaccava i Traci che abitano al di là
dell'Ellesponto, rendendo un grande favore ai Greci, al punto che le città dell'Ellesponto, di loro spontanea volontà, lo
sovvenzionavano per il vettovagliamento delle truppe. Così un altro esercito per lui era mantenuto di nascosto.
10Aristippo il tessalo, uomo a lui legato da vincoli di ospitalità, in patria era messo alle strette da un partito avverso. Si
reca da Ciro e gli chiede duemila mercenari e la paga per tre mesi, per avere così la meglio sugli avversari. Ciro gliene
dà quattromila e la paga per sei mesi, ma lo prega di non venire a patti con gli avversari prima di essersi consultato con
lui. Così anche in Tessaglia teneva nascosto un esercito da lui sovvenzionato.
11
A Prosseno il beota, a lui legato da vincoli di ospitalità, chiede di raccogliere quanti più uomini fossepossibile e di raggiungerlo, con la scusa di voler muovere contro i Pisidi, perché - diceva - recavano molestie al suo
territorio.
Sofeneto di Stinfalo e Socrate l'acheo, anche loro suoi ospiti, li invitò a raccogliere il maggior numero di
soldati e a raggiungerlo, per attaccare Tissaferne, con l'appoggio dei fuorusciti di Mileto. I due eseguirono gli ordini.
2
1
Quando gli sembrò giunto il momento di mettersi in marcia verso l'interno, tirò fuori il pretesto di volerscacciare del tutto i Pisidi dalla regione. E, come se si preparasse a un attacco, raccoglie truppe barbare e greche. Quindi
comunica a Clearco di raggiungerlo alla testa dei soldati alle sue dipendenze, e ad Aristippo di scendere a un accordo
con i suoi concittadini e di inviargli l'esercito che aveva con sé. Sennia l'arcade, che in sua vece comandava il
contingente straniero nelle città ioniche, manda a dire di prendere tutti gli effettivi, tranne le truppe necessarie a
presidiare le roccaforti.
2 Richiamò gli uomini impegnati nell'assedio di Mileto e invitò gli esuli a unirsi alla suaspedizione, promettendo che, in caso di successo, non avrebbe deposto le armi prima di averli ricondotti in patria. Gli
obbediscono prontamente perché avevano fiducia in lui. Armati di tutto punto, lo raggiunsero a Sardi.
3 Sennia, allatesta dei soldati delle città ioniche, giunse a Sardi con circa quattromila opliti; Prosseno con all'incirca millecinquecento
opliti e cinquecento gimneti; Sofeneto di Stinfalo con mille opliti; Socrate l'acheo grosso modo con cinquecento opliti;
Pasione il megarese con trecento opliti e trecento peltasti. Quest'ultimo e Socrate erano tra quelli che stavano
combattendo a Mileto.
4 Tutti raggiunsero Ciro a Sardi.Tissaferne aveva avuto sentore delle manovre ed era convinto che si trattasse di preparativi troppo imponenti
per una spedizione contro i Pisidi; allora si reca dal re in tutta fretta con circa cinquecento cavalieri.
5 Il re, appenaseppe da Tissaferne dell'esercito di Ciro, preparò le adeguate contromisure..3
Ciro, con le truppe che ho detto, muove da Sardi. Attraverso la Lidia, avanza in tre tappe per ventidue
parasanghe fino al fiume Meandro, larghezza due pletri; c'era un ponte ottenuto con sette barche legate insieme.
6 Dopoaverlo varcato, percorre la Frigia in una sola tappa di otto parasanghe fino a Colosse, città popolosa, prospera e grande.
Vi rimane sette giorni. Lo raggiunse Menone il tessalo, alla testa di mille opliti e cinquecento peltasti, Dolopi, Eniani e
Olinti.
7
Da qui avanza in tre tappe per venti parasanghe fino a Celene, città della Frigia, popolosa, grande e prospera,dove Ciro possedeva una reggia e un grande parco, pieno di animali selvatici, che lui cacciava a cavallo, volendo tenere
in esercizio se stesso e i suoi destrieri. Nel mezzo del parco scorre il Meandro: le sue sorgenti nascono nella reggia e il
suo corso si snoda attraverso la città di Celene.
8 Anche un palazzo fortificato del gran re sorge a Celene, nei pressidelle fonti del fiume Marsia, ai piedi dell'acropoli. Anche il Marsia scorre attraverso la città e si getta nel Meandro.
Ampiezza del Marsia: venticinque piedi. Si racconta che qui Apollo, dopo aver vinto Marsia, suo rivale in una gara di
abilità, lo scorticò e ne appese la pelle nell'antro vicino alle sorgenti: ecco perché il fiume ha il nome di Marsia.
9 QuiSerse, quando lasciò la Grecia vinto in battaglia, costruì - narrano - la reggia e l'acropoli di Celene. Ciro vi si trattenne
trenta giorni. Lo raggiunse l'esule spartano Clearco con mille opliti, ottocento peltasti traci e duecento arcieri cretesi. Al
tempo stesso giunge Sosi il siracusano con trecento opliti e Sofeneto l'arcade con mille. Qui, nel parco, Ciro passò in
rassegna le truppe greche e le contò: il numero totale degli opliti era di undicimila, i peltasti risultarono circa duemila.
10
Quindi, in due tappe, avanza per dieci parasanghe fino a Pelte, città popolosa. Vi rimane tre giorni, durante iquali Sennia l'arcade celebrò le feste liceee istituì i giochi. I premi erano strigilid'oro. Vi assisteva anche Ciro.
Quindi, in due tappe, avanza per dodici parasanghe fino a Mercato delle Ceramiche, città popolosa, l'ultima in
direzione della Misia.
11
Da qui in tre tappe per trenta parasanghe avanza fino a Piana del Caistro, città popolosa. Vi soggornò cinquegiorni. Doveva più di tre mesi di paga ai soldati, che diverse volte si recarono alle sue porte per chiedergli il soldo. Ma
lui, con parole che ispiravano fiducia, cercava di tirare per le lunghe ed era in chiara difficoltà: non faceva parte infatti
della natura di Ciro avere e non dare.
12
Qui giunge Epiassa, moglie di Siennesi, re dei Cilici. Stando alle voci, aveva portato a Ciro molto denaro.Fatto sta che Ciro diede all'esercito la paga di quattro mesi. La regina aveva una guardia del corpo formata da Cilici e
Aspendi. Si diceva anche che Ciro se la intendesse con lei.
13
Poi, in due tappe, avanza per dieci parasanghe fino a Timbrio, città popolosa. Lungo la strada c'era lafontana detta di Mida, re dei Frigi, presso la quale appunto Mida, come dicono, aveva catturato il Satiro, mescolando
l'acqua della fonte col vino.
14
Da qui, in due tappe, avanza per dieci parasanghe fino a Tirieo, città popolosa. Vi si ferma tre giorni. A quelche si racconta, la regina dei Cilici pregò Ciro di mostrarle l'esercito: Ciro acconsentì e nella pianura passò in rassegna
le truppe greche e barbare.
15 Diede ordine ai Greci di schierarsi e di mantenere la posizione che assumevano inbattaglia secondo il loro uso. Ordinò poi a ciascun comandante di disporre in formazione i propri soldati. Si allinearono
dunque su quattro file: alla destra Menone con i suoi, alla sinistra Clearco e le sue truppe, al centro gli altri strateghi.
16Ciro passò in rassegna prima i barbari, che sfilavano disposti per squadre e schiere, poi i Greci, lui su un carro da guerra
e la regina cilicia su un carro coperto. Tutti i soldati avevano elmi di bronzo, tuniche rosse, schinieri e scudi senza
fodero.
17 Dopo aver completato la rivista, si fermò col carro di fronte alla falange centrale e, inviato ai comandantigreci l'interprete Pigrete, ordinò che spianassero le armi e che tutto quanto il reparto si lanciasse alla carica. I
comandanti trasmisero l'ordine ai soldati: agli squilli di tromba mossero in avanti, lance in resta. Poi, aumentando la
cadenza, tra alte grida i soldati finirono spontaneamente per correre verso le tende, seminando il pànico tra i barbari.
18Anche la regina cilicia fuggì sul carro, anche i mercanti, abbandonate le loro mercanzie, fuggirono. I Greci, tra le risa,
giunsero alle tende. La regina cilicia rimase colpita dallo splendore e dall'organizzazione dell'esercito. Ciro invece, in
cuor suo, provò gioia nel vedere il terrore che i Greci avevano suscitato nei barbari.
19
Poi, in tre tappe, avanza per venti parasanghe fino a Iconio, l'ultima città della Frigia. Vi si fermò tre giorni.Da qui muove attraverso la Licaonia, percorrendo in cinque tappe trenta parasanghe. Concesse ai Greci di
saccheggiare la regione, perché nemica.
20
Poi Ciro rimanda in Cilicia la regina per la via più breve. Insieme a lei inviò Menone e i suoi soldati. Con ilresto dell'esercito attraversa la Cappadocia- quattro tappe per venticinque parasanghe - giungendo a Dana, città
popolosa, grande e prospera. Vi si trattenne tre giorni, durante i quali mise a morte il persiano Megaferne, dignitario di
corte, nonché un altro funzionario, con l'accusa di complotto ai suoi danni.
21
Da qui cercò di passare in Cilicia. L'accesso era consentito da una strada carrabile sì, ma fortemente insalita, che rendeva impossibile il transito a un esercito, se qualcuno lo ostacolava. Si diceva anche che Siennesi fosse
sulle alture e stesse sorvegliando il passaggio. Perciò Ciro rimase un giorno nella pianura. L'indomani giunse un
messaggero a comunicare che Siennesi aveva abbandonato le alture, non appena era venuto al corrente che l'esercito di
Menone stava ormai al di là dei monti, in Cilicia, e gli era giunta voce che Tamo, veleggiando dalla Ioniaverso la
Cilicia, era in arrivo con triremi di Sparta e di Ciro stesso.
22 Ciro allora salì sui monti senza trovar nessun ostacolo evide le tende dove i Cilici avevano montato la guardia. Poi scese in una pianura grande e bella, ricca di acque, folta di
alberi di ogni specie e di viti: produce in abbondanza sesamo, miglio, panìco, frumento e orzo. Monti inespugnabili e
altissimi la circondano su tutti i lati, da mare a mare.
23 Disceso dunque in questa pianura, percorse in quattro tappeventicinque parasanghe fino a Tarso, grande e prospera città della Cilicia, dove sorgeva la reggia di Siennesi, [re dei
Cilici]. Nel cuore della città scorre un fiume di nome Cidno, largo due pletri.
24 Gli abitanti, tutti tranne i bottegai,.4evacuarono la città con Siennesi, per rifugiarsi in una zona fortificata, sui monti; rimasero anche gli abitanti della zona
costiera, a Soli e a Isso.
25
Epiassa, moglie di Siennesi, arrivò a Tarso cinque giorni prima di Ciro. Mentre valicavano i monti perridiscendere in pianura, trovarono la morte due reparti del contingente di Menone. Alcuni dicevano che, mentre stavano
saccheggiando, erano stati massacrati dai Cilici; altri invece sostenevano che, lasciati indietro e non avendo saputo
trovare il resto dell'esercito né la strada, dopo aver a lungo vagato, erano morti. Si trattava di cento opliti.
26 Gli altri,non appena giunsero, infuriati per la perdita dei compagni, si misero a saccheggiare la città [di Tarso] e la reggia che lì
sorgeva. Ciro, quando entrò in città, convocò Siennesi. Costui per prima cosa gli mandò a dire che in passato non era
mai caduto nelle mani di un uomo più forte di lui; e non volle andare da Ciro, prima che la moglie lo convincesse e che
gli venissero fornite garanzie.
27 In séguito, quando i due s'incontrarono, Siennesi diede a Ciro molto denaro per il suoesercito; Ciro, dal canto suo, contraccambiò con doni che giudicava degni di un re: un cavallo con un morso d'oro, una
collana d'oro, braccialetti, una scimitarra d'oro e una veste persiana; inoltre, promise di non saccheggiare più le sue terre
e gli concesse di riprendersi gli schiavi catturati, se per caso fossero incappati nei suoi.
3
1
Qui Ciro e l'esercito restarono venti giorni. I soldati infatti dicevano di non voler proseguire: sospettavanoormai di andare contro il re e non erano stati reclutati, sostenevano, per un'impresa del genere. Per primo Clearco cercò
di costringere con la forza i suoi soldati a muoversi. Ma lui e i suoi animali da soma vennero bersagliati di pietre, non
appena si misero in marcia.
2 Nella circostanza poco ci mancò che Clearco finisse lapidato; in séguito, quando capì chela forza non serviva, convocò l'assemblea delle proprie truppe. Prima versò molte lacrime, rimanendo a lungo immobile.
I soldati, a tale vista, restarono attoniti e in silenzio.
3 Quindi parlò così:«Miei soldati, non meravigliatevi se soffro per come stanno le cose. A Ciro sono legato da vincoli di ospitalità,
e quando ero in esilio, mi ha accolto con molti onori e donato diecimila darici. Li ho presi, ma non li ho messi da parte
per il mio interesse personale o per dilapidarli: li ho spesi per voi.
4 Prima ho mosso guerra ai Traci, e per il bene dellaGrecia li ho puniti, grazie al vostro aiuto, scacciandoli dal Chersoneso, mentre cercavano di sottrarre quel territorio ai
Greci che lo abitavano. E nel momento in cui Ciro mi ha chiamato, mi sono messo in cammino alla vostra testa per
dargli una mano, se ne avesse avuto bisogno, in nome dei benefici da lui ricevuti.
5 Ora, voi non intendete seguirmi e iomi trovo a un bivio: o mantenere l'amicizia di Ciro tradendo voi oppure rimanere con voi mancando di fede a lui. Se
prenderò la decisione giusta, non lo so; in ogni caso sceglierò voi e rimarrò con voi, sia quel che sia. Nessuno mai dirà
che ho guidato dei Greci contro i barbari, ma poi ho tradito i Greci preferendo l'amicizia dei barbari.
6 Ma siccome nonmi volete dar retta, sarò io a seguirvi, sia quel che sia. Voi per me siete la patria, gli amici, i compagni, ne sono
convinto; con voi, penso, sarò sempre rispettato dappertutto; senza di voi invece non credo che sarei capace neppure di
soccorrere un amico né di difendermi da un nemico. Dunque, siatene certi, vi seguirò dovunque andiate».
7
Tali furono le sue parole. I soldati suoi e degli altri comandanti, quando udirono che non intendeva marciarecontro il re, lo applaudirono. Più di duemila uomini di Sennia e di Pasione presero le armi e i bagagli e si accamparono
vicino a Clearco.
8 Ciro, non sapendo che fare e addolorato per la situazione, mandò a chiamare Clearco. Quest'ultimorifiutò l'invito, ma all'insaputa degli altri comandanti inviò a Ciro un messo e gli disse di star tranquillo: le cose
sarebbero andate per il meglio. Lo pregava inoltre di mandarlo a chiamare ancora, ma lo avvisava che non si sarebbe
mosso.
9
Dopo di che, convocò i propri soldati e gli altri che si erano a lui uniti e chiunque volesse intervenire. Ecco lesue parole: «Miei uomini, Ciro adesso, è chiaro, si regola con noi come noi con lui. Non siamo più alle sue dipendenze,
non lo seguiamo più, e allora lui non ci corrisponde più il soldo.
10 Pensa di aver subito da parte vostra un grave torto,ne sono sicuro. Perciò, sebbene mi mandi a chiamare, non me la sento di rispondere al suo invito, primo - ed è il motivo
più importante - perché mi vergogno, consapevole come sono di aver tradito tutte le sue aspettative; poi anche perché
temo che mi arresti e mi faccia pagare le colpe di cui mi ritiene responsabile.
11 Dunque, non mi sembra proprio ilmomento di dormire né di lasciarci andare, ma di decidere che fare sulla base delle decisioni assunte. Finché rimaniamo
qui, dobbiamo pensare, mi sembra, a come restarci in tutta sicurezza; se invece si decide di andare via sùbito, occorre
pensare a come andarcene con altrettanta sicurezza e a come procurarci i viveri necessari. Senza di questi infatti né un
comandante né un soldato semplice è buono a nulla.
12 Ciro poi è un uomo straordinario, se gli sei amico; ma diventaun nemico implacabile, se gli sei ostile. La forza di cui dispone, fanteria, cavalleria e flotta, l'abbiamo tutti sotto gli
occhi e la conosciamo: non è accampato, crediamo, lontano da qui. Insomma, se qualcuno ha un'idea buona, è il
momento di dirla». Così terminò il suo discorso.
13
Allora alcuni si alzarono spontaneamente, per formulare il proprio parere; altri invece, imbeccati daClearco, mostravano a quali difficoltà sarebbero andati incontro senza il consenso di Ciro, tanto rimanendo quanto
andandosene.
14 Uno, con l'aria di chi ha una gran fretta di partire per la Grecia, disse di scegliere sùbito altricomandanti, se Clearco non era disposto a condurli via. I viveri, continuava, bisognava comprarli - c'era un mercato
nell'armata barbara - poi preparare i bagagli e recarsi da Ciro a chiedere delle imbarcazioni, per salpare. E se non le
concedeva, gli si doveva chiedere una guida, che li scortasse attraverso il territorio in amicizia. E se non ottenevano
neppure una guida, dovevano schierarsi a battaglia al più presto, inviare un contingente a occupare le alture, per non.5
lasciarsi precedere in tale operazione né da Ciro né dai Cilici, ai quali furono strappati molta gente e molto bottino.
Costui parlò così.
Dopo di lui Clearco soggiunse:
15 «Che non mi si venga a chiedere di assumere il comando della spedizione.Vedo molti motivi per non farlo. A chi sceglierete come capo, obbedirò in modo assoluto: anch'io, sappiatelo, so
obbedire come nessuno al mondo».
16 Dopo di lui si alzò un altro: faceva notare l'ingenuità di chi suggeriva dichiedere a Ciro le imbarcazioni, come se Ciro potesse essere disposto a fare la spedizione un'altra volta, indicando
anche quanto fosse ingenuo «chiedere una guida proprio all'uomo a cui roviniamo l'impresa. E se abbiamo fiducia nella
guida fornitaci da Ciro, che cosa ci impedisce di invitare Ciro a prendere per noi il controllo delle alture?
17 Io avreiqualche esitazione a imbarcarmi sulle navi che potrebbe fornirci; non vorrei che ci colasse a picco con le sue triremi.
Avrei anche paura a seguire la guida da lui assegnata, perché potrebbe condurci in un luogo inestricabile. Se proprio
dovessi andarmene contro il volere di Ciro, preferirei partire all'insaputa sua, il che non è possibile.
18 Anzi, affermoche sono tutte chiacchiere. Mi sembra il caso di mandare da Ciro, con Clearco, alcuni uomini, gente esperta e fidata, per
domandargli come intenda impiegarci. E se l'impresa fosse simile a quella per cui, in passato, ha già impiegato
mercenari, seguiamolo anche noi e cerchiamo di non esser da meno delle truppe che prima lo hanno accompagnato
verso l'interno.
19 Se al contrario l'impresa dovesse sembrare di maggior entità rispetto alla precedente, più faticosa erischiosa, si accontenti o di convincerci e di guidarci oppure di lasciarsi convincere e di congedarci amichevolmente.
Così, se andassimo con lui, lo seguiremmo senza risentimento e con ardore; se invece decidessimo di allontanarci,
potremmo farlo in completa sicurezza. Ci comunichi qui la sua risposta. Quando l'avremo udita, decideremo di
conseguenza».
20
Il parere fu approvato. Inviano con Clearco gli uomini prescelti, che presentarono a Ciro le richiesteapprovate dall'esercito. Ciro rispose che gli era giunta voce che Abrocoma, un suo nemico, era sulle rive dell'Eufrate, a
dodici tappe di distanza. Voleva marciare contro di lui, disse. E se era là, bisognava fargliela pagare. «Se invece riesce a
fuggire», disse, «una volta là decideremo sul da farsi».
21 Ascoltata la risposta, i soldati prescelti per la missione dannol'annuncio alla truppa: a tutti rimase il sospetto che li guidasse contro il re, comunque decisero di seguirlo. Chiedono
però un aumento della paga. Ciro promette che l'avrebbe aumentata a tutti della metà: anziché un darico, un darico e
mezzo al mese, a testa. Ma neppure in quell'occasione nessuno lo sentì dire, almeno apertamente, che li avrebbe guidati
contro il re.
4
1
Da qui, in due tappe, avanza di dieci parasanghe fino al fiume Psaro, largo tre pletri.Poi avanza di cinque parasanghe in una sola tappa fino al fiume Piramo, largo uno stadio.
Quindi, in altre due tappe, avanza di quindici parasanghe fino a Isso, l'ultima città della Cilicia, sul mare,
popolosa grande e ricca.
2 Vi rimasero tre giorni. Ciro viene raggiunto dalle trentacinque navi provenienti dalPeloponneso: navarco era Pitagora lo spartano. Ma da Efeso aveva preso la guida Tamo l'egizio, comandante anche di
altre venticinque navi di Ciro: era la flotta con cui aveva stretto d'assedio Mileto- quando la città era alleata di
Tissaferne - in appoggio a Ciro contro Tissaferne stesso.
3 Sulle navi era imbarcato anche Chirisofo lo spartano, venutosu espressa richiesta di Ciro: aveva ai suoi ordini settecento opliti, di cui mantenne il comando sotto Ciro. Le navi erano
ormeggiate presso la tenda di Ciro. Qui anche i mercenari greci al séguito di Abrocoma, quattrocento opliti che avevano
disertato, passarono dalla parte di Ciro e si unirono alla spedizione contro il re.
4
Poi, in una tappa, avanza di cinque parasanghe fino alle Porte della Cilicia e della Siria. Si trattava di duemuraglie: l'una, interna, di fronte alla Cilicia, era tenuta da Siennesi e da una guarnigione di Cilici; l'altra, esterna,
antistante la Siria, era sorvegliata, dicevano, da un corpo di guardia del re. Nel mezzo scorreva un fiume di nome Carso,
largo un pletro. Tutto quanto lo spazio compreso tra le due muraglie era di tre stadi. Non vi si poteva passare con la
forza. La via d'accesso infatti era stretta e le muraglie scendevano fino al mare, sovrastate da rocce scoscese. Le Porte
dunque erano a ridosso delle due muraglie.
5 A causa di questo passaggio Ciro aveva mandato a chiamare le navi:avrebbe operato uno sbarco di opliti all'interno e all'esterno delle Porte e si sarebbe fatto largo tra i nemici, forzando le
loro difese, se avessero presidiato le Porte della Siria, come doveva fare Abrocoma - così almeno pensava Ciro - con un
esercito a disposizione tanto numeroso. Abrocoma invece si comportò in tutt'altro modo. Quando seppe che Ciro era in
Cilicia, si ritirò dalla Fenicia e si diresse verso il re, alla guida - correva voce - di trecentomila fanti.
6
Quindi Ciro avanza attraverso la Siria per cinque parasanghe in una sola tappa fino a Miriando, città sulmare, abitata dai Fenici. Era un emporio, dove stavano all'àncora molte navi da carico.
7 Vi rimasero sette giorni.Sennia l'arcade e Pasione il megarese si imbarcarono su una nave con gli oggetti di maggior valore e poi salparono. I
più pensavano che Sennia e Pasione fossero stati punti nell'orgoglio: i loro soldati erano passati a Clearco perché
volevano ritornare in Grecia e non intendevano marciare contro il re, e Ciro non aveva mosso un dito per impedirlo.
Quando Sennia e Pasione non furono più in vista, circolò voce che Ciro avesse mandato delle triremi al loro
inseguimento: c'era chi pregava che li prendessero quegli infami, mentre altri provavano compassione, se fossero caduti
nelle mani di Ciro.
8
Ciro convocò gli strateghi e disse: «Sennia e Pasione ci hanno abbandonato. Ma, è chiaro, non l'hannoscampata. So dove sono diretti, non sono ancora al sicuro. Non mi mancano certo triremi per raggiungerli. Ma, per gli
dèi, non sarò io a dar loro la caccia e nessuno dirà che finché uno resta con me mi servo di lui, mentre quando se ne.6
vuole andare lo catturo, gli faccio del male, lo spoglio dei beni. Vadano pure, ma sappiano che loro si sono macchiati
nei nostri confronti più di quanto noi nei loro. Eppure ho in mano mia i loro figli e le loro mogli, sotto custodia a Tralle.
Non li priverò dei loro cari, anzi li riavranno con sé in ragione del valore che hanno dimostrato in passato al mio
fianco».
9 Tali furono le sue parole. Quanto ai Greci, se prima c'erano degli indecisi a proposito della marcia versol'interno, non appena appresero della magnanimità di Ciro, si unirono alla spedizione con maggior gioia ed entusiasmo.
Dopo di che, Ciro avanza di venti parasanghe in quattro tappe fino al Calo, un fiume largo un pletro, pieno di
pesci grandi e innocui: i Siri li consideravano divini e non permettevano che venisse fatto loro del male[come per le
colombe]. I villaggi nei quali si attendarono, appartenevano a Parisatide: le erano stati concessi per la cintura.
10
Quindi, in cinque tappe, avanza per trenta parasanghe fino alle sorgenti del fiume Dardas, largo un pletro.Là sorgeva la reggia di Belesi, il governatore della Siria: intorno, un parco immenso e splendido, con piante che danno
frutti in tutte le stagioni. Ciro lo abbatté e diede fuoco alla reggia.
11
Quindi tre tappe per quindici parasanghe fino all'Eufrate, un fiume largo quattro stadi. E lì sorgeva una cittàgrande e prospera, di nome Tapsaco. Vi si trattenne cinque giorni. Ciro, dopo aver mandato a chiamare gli strateghi
greci, disse che l'obiettivo era il gran re a Babilonia. Li invita a riferirlo ai soldati e a convincerli a seguirlo.
12 Riunital'assemblea, gli strateghi danno la notizia. Le truppe però se la presero con gli strateghi: li accusavano di saper già tutto
fin dall'inizio, ma di averlo tenuto nascosto. Si rifiutavano di proseguire, a meno di percepire altro denaro, come era
accaduto nella precedente spedizione con Ciro [per raggiungere il padre]: e poi quelli non si erano mica mossi per
combattere, perché Ciro era stato convocato dal padre.
13 I comandanti riferirono la risposta dell'esercito a Ciro, chepromise cinque mine d'argento a testa, una volta giunti a Babilonia, e per i Greci la paga interafino al loro ritorno in
Ionia. Il grosso dell'esercito greco si lasciò così persuadere.
Menone, prima che fossero note le decisioni degli altri soldati, e cioè se avrebbero seguito Ciro o no, raccolse
in disparte le proprie truppe e disse:
14 «Miei uomini, se date retta a me, vi guadagnerete la stima di Ciro più degli altrisoldati, senza pericoli o fatiche. Che cosa vi spingo a fare? Ora Ciro ha bisogno che i Greci lo seguano nella sua
spedizione contro il re. Perciò vi dico che voi dovete varcare l'Eufrate prima che tutti conoscano la risposta degli altri
Greci a Ciro.
15 Se infatti voteranno di unirsi a lui, si avrà l'impressione che il merito sia vostro, perché avrete dato ilvia al passaggio del fiume. Ciro vi sarà grato perché vi sarete dimostrati i soldati più zelanti nei suoi confronti e vi
ricompenserà. E sa farlo come nessun altro. Se invece voteranno contro, ce ne torneremo tutti indietro, ma Ciro si
avvarrà di voi [i più fedeli] per i presìdi e per i compiti di comando perché, unici, avrete rispettato i suoi ordini, e di
qualunque cosa abbiate bisogno io so che come amici l'otterrete da Ciro».
16 Udite le sue parole, obbedirono evarcarono il fiume prima che gli altri decidessero. Ciro, quando seppe del loro passaggio, si allietò e mandò Glua dire
all'esercito: «Per ora, o uomini, avete il mio elogio: ma sarà mia premura che anch'io possa ricevere il vostro; se no, che
io non mi chiami più Ciro».
17 I soldati dunque nutrivano grandi speranze e pregavano che la sua impresa andasse abuon fine. E a Menone, si diceva, Ciro aveva inviato doni di straordinario valore.
Dopo attraversò il fiume. Al suo séguito era anche il resto dell'esercito, compatto. Durante il passaggio nessuno
si bagnò al di sopra del petto.
18 Gli abitanti di Tapsaco dissero che questo fiume non lo si era mai potuto attraversare apiedi - se non nella circostanza attuale - bensì per mezzo di imbarcazioni, ma Abrocoma, prevenendo Ciro, le aveva
incendiate per impedire il passaggio. Lo si ritenne un segno divino: il fiume si era piegato dinnanzi a Ciro, come
dinnanzi a chi è destinato al trono.
19
Da qui si spinge in avanti attraverso la Siria, nove tappe per cinquanta parasanghe: giunge al fiume Arasse.Qui sorgevano molti villaggi pieni di grano e vino. Vi rimasero tre giorni e si rifornirono di viveri.
5
1
Da qui si spinge attraverso l'Arabia, tenendo l'Eufrate sulla destra: nel deserto, cinque tappe per trentacinqueparasanghe. In questa zona la terra era tutta indistintamente pianeggiante, uniforme come il mare, piena di assenzio. E
se anche vi nasceva vegetazione di altro genere, arbusti o canne che fossero, erano tutti profumati, come piante
aromatiche. Alberi invece non ce n'erano.
2 Vi si trovavano animali d'ogni genere: moltissimi gli onagri e molti struzzi.C'erano anche otarde e gazzelle. I cavalieri, di tanto in tanto, davano loro la caccia. Gli onagri, se qualcuno li inseguiva,
prendevano il largo e poi si fermavano: correvano infatti molto più rapidi dei cavalli. E poi di nuovo, quando i cavalli si
avvicinavano, ripetevano la stessa cosa, e non c'era verso di catturarli, a meno che i cavalieri non si fossero divisi in
gruppi e li avessero braccati a turno. La carne degli onagri catturati era simile a quella dei cervi, ma più delicata.
3Nessuno riuscì a prendere uno struzzo. Chi tra i cavalieri cercò di dargli la caccia, desistette ben presto. In fuga infatti lo
struzzo guadagnava un ampio margine di vantaggio, sia correndo con le zampe sia sollevandosi sulle ali, di cui si
serviva come di una vela. Le otarde invece, se le si costringeva a levarsi in volo colte di sorpresa, si potevano catturare:
volano per breve tratto, come le pernici, e sùbito perdono lo slancio. La loro carne era squisita.
4
Percorrendo questa regione, giunsero al fiume Masca, di un pletro. Qui sorgeva una città abbandonata,grande, di nome Corsote. Tutt'attorno era circondata dal Masca. Vi rimasero tre giorni e si rifornirono di viveri.
5
Poi, in tredici tappe, avanza nel deserto per novanta parasanghe, tenendo sulla destra l'Eufrate: giunge aPorte. Nel corso di queste tappe molte bestie da soma morirono di fame: non c'erano né erba né alberi, la regione era
completamente spoglia. Gli abitanti del luogo scavavano la roccia lungo il corso del fiume ed estraevano pietre per far
macine, che poi lavorate portavano a Babilonia e vendevano; in cambio compravano grano e così riuscivano a vivere.
6.7All'esercito vennero a mancare i viveri, ma non c'era la possibilità di acquistarne, se non al mercato dei Liditra le truppe
barbare di Ciro, al prezzo di quattro sigli per un capite di farina, fosse di frumento o d'orzo. Un siglo ha il valore di sette
oboli attici e mezzo. Il capite invece misura due chenici attici. Dunque i soldati tiravano avanti mangiando carne.
7Ogni volta che voleva raggiungere o una sorgente d'acqua o del foraggio, Ciro avanzava con tappe molto lunghe.
Un giorno poi si imbatterono in un passaggio stretto e fangoso: difficile il transito dei carri. Ciro scese col suo
séguito di dignitari di alta nobiltà e rango, ordinò a Glu e a Pigrete di prelevare truppe barbare e di tirar fuori i carri.
8Ma poiché gli sembrava che i soldati se la prendessero comoda, come in preda a uno scatto d'ira impose ai Persiani del
suo séguito, i più potenti dignitari di corte, di unirsi per affrettare lo spostamento dei carri. Si ebbe una lezione, per così
dire, di disciplina. Gettavano a terra le loro vesti di porpora dove a ciascuno capitava di trovarsi, si slanciavano come se
ognuno corresse per la vittoria in una gara di corsa, giù per una collina, davvero a precipizio, con le loro tuniche
lussuose, i loro calzoni variopinti: alcuni avevano anche collane al collo e braccialetti ai polsi. Sùbito, pur così
agghindati, balzarono giù nella melma più rapidi di quanto si potesse pensare e sollevarono i carri, spingendoli.
9 Adirla in breve, era chiaro che Ciro affrettava sempre la marcia e non perdeva tempo in soste, se non per rifornirsi di
viveri o per qualche altra necessità inderogabile. Più rapido giungeva - pensava - più impreparato allo scontro avrebbe
trovato il re; più si attardava, più truppe avrebbe assoldato il re. A rifletterci, era possibile capire che la forza del re
consisteva nell'ampiezza del territorio e nel numero di uomini; la lunghezza delle strade e la dispersione delle forze
militari costituiva invece la sua debolezza, in caso di attacco fulmineo.
10
Durante una delle tappe percorse nel deserto, sulla sponda opposta dell'Eufrate, videro una città prospera egrande, di nome Carmanda. Lì i soldati comprarono le cose necessarie, varcando il fiume con imbarcazioni fabbricate
così: riempirono di erba secca i teli di pelle usati come riparo, quindi li unirono e li cucirono insieme, in modo che
l'acqua non raggiungesse la paglia. Su imbarcazioni di tal sorta attraversarono il fiume e si rifornirono di quanto era
necessario: vino prodotto coi frutti di dattero, nonché farina di miglio, molto abbondante nella regione.
11
Qui un soldato di Menone e uno di Clearco vennero a lite. Clearco diede la colpa al soldato di Menone e lofece frustare. Costui, rientrato tra i suoi, raccontò l'accaduto. I soldati, non appena udirono il suo racconto, montarono
su tutte le furie e s'incollerirono aspramente con Clearco.
12 Quel giorno stesso Clearco giunse al guado del fiume eispezionò il mercato che là si teneva; mentre cavalcava verso la sua tenda, passò attraverso il campo del reparto di
Menone, seguito da pochi dei suoi. Ciro non era ancora arrivato, si trovava ancora in cammino. Uno dei soldati di
Menone, che stava spaccando legna, come vede passare Clearco, gli vibra un colpo d'ascia: lo manca. Un altro, allora,
scaglia contro di lui una pietra, imitato da un altro ancora e poi da molti, tra lo schiamazzo generale.
13 Clearco riparatra i suoi e sùbito chiama alle armi. Ai suoi opliti ordinò di rimanere sul posto, gli scudi davanti alle ginocchia; lui prese
con sé i Traci e i cavalieri - che nel suo reparto erano più di quaranta, per la maggioranza traci - e attaccò gli uomini di
Menone. Il suo arrivo lasciò esterrefatto Menone stesso e i suoi e li costrinse a correre alle armi. Ci furono anche alcuni
però che rimasero fermi, non sapendo che fare in quella situazione.
14 Prosseno, che chiudeva la colonna e guidava unaschiera di opliti, sùbito dispose i suoi uomini tra i due schieramenti, fece deporre le armi e cominciò a scongiurare
Clearco di desistere. Ma Clearco era inferocito: per poco non l'avevano massacrato a pietrate e Prosseno, tranquillo e
beato, gli veniva a parlare della disgrazia capitata a lui? Che si levasse di mezzo.
15 In quel mentre, giunse anche Ciroche fu messo al corrente dei fatti: sùbito impugnò un mazzo di giavellotti e, con chi era presente tra i suoi fidi, si gettò
nel mezzo e disse:
16 «Clearco e Prosseno e voi altri Greci presenti, avete perso la testa? Accendete la scintilla di unabattaglia tra di voi e fate pure conto che, questo giorno stesso, anch'io sarò fatto a pezzi e voi, non molto dopo di me. Se
le cose per noi si mettono male, tutti questi barbari qui, che vedete, saranno per noi un nemico ben più pericoloso dei
soldati del re».
17 Alle parole di Ciro, Clearco tornò in sé. Cessate le ostilità, entrambe le parti riposero le armi.6
1
Da qui proseguirono: erano visibili orme di cavalli e sterco. Dalle tracce si poteva dedurre che si trattava dicirca duemila cavalieri. Costoro, in avanscoperta, davano fuoco sia al foraggio sia a quant'altro fosse utile. Oronta,
persiano e parente del re, che aveva fama di essere tra i migliori in Persia nell'arte militare, tende a Ciro una trappola:
anche in passato gli aveva mosso guerra, ma poi si erano riconciliati.
2 Disse a Ciro che, se gli dava mille cavalieri,senz'altro avrebbe massacrato in un'imboscata gli squadroni nemici di guastatori oppure ne avrebbe preso vivi parecchi,
stroncando scorrerie e incendi; insomma, non avrebbero mai più riferito al re di aver visto l'esercito di Ciro. Ascoltata la
proposta, Ciro giudicò che un'azione del genere potesse tornargli utile e lo invitò a prendere un certo numero di soldati
da ciascuno dei comandanti.
3 Oronta, convinto di poter disporre di questi cavalieri, scrive una lettera al re: sarebbearrivato con il maggior numero di cavalieri, ma lo pregava di comunicare alla sua cavalleria di accoglierlo come amico.
Nella lettera era contenuta una menzione della sua passata amicizia e fedeltà. Consegna la lettera a un uomo fidato - o
almeno lo riteneva tale - che invece la prende e la dà a Ciro.
4 Dopo averla letta, Ciro fa arrestare Oronta e convocanella propria tenda i settePersiani più autorevoli del suo séguito e ordina agli strateghi greci di condurre gli opliti, che
però dovevano deporre le armi attorno alla tenda. Gli strateghi eseguirono l'ordine e condussero circa tremila opliti.
5
Chiamò dentro come consigliere anche Clearco, che lui e gli altri consideravano il comandante di maggiorprestigio tra i Greci. Quando ritornò fra i suoi, Clearco raccontò del processo a Oronta, come si svolse: non era cosa
segreta..8
6
Ciro - disse - aveva dato inizio così al suo discorso: «Vi ho convocati, amici, perché, deliberando con voi sucosa sia conforme alla giustizia divina e umana, questo faccia nei confronti di Oronta. In un primo tempo, mio padre lo
pose alle mie dipendenze. In séguito, su ordine - come lui dice - di mio fratello, mosse guerra contro di me, mantenendo
il controllo dell'acropoli di Sardi. E io, rispondendo alla guerra con la guerra, lo riportai alla ragione e lo feci desistere
dal combattere contro di me, strinsi la sua destra e lui la mia. Da allora, Oronta», gli chiese, «ti ho fatto qualche torto?».
Rispose di no.
7 Ciro gli domandò ancora: «Più tardi, benché non mi fossi macchiato di colpe nei tuoi confronti, nonsei forse passato coi Misi e hai devastato il mio territorio con ogni mezzo a tua disposizione?». Oronta confermò. «Non
è forse vero», riprese Ciro, «che, quando per la seconda volta hai compreso realmente la tua forza, ti sei recato all'altare
di Artemidee hai ammesso il tuo pentimento e, dopo avermi convinto, mi hai di nuovo dato il segno della tua fedeltà e
da me lo hai ricevuto?». Oronta annuì ancora.
8 «Quale torto dunque», proseguì Ciro, «hai subito da parte mia pertradirmi, è chiaro, per la terza volta?». Oronta rispose che non aveva subito alcun torto, per cui Ciro gli domandò:
«Ammetti che ti sei macchiato nei miei confronti?». «Non posso fare altrimenti», disse Oronta. E Ciro: «Potresti
diventare ancora nemico di mio fratello e mio fedele alleato?». E l'altro rispose: «Neppure se davvero lo diventassi,
Ciro, tu lo crederesti più, ormai».
9 Quindi Ciro si rivolse ai presenti: «Tali sono le sue azioni, tali le sue parole: tra voia te per primo, Clearco, spetta di esporre il tuo pensiero.» E Clearco parlò così: «Sono dell'avviso che è meglio toglierlo
di mezzo quanto prima, così non dovremo guardarci le spalle da lui, anzi, invece di pensare a lui potremo far del bene a
chi ci è veramente amico».
10 Al suo parere - disse Clearco - aderirono anche gli altri.Dopo di che - continuò - su ordine di Ciro, si alzarono in piedi e toccarono la cintura di Oronta in segno di
morte, anche i suoi parenti. Poi lo condussero via gli incaricati. Come lo videro, chi in passato si inginocchiava al suo
passaggio anche allora si inginocchiò, pur sapendo che lo portavano alla morte.
11 Una volta condotto dentro la tendadi Artapate, il più fidato tra gli sceptuchi di Ciro, nessuno vide Oronta, né vivo né morto, mai più, e nessuno poté dire
con cognizione di causa come fosse morto. Chi congetturava in un senso, chi in un altro: la sua tomba però non la
rinvenne mai nessuno.
7
1
Da qui si spinge in avanti attraverso la regione di Babilonia, tre tappe per dodici parasanghe. Nel corso dellaterza tappa, verso mezzanotte, Ciro passa in rivista le truppe greche e barbare nella pianura. Credeva infatti che alle
prime luci del giorno il re si sarebbe presentato con l'esercito per dar battaglia. Ordinò a Clearco di guidare l'ala destra,
a Menone il tessalo l'ala sinistra e dispose lui stesso i propri soldati.
2 Dopo la rassegna, sul far del giorno, giunseroalcuni disertori provenienti dall'esercito del gran re e riferirono a Ciro sulla situazione delle truppe del re.
Ciro allora convocò gli strateghi e i locaghi greci, predispose insieme a loro il piano di battaglia e li esortò ad
aver coraggio con queste parole:
3 «Greci, mi sono messo alla vostra testa non certo perché mi fanno difetto i soldatibarbari, ma perché vi ritengo migliori e più valorosi di molti di loro. Ecco il motivo per cui vi ho uniti alla mia
spedizione. Siate dunque degni della libertà che avete conquistato e per la quale vi giudico felici. Ben sapete infatti che
preferirei la libertà a tutti i beni che ho e anche ad altri più grandi.
4 Perché vi rendiate conto del tipo di combattimentoal quale andrete incontro, io ve lo illustrerò, dato che lo conosco. Hanno un'infinità di soldati, attaccano con urla
tremende. Se riuscirete a resistere alla loro vista e alle strida, credo che proverò vergogna, quando capirete quali uomini
vivono nelle mie terre. Se sarete valorosi e il successo mi arriderà, chi di voi vorrà tornare in patria lo renderò
invidiabile agli occhi dei suoi concittadini; ma, ne sono convinto, spingerò molti a preferire i miei vantaggi alle gioie di
casa».
5
Era lì presente Gaulite, un esule samio, fedele a Ciro. Così parlò: «Eppure, Ciro, alcuni dicono che tu faimolte promesse, adesso, perché lo richiedono le circostanze, alla vigilia del momento decisivo. Ma in caso di successo
non te ne ricorderesti più, dicono. E certi altri aggiungono che neppure se te ne ricordassi e se lo volessi, saresti in grado
di mantenere le promesse».
6 Allora Ciro rispose così: «Il regno dei miei padri, o uomini, si estende fino ai confini delmondo, dove le terre non sono più abitabili, a mezzogiorno per la calura, a settentrione per il gelo. Le regioni ivi
comprese, tutte, le governano i satrapi fedeli a mio fratello.
7 Se vinceremo, spetterà a noi rendere i nostri amici signoridi queste terre. Non mi preoccupo certo che mi manchino i mezzi per colmar di doni ciascuno degli amici, in caso di
vittoria; se mai, temo di non avere amici a sufficienza, ai quali poter dare. A voi Greci regalerò anche una corona d'oro,
a testa».
8 Chi udì le sue parole, si riempì di fervore e le riferì agli altri.Si presentarono a lui gli strateghi e alcuni tra gli altri Greci: volevano sapere qual era la loro parte, in caso di
vittoria. Ciro, dopo aver saziato le attese di tutti, li congedò.
9 Chiunque aveva a che fare con Ciro, lo esortava a nonprendere parte allo scontro, ma a schierarsi nelle retrovie. Nella circostanza Clearco gli rivolse una domanda del genere:
«Credi, o Ciro, che tuo fratello scenderà in campo?». «Sì per dio», ribatté Ciro, «se davvero è figlio di Dario e
Parisatide e mio fratello; non senza combattere prenderò possesso delle sue terre».
10
Poi, mentre i soldati si armavano, li si contò: diecimilaquattrocento gli opliti, duemilacinquecento ipeltasti,mentre i barbari al séguito di Ciro erano centomila, con circa venti carri falcati.
11 I nemici inveceammontavano, a quanto si diceva, a un milione e duecentomila, con duecento carri falcati. E c'erano altri seimila
cavalieri, guidati da Artagerse, guardia del corpo personale del re.
12 Dell'esercito regio, quattro erano i comandanti [estrateghi e capi], ciascuno alla testa di trecentomila uomini: Abrocoma, Tissaferne, Gobria, Arbace. Di tutte queste
truppe, novecentomila presero parte alla battaglia, con centocinquanta carri falcati: Abrocoma infatti, partito dalla.9
Fenicia, giunse con cinque giorni di ritardo rispetto allo scontro.
13 Tali notizie vennero fornite a Ciro dai disertori delgran re, che avevano abbandonato le file prima della battaglia. A scontro avvenuto, i nemici poi catturati ne diedero
conferma.
14
Da qui Ciro si spinge in avanti di tre parasanghe in una sola tappa, con tutto l'esercito, sia greco sia barbaro,schierato per il combattimento. Credeva che quel giorno il re avrebbe dato battaglia. A metà della tappa c'era infatti un
fossato, scavato artificialmente e profondo, larghezza cinque braccia, profondità tre.
15 Il fossato risaliva versol'interno attraverso la pianura per dodici parasanghe fino al muro della Media. [Qui si trovano i canali che provengono
dal fiume Tigri. Sono quattro, larghezza un pletro, molto profondi. Vi navigano imbarcazioni per il trasporto di cereali.
Sfociano nell'Eufrate, ciascuno alla distanza di una parasanga dall'altro, sovrastati da ponti.] C'era nei pressi dell'Eufrate
uno stretto passaggio - larghezza circa venti piedi - tra il fiume e il fossato.
16 Il gran re aveva fatto scavare il fossatocome opera difensiva non appena aveva saputo dell'avanzata di Ciro. Attraverso il passaggio sopra ricordato, Ciro e
l'esercito proseguono la marcia e si trovano al di là del fossato.
17 Quel giorno il re non diede battaglia, anzi erano benvisibili orme di cavalli e di uomini che si erano ritirati.
18 Allora Ciro convocò Silano, un indovino di Ambracia, e glidiede tremila darici: undici giorni prima, durante un sacrificio gli aveva predetto che il re non avrebbe combattuto per
dieci giorni e Ciro aveva ribattuto: «Non combatterà più, allora, se non darà battaglia in quest'arco di tempo. E se hai
detto la verità, ti prometto dieci talenti». A questo punto gli consegnò tale somma, perché i dieci giorni erano trascorsi.
19
Poiché all'altezza del fossato il re non aveva impedito il passaggio all'esercito di Ciro, Ciro stesso e gli altriebbero l'impressione che il re avesse rinunciato all'idea di combattere; tanto che il giorno successivo Ciro proseguì la
marcia allentando le misure di sicurezza.
20 Il terzo giorno viaggiò seduto sul carro e teneva pochi dei suoi schieratidinnanzi a lui; il grosso avanzava in ordine sparso e la maggior parte delle armi dei soldati erano trasportate sui carri o
dalle bestie da soma.
8
1
Era ormai l'ora in cui il mercato si riempieed era vicino il punto in cui s'intendeva far tappa, quand'ecco chePategia, persiano, uno dei fidi di Ciro, si precipita a briglia sciolta, col cavallo madido di sudore: a chiunque incontrava,
gridava in lingua barbara e in greco che il re con un grande esercito stava arrivando, preparato allo scontro.
2 Allora siverificò grande scompiglio: immediatamente i Greci e tutti i soldati pensarono che i nemici sarebbero piombati su di
loro prima che potessero formare i ranghi.
3 Ciro balzò giù dal carro e indossò la corazza, poi montò a cavallo eimpugnò i giavellotti; agli altri ordinò di armarsi e di disporsi ciascuno al proprio posto.
4 Quindi presero posizione congrande sollecitudine, Clearco a capo dell'ala destra, dalla parte dell'Eufrate, Prosseno al suo fianco, quindi gli altri,
mentre Menone prese il comando dell'ala sinistra dell'esercito greco.
5 I cavalieri paflagonidel contingente barbarico,circa mille, si schierarono al fianco di Clearco sulla destra, come pure i peltasti greci; sulla sinistra invece c'era Arieo,
luogotenente di Ciro, con il resto dell'esercito barbarico.
6 Ciro e i suoi cavalieri, su per giù seicento, si disposero alcentro, armati di corazza, cosciali, elmi, tutti tranne Ciro, che si preparava allo scontro a capo scoperto [. Anche gli altri
Persiani, così almeno si racconta, affrontano i rischi in battaglia a capo scoperto].
7 Tutti i cavalli [dell'esercito di Ciro]avevano frontali e pettorali. E i cavalieri avevano anche spade di foggia greca.
8
Era ormai mezzogiorno e i nemici non erano ancora in vista. Quando era pomeriggio, apparve in lontananzaun turbinio di polvere simile a una nube bianca che poi, a distanza di tempo, prese l'aspetto di un qualcosa di nero, nella
piana, per grande tratto. Man mano che si avvicinavano, il bronzo cominciò ben presto a scintillare e si potevano
distinguere armi e schiere.
9 C'erano cavalieri con bianche corazze sulla sinistra della linea nemica: li guidava, standoalle voci, Tissaferne. Al suo fianco stavano truppe armate di scudi di vimini e quindi opliti dotati di scudi di legno
lunghi fino ai piedi. Quest'ultimi erano Egizi, a quanto si diceva. E poi c'erano cavalieri e poi arcieri. Tutti marciavano
divisi per etnie, ciascun popolo formava un quadrato fitto di uomini.
10 Davanti a loro erano schierati i carri cosiddettifalcati a grande distanza gli uni dagli altri: le falci partivano dagli assi, erano disposte in senso orizzontale e rivolte
verso il terreno sotto i carri per stritolare quanto avessero incontrato. L'idea era di lanciarli contro le file dei Greci e di
farli a pezzi.
11 Le parole pronunciate da Ciro però, quando aveva convocato i Greci e li aveva esortati a resisteredinnanzi alle grida di battaglia dei barbari, si rivelarono false: non con urla infatti, ma in silenzio, nei limiti del
possibile, i nemici avanzavano calmi, a ranghi compatti e lentamente.
12
Nel frangente Ciro in persona, mentre passava accanto ai suoi insieme a Pigrete l'interprete e ad altri tre oquattro, gridò a Clearco di puntare con il suo esercito contro il cuore delle truppe nemiche, perché lì sarebbe stato il re:
«Se vinciamo al centro», disse, «per noi è fatta».
13 Clearco osservava il nerbo centrale dell'esercito nemico e sentivaCiro dire che il re era al di là dell'ala sinistra greca - il re infatti prevaleva per numero d'uomini al punto che, pur
tenendo il centro dei propri effettivi, rimaneva al di là della sinistra di Ciro. Comunque Clearco non volle staccare l'ala
destra dal fiume, per paura di un accerchiamento dai lati, perciò a Ciro rispose che ci pensava lui a preparare tutto per
bene.
14 Nel frattempo l'esercito barbarico avanzava in linea, mentre il contingente greco si teneva ancora nello stessopunto, ingrossato man mano dalle truppe che ancora sopraggiungevano.
E Ciro, passando davanti all'esercito a una certa distanza, scrutava entrambi i fronti, volgendo lo sguardo ora
verso i nemici ora verso i suoi.
15 Dal contingente greco lo vide Senofontel'ateniese, che gli si fece incontro e glichiese se avesse qualche ordine da comunicargli. Ciro si fermò e gli disse, invitandolo a riferirlo a tutti, che gli auspici
risultavano favorevoli, come pure le viscere delle vittime.
16 Quindi udì un brusio attraversare le file e chiese che cosa.10fosse quel vociare. Senofonte rispose che era la parola d'ordine, che passava per la seconda volta. Ciro, meravigliato,
domandò chi l'avesse impartita e quale fosse questa parola d'ordine. E Senofonte di rimando: «Zeus salvatore e
Vittoria».
17 Ciro ribatté: «Ben venga e così sia». Poi raggiunse la propria posizione.Non più di tre o quattro stadi separavano i due schieramenti, quando i Greci intonarono il peanae cominciarono
a muovere incontro ai nemici.
18 Mentre avanzavano, una parte della falange uscì di linea, per cui chi era rimastoindietro iniziò a correre. E tutti insieme lanciarono il grido che levano in onore di Enialio, mentre ormai tutti correvano.
Alcuni, si racconta, fecero rimbombare gli scudi, percuotendoli con le lance, per atterrire i cavalli.
19 Quando nonerano ancora a tiro d'arco, i barbari ripiegano e si volgono in fuga. Allora li inseguono con impeto i Greci, ma si gridano
l'un l'altro di non correre, di avanzare a ranghi compatti.
20 Alcuni carri poi finirono addirittura contro le file nemiche,altri raggiunsero i Greci, ma privi di auriga. E quando se li vedevano dinnanzi, si scansavano: ci fu solo uno che venne
investito, rimasto frastornato come se si trovasse di fronte a una gara di cavalli; neppure lui, comunque, dicono che
abbia riportato gravi conseguenze, né alcuno dei Greci in questo scontro subì alcun danno, se si eccettua un tale dell'ala
sinistra, colpito da una freccia.
21
Ciro, quando vide i Greci prevalere sul loro fronte e inseguire i nemici, gioì e tutti, ormai, si prostravano aisuoi piedi come re. Eppure non si lasciò indurre all'inseguimento, anzi, continuava a guidar compatta la schiera dei
seicento cavalieri ai suoi ordini e a tener d'occhio le mosse del re. Sapeva infatti che era al comando del centro
dell'esercito persiano.
22 Tutti i comandanti dei barbari stanno alla testa delle loro truppe tenendo il centro, perché sisentono più al sicuro, con la protezione dei loro su entrambi i fianchi; se poi c'è bisogno di diramare qualche ordine,
l'esercito lo può ricevere in metà tempo.
23 Allora dunque, pur guidando il centro del proprio esercito, il re si trovava aldi là dell'ala sinistra di Ciro. Poiché non c'era nessun avversario diretto né di fronte a lui né davanti alle truppe disposte
innanzi, piegò ad angolo per accerchiarli.
24
Allora Ciro, nel timore che il re comparisse alle sue spalle e facesse a pezzi il contingente greco, gli muoveincontro. Piombando con i suoi seicento, ha la meglio sulle guardie del corpo del re e ne mette in fuga seimila: c'è chi
dice che Ciro stesso, di sua mano, abbia ucciso Artagerse, il loro comandante.
25 Ma non appena si verificò la rottanemica, si disuniscono anche i seicento di Ciro, che si gettano all'inseguimento, tranne pochissimi che rimasero con lui,
più o meno i suoi cosiddetti compagni di tavola.
26 Mentre era con loro, scorge il re e gli uomini al suo séguito. Sùbitonon si trattenne più, ma disse: «Ecco il mio uomo»; si lancia contro di lui, lo colpisce al petto e lo ferisce trapassandogli
la corazza, come racconta Ctesia il medico, che afferma di aver curato di persona la ferita.
27
Ma proprio mentre lo colpiva, qualcuno gli vibra un colpo di giavellotto sotto l'occhio, con forza. Allora quiscoppiò un violento corpo a corpo tra il re e Ciro e i rispettivi uomini. Il numero di quanti caddero tra i sudditi del re, lo
riferisce Ctesia, che era con lui. Ciro stesso morì e dopo di lui gli otto più valorosi del suo séguito.
28 Raccontano cheArtapate, il più fidato tra i suoi sceptuchi, come vide Ciro a terra, balzò da cavallo e si gettò sul suo corpo.
29 Nonmanca chi sostiene che il re abbia dato l'ordine di trucidarlo sul corpo di Ciro; altri affermano che si sia tagliato di suo
pugno la gola, sguainata la scimitarra: ne aveva una d'oro e portava anche una collana, bracciali e altri monili, come
usano i nobili persiani. Ciro lo stimava per il suo affetto e la sua lealtà.
9
1
Così dunque morì Ciro: nessuno, tra i Persiani vissuti dopo Ciro il vecchio, fu più regale e degno delcomando, come concordemente ammettono le persone che lo hanno conosciuto di persona.
2 Prima di tutto, fin dabambino, quando veniva educato insieme al fratello e agli altri ragazzi, era considerato il migliore di tutti in tutto.
3Tutti i figli dei nobili persiani sono educati a palazzo, dove si può apprendere in alto grado la temperanza e non è
possibile ascoltare né vedere alcunché di turpe.
4 I bambini vedono e sentono chi gode dei favori del re oppure chi ècaduto in disgrazia. E sùbito, fin dall'infanzia, imparano a comandare e a obbedire.
5 Qui Ciro sembrava il ragazzo piùriservato, agli anziani prestava orecchio anche più dei compagni meno nobili di lui e poi era profondamente
appassionato di equitazione e cavalcava con abilità eccezionale. Anche nelle arti marziali, per esempio nel tiro con
l'arco e nel giavellotto, lo giudicavano il più desideroso d'imparare e il più assiduo nella pratica.
6 Raggiunta l'etàadatta, dimostrava una passione speciale per la cacciae durante le battute venatorie amava davvero il rischio. Un giorno
un'orsa gli si avventò contro, ma lui non indietreggiò: travolto e disarcionato, gravemente ferito, come testimoniavano
le sue cicatrici, alla fine riuscì a uccidere la fiera. E il primo che gli portò aiuto, Ciro lo rese invidiabile agli occhi di
molti.
7
Quando venne inviato dal padre come satrapo della Lidia, della Grande Frigia e della Cappadocia, nonchénominato comandante di tutte le truppe che dovevano riunirsi a Piana del Castolo, innanzi tutto dimostrò che una cosa
contava per lui più di tutto: rispettare la parola data, sia che avesse stipulato una tregua o un accordo o fatto promesse.
8
Perciò si sentivano tranquille le città che si rivolgevano a lui, tranquilli gli uomini. E se qualcuno era stato suonemico, una volta riconciliatosi con Ciro, era sicuro di non subire nessun torto in deroga ai patti.
9 Tant'è vero che, altempo della guerra con Tissaferne, tutte le città scelsero di propria iniziativa Ciro e non Tissaferne, ad eccezione dei
Milesi, che avevano paura di lui perché non intendeva abbandonare al loro destino gli esuli della città.
10 Amavaripetere - e i fatti lo dimostravano - che, una volta divenuti suoi amici, non avrebbe più abbandonato gli esuli di Mileto,
neppure se diminuivano ancora di numero e se peggiorava la loro situazione..11
11
E come la gente si comportava con lui, nel bene o nel male, Ciro cercava di ripagarla della stessa moneta econ gli interessi, lo si vedeva chiaramente. Alcuni ripetevano sovente una sua preghiera: chiedeva di vivere quanto
bastasse per contraccambiare, superandoli, chi gli aveva fatto del bene e del male.
12 A lui, come a nessuno ai nostritempi, moltissimi desiderarono affidare i beni e le città e la propria vita.
13 Non si potrebbe dire comunque chepermettesse a malfattori e disonesti di prendersi gioco di lui, anzi meno di chiunque altro si risparmiava le punizioni:
spesso era dato di vedere, lungo le strade più frequentate, gente priva dei piedi e delle mani e degli occhi. Perciò nel
paese retto da Ciro, tanto i Greci quanto i barbari, purché non si fossero macchiati di colpe, avevano piena libertà di
andare dovunque volessero, portando con sé il necessario.
14
Ai valorosi in guerra, è riconosciuto unanimemente, tributava un onore particolare. La sua prima guerra fucontro i Pisidi e i Misi. Mentre combatteva egli stesso in queste regioni, chi vedeva pronto al rischio lo nominava
reggente del paese che sottometteva e poi lo onorava anche con altri doni.
15 Così appariva chiaro: egli desiderava chei forti fossero i più felici e che i vili fossero schiavi dei primi. Ecco il motivo per cui non gli mancavano certo persone
disposte a rischiare, quando avessero pensato che Ciro li notasse.
16 Se gli sembrava che qualcuno volesse mettersi inluce secondo giustizia, Ciro faceva in modo che vivesse tra gli agi più di chi aspira al guadagno per vie disoneste.
17 Ea molte altre cose metteva mano seguendo la giustizia e si serviva di un vero esercito. Gli strateghi e i locaghi, che per
arricchirsi avevano fatto rotta verso di lui, capirono che servir bene Ciro era più vantaggioso che ricevere la paga
mensile.
18 Se qualcuno eseguiva con zelo i suoi ordini, Ciro non mancava mai di premiarne l'impegno. Ecco perché sidiceva che, per ogni compito, Ciro disponesse dei migliori collaboratori.
19
Vedeva un amministratore veramente capace, che, rispettando i princìpi dell'onestà, riordinava la regione dicui era a capo e comunque sapeva trarne proventi? Non lo rimuoveva mai dalla carica, ma gli concedeva poteri sempre
più ampi. Così faticavano volentieri e guadagnavano in tutta sicurezza e non avrebbero affatto nascosto a Ciro le proprie
entrate: si sapeva che non aveva invidia di chi si arricchiva alla luce del sole, anzi, piuttosto cercava di servirsi delle
ricchezze di chi le teneva nascoste.
20
Quanto agli amici poi, ogni volta che stringeva legami e riconosceva persone a lui fidate e capaci dicollaborare ai piani che voleva intraprendere, era bravissimo nell'arte di coltivarli, lo ammettono tutti.
21 E comepensava di aver bisogno di amici per avere dei collaboratori, per l'identico motivo cercava di garantir loro il suo
appoggio determinante, quando ne avesse intuito le mete.
22 Di doni poi nessuno ne ricevette altrettanti, per milleragioni; ma più di chiunque altro li distribuiva agli amici, tenendo conto dei gusti di ognuno e guardando soprattutto ai
loro bisogni.
23 Quando gli mandavano qualcosa per la sua persona, di uso militare o un semplice ornamento, diceva -raccontano - che il suo corpo non poteva portarli tutti, ma che avere amici ornati con eleganza lo considerava il vanto
più bello per un uomo.
24 Che superasse gli amici in munificienza, non stupisce affatto, perché aveva anche ben altrepossibilità rispetto a loro; ma che li superasse in attenzioni e nel desiderio di procurar loro gioia, questo sì, mi sembra
davvero mirabile.
25 Ciro infatti, se trovava un vino particolarmente dolce, spesso ne mandava una mezza anfora ediceva che da un bel pezzo non gliene era capitato uno migliore. «Te lo manda», aggiungeva, «e ti prega di berlo oggi
stesso con le persone a te più care».
26 Non di rado inviava mezze oche, mezzi pani o altre cose del genere, ordinandoa chi li portava di dire: «A Ciro sono piaciuti. Vuole che anche tu ne possa gustare».
27 Quando il foraggio era proprioscarso, mentre lui, grazie al gran numero di servi e alla sua previdenza, poteva disporne in abbondanza, lo distribuiva e
così esortava gli amici: «Datelo ai cavalli che vi trasportano, non vorrei che fossero sfiniti dalla fame proprio mentre
siete in sella».
28 Se mai faceva un viaggio e la gente accorreva per la smania di vederlo, chiamava i suoi amici eparlava con loro di questioni serie, per far vedere chi tenesse in onore.
Perciò, sulla base delle voci che sento, stimo che nessuno, tra Greci o barbari, sia stato amato più di lui.
29Eccone la prova: nessuno abbandonò Ciro - un suddito - per passare al re, se si eccettua il tentativo di Oronta, che
comunque sperimentò ben presto che era più fedele a Ciro chi lui riteneva fedele a sé. Dalla parte del re invece molti
passarono a Ciro, quando divennero nemici. E si trattava proprio degli uomini da lui più amati, che pensavano di trovare
onori più consoni alle loro qualità presso la corte di Ciro che del re.
30 Ma la prova conclusiva la si ebbe negli ultimiistanti della sua vita, quando si capì che non solo era un uomo di valore, ma sapeva anche scegliere bene le persone a lui
fedeli, devote e costanti.
31 Quando fu colpito a morte, tutti i suoi amici e commensali morirono combattendo per Ciro,tutti tranne Arieo, che era schierato sulla sinistra alla testa della cavalleria: come seppe che Ciro era caduto, si diede alla
fuga e portò con sé tutto il reparto ai suoi ordini.
10
1
Quindi a Ciro viene mozzato il capo e la mano destra. Il re [con i suoi] continua l'inseguimento e piomba nelcampo di Ciro. Le truppe di Arieo non oppongono più resistenza, ma fuggono attraverso l'accampamento verso l'ultimo
luogo di tappa da cui erano partite. Era, dicono, a quattro parasanghe di distanza.
2 Il re e i suoi fanno completa razzia elui cattura la concubina di Ciro, una donna focese, soprannominata la saggia e bella.
3 La Milesia [era più giovane],dopo esser caduta prigioniera dei soldati del re, riesce a scappare, nuda, verso i Greci, che si trovavano in armi tra le
salmerie. Costoro affrontarono e uccisero molti dei nemici che si davano al saccheggio, ma subirono alcune perdite.
Comunque non si diedero alla fuga, anzi, salvarono la donna. E quant'altro era sotto la loro custodia, fossero beni
materiali o persone, portarono tutto in salvo..12
4
A questo punto il re e i Greci distavano gli uni dagli altri circa trenta stadi: i secondi incalzavano le truppedisposte dinnanzi a loro [come se stessero vincendo dappertutto], il primo si dava alle razzie come se ormai avesse
avuto la meglio su tutti i nemici.
5 Ma poi i Greci si accorsero che il re con il suo esercito era tra le salmerie, e pure ilre, a sua volta, seppe da Tissaferne che i Greci avevano piegato gli avversari sul loro fronte e premevano; allora il re
raccoglie i suoi e ricostituisce lo schieramento. Clearco invece, chiamato Prosseno, che era il più vicino, si consultò con
lui, se mandare un contingente o rientrare tutti quanti a difesa dell'accampamento.
6 Nel mentre, si vedeva anche il rerifarsi sotto, attaccandoli - a quanto pareva - alle spalle. I Greci, operata una conversione, si prepararono a riceverlo,
come se dovesse giungere da quella direzione. Il re invece non giunse da lì, ma dalla via già percorsa prima, all'esterno
dell'ala sinistra, dopo aver raccolto anche i disertori che, nel corso della battaglia, erano passati dalla parte dei Greci,
nonché Tissaferne e i suoi.
7 Tissaferne al primo impatto non era fuggito, anzi si era lanciato contro i peltasti greci,lungo il fiume. Durante il suo attacco non riuscì a uccidere nessuno, mentre i Greci, allargate le file, subissavano i suoi
di colpi e frecce. Comandava i peltasti Epistene di Anfipoli, una persona di buon senso, stando a quel che si diceva.
8
Tissaferne dunque, pur avendo la peggio, riuscì a ritirarsi, ma non tornò sui suoi passi. Si diresse verso ilcampo greco, dove incontrò il re: riformati i ranghi, ripresero la marcia.
9 Quando furono dinnanzi all'ala sinistra deiGreci, quest'ultimi ebbero il timore di venir attaccati e di subire un aggiramento su entrambi i fianchi e di andare
incontro a un massacro. Allora proposero di dispiegare l'ala e di tenere il fiume alle spalle.
10 Mentre se ne discuteva,ecco che il re mutò direzione e mise in linea l'esercito di fronte alla falange, nello stesso assetto con cui aveva attaccato
battaglia in precedenza. Come i Greci li videro vicini e schierati per lo scontro, intonarono nuovamente il peana e si
gettarono in avanti con foga ancor più impetuosa di prima.
11 Per la seconda volta i barbari non accettarono lo scontroe volsero le spalle, quando gli avversari erano ancora a una distanza maggiore rispetto alla volta precedente: i Greci li
inseguirono fino a un villaggio.
12 Qui si fermarono. Sopra il villaggio sorgeva un colle, su cui avevano ripiegato gliuomini del re: non si trattava più di fanti, ma la collina brulicava di cavalieri, al punto che non si riusciva a capire che
cosa stesse succedendo. Eppure qualcuno disse di scorgere lo stendardo regale, un'aquila d'oro con le ali spiegate su uno
scudo[di legno].
13 Poiché i Greci avanzavano anche qui, i cavalieri abbandonarono il colle, non più in gruppo, ma indiverse direzioni. Il colle andava via via spopolandosi di cavalieri: alla fine si allontanarono tutti.
14 Clearco non salì,ma tenne l'esercito ai piedi della collina e mandò sulla cima Licio il siracusano e un altro, con l'ordine di controllare la
situazione sul versante opposto e di riferire.
15 Licio sprona il cavallo e, presa visione, annuncia che fuggono a brigliasciolta. Era quasi l'ora in cui il sole tramonta.
16
Qui sostarono i Greci e, deposte le armi, ripresero fiato. Intanto si meravigliavano di non vedere Ciro danessuna parte e che nessun emissario venisse a suo nome: non sapevano che fosse morto, perciò immaginavano o che
avesse protratto l'inseguimento o che si fosse spinto in avanti per occupare qualche postazione.
17 Quanto a loro, sidomandavano se fosse meglio rimanere lì e portarvi i carri oppure rientrare all'accampamento. Decisero di ritornare.
Giungono alle tende verso l'ora di cena.
18 Così finì la giornata. Si accorgono che la maggior parte dei loro averi eranostati saccheggiati; tutto quel che c'era, cibo o bevande, nonché i carri pieni di farina e di vino, che Ciro aveva preparato
per distribuirli ai Greci, nel caso che una grave carestia attanagliasse l'esercito - si trattava, secondo le voci, di
quattrocento carri - tutto era stato depredato dagli uomini del re.
19 Così erano rimasti senza cena la maggior parte deiGreci, e dire che non avevano neppure pranzato, perché il re era apparso prima che l'esercito avesse sostato per il
pranzo. La notte dunque la trascorsero in tali condizioni.
LIBRO II
1
1
[In che modo venne raccolto per Ciro l'esercito greco al tempo in cui muoveva contro il fratello Artaserse,che cosa fece durante la marcia verso l'interno, come la battaglia ebbe luogo, come morì e in che modo i Greci ritornati
al campo si riposarono, credendo di aver vinto su tutti i fronti e che Ciro fosse ancora vivo, è esposto nel racconto
precedente.]
2
All'alba gli strateghi, riunitisi, si meravigliavano che Ciro non mandasse qualcuno a indicare il da farsi o chenon venisse di persona. Decisero allora di preparare i bagagli, di armarsi e di muovere in avanti fino a ricongiungersi
con Ciro.
3 Erano ormai sul piede di partenza, al levar del sole, quando giunse Procle, il governatore della Teutrania,discendente di Damarato il lacone, accompagnato da Glu, figlio di Tamo. Dicevano che Ciro era morto e che Arieo,
fuggito, si trovava con gli altri barbari nel campo da cui erano partiti il giorno precedente. Arieo asseriva che per quel
giorno li avrebbe aspettati, se la loro intenzione era di raggiungerlo, ma il giorno dopo sarebbe partito, aggiungeva, alla
volta della Ionia da dove era venuto.
4 Appena appresero la notizia, gli strateghi e gli altri Greci caddero in unprofondo sconforto. Clearco disse: «Fosse ancora vivo Ciro. Ma ormai è morto, perciò riferite ad Arieo che noi abbiamo
battuto il re e, come vedete, nessuno ci affronta in campo aperto; e se non fosse stato per la vostra venuta, avremmo
puntato contro il re. Promettiamo ad Arieo che, se ci raggiunge, lo porteremo sul soglio regale: a chi vince la battaglia
spetta il diritto di comandare».
5 Detto ciò, rimanda indietro i messaggeri, accompagnati da Chirisofo il lacone eMenone il tessalo, per desiderio di Menone stesso, legato com'era ad Arieo da vincoli di amicizia e ospitalità..13
6
Quelli andarono e Clearco restò ad aspettare. L'esercito si cibava come poteva con le bestie da soma,uccidendo buoi e asini. Quanto alla legna, bastava fare pochi passi, a partire dal campo dove si era svolta la battaglia: là
c'erano molte frecce - i Greci avevano costretto i disertori del re a gettarle - nonché scudi di vimini e di legno, questi
ultimi degli Egizi. C'era anche da portar via un gran numero di scudi di cuoio e carri vuoti. Servendosi di tutto ciò,
bollirono la carne e mangiarono, per quel giorno.
7
Era ormai l'ora in cui il mercato è pieno di gente, quando arrivarono, da parte del re e di Tissaferne, alcuniaraldi, tutti barbari, tranne uno, Falino, un greco che si trovava alle dipendenze di Tissaferne e godeva di grandi onori
perché faceva mostra della sua competenza nella tattica e nell'uso delle armi.
8 Si fecero avanti e domandarono dei capigreci; quindi dissero che il re, forte della sua condizione di vincitore e dell'uccisione di Ciro, ingiungeva ai Greci di
consegnare le armi e di recarsi alle sue porte, per trovare, non era escluso, clemenza.
9 Così si espressero gli araldi delre. I Greci li ascoltarono con irritazione; tuttavia Clearco disse qualcosa del genere: non spettava ai vincitori cedere le
armi. «Però», aggiunse, «sta a voi, o strateghi, fornire la risposta più bella e dignitosa. Io sarò sùbito di ritorno». Lo
aveva chiamato, infatti, un servo, per controllare le viscere estratte: stava compiendo un sacrificio.
10
Allora Cleanore l'arcade, il più anziano, rispose che sarebbe morto piuttosto che consegnare le armi. EProsseno il tebano: «O Falino, sono sorpreso e mi domando se il re ci chieda le armi in qualità di vincitore oppure come
dono d'amicizia. Se pensa di essere il vincitore, che bisogno ha di chiederle? Perché non viene a prendersele? Se invece
ci vuole persuadere, dica che cosa ne verrà ai soldati, se lo vorranno compiacere».
11 A tali parole Falino ribatté: «Il reritiene sua la vittoria, perché ha ucciso Ciro. Chi è in grado di contendergli il regno? E considera anche voi in suo
potere, perché vi tiene in pugno nel cuore del suo paese tra fiumi non guadabili e può scatenare contro di voi una tale
moltitudine di uomini, che non potreste ucciderli neppure se ve ne desse licenza».
12 Dopo di lui intervenne Teopompol'ateniese: «Falino, adesso, come vedi, tutto è perduto fuorché le armi e il valore. Finché abbiamo le armi, crediamo di
poterci servire anche del valore; ma se le consegnamo, perderemo anche la vita. Togliti quindi dalla testa che vi
consegneremo i soli beni che ci restano; anzi, con questi combatteremo anche per strapparvi i vostri».
13 Nell'udire taliparole, Falino sorrise e disse: «Sembri davvero un filosofo, ragazzino, e pronunci parole non prive di grazia. Ma sei un
povero insensato, sappilo, se pensi che il vostro valore possa aver ragione della potenza del re».
14 Altri, si dice,cominciavano a vacillare e a sostenere che, come erano stati fedeli a Ciro, così potevano ora diventare preziosi alleati
del re, se chiedeva amicizia. Voleva servirsi di loro per qualche scopo o per una spedizione contro l'Egitto? Bene,
potevano cooperare alla conquista.
15
In quel mentre, ritornò Clearco e domandò se avevano dato già la risposta. Falino di contro: «Clearco,sostengono chi una cosa, chi un'altra. Dicci piuttosto che cosa ne pensi tu».
16 L'altro rispose: «Mi fa piacere avertivisto, Falino, come fa pure piacere, credo, anche a tutti gli altri. Sei greco, come tutti noi che tu qui vedi. In un
frangente simile chiediamo a te che fare, riguardo alla proposta di cui sei latore.
17 Al cospetto degli dèi, dacci ilsuggerimento che ritieni più bello e dignitoso e che ti recherà onore nel tempo a venire, ogni qual volta sarà
menzionato: Falino un giorno, inviato dal re per intimare ai Greci la consegna delle armi, richiesto di un parere,
consigliò così. Lo sai, in Grecia si parlerà del tuo suggerimento, è inevitabile».
18 Clearco induceva sottilmente questimotivi, perché voleva che proprio l'uomo inviato come emissario dal re li consigliasse di non consegnare le armi, perché
i Greci avessero buone speranze.
19 E invece Falino, elusivo, disse contro le sue aspettative: «Se tra migliaia disperanze ne aveste una sola di salvarvi muovendo guerra al re, vi suggerirei di non cedere le armi; ma se non c'è
nessuna speranza di salvezza contro l'ostilità del re, allora il mio consiglio è di salvarvi nell'unico modo che vi rimane».
20
Clearco ribatté: «La pensi così, allora! Va' piuttosto a riferire al re la nostra ferma convinzione: se dobbiamo essereamici, saremo molto più degni del suo rispetto se terremo le nostre armi e non se le consegneremo ad altri; se poi sarà il
caso di combattere, è meglio lottare con le armi piuttosto che averle cedute».
21 Falino ancora: «Riporterò le tueparole. Ma il re mi ha incaricato di comunicarvi che, finché rimanete qui, vi sarà garantita tregua; ma se vi muovete, per
avanzare o ritirarvi, sarà guerra. Fateci sapere, al riguardo, se rimarrete e ci sarà tregua oppure se dovrò riferire guerra
da parte vostra».
22 Clearco disse: «Comunica allora, su questo punto, che anche noi ci atteniamo alla proposta del re».«Che cosa significa?», ribatté Falino. Clearco: «Se rimaniamo, tregua; se ci ritiriamo o avanziamo, guerra».
23 E l'altroincalzò: «Annuncerò tregua o guerra?». Clearco ripeté le stesse parole: «Tregua, se rimaniamo; ma se ci ritiriamo o
avanziamo, guerra». Ma non rivelò che cosa intendesse fare.
2
1
Falino se ne andò con il suo séguito. Dal campo di Arieo erano rientrati Procle e Chirisofo. Menone erarimasto da Arieo. I due riferirono le parole di Arieo, secondo cui c'erano molti Persiani, più nobili di lui, che non
avrebbero tollerato l'idea di un suo avvento al trono. «Se intendete partire insieme a lui, invita a raggiungerlo durante la
notte; in caso contrario domani all'alba dice che se ne andrà».
2 Clearco rispose: «Va bene, se andremo si farà comedite; altrimenti regolatevi pure come meglio credete». Che cosa volesse fare, però, neppure a loro lo disse.
3
Dopo di che, ormai al calar del sole, convocò gli strateghi e i locaghi e si espresse nei termini seguenti:«Mentre celebravo il sacrificio, o uomini, sull'ipotesi di marciare contro il re gli auspici non erano favorevoli. Ed era
naturale che non lo fossero: ho saputo or ora che tra noi e il re scorre il Tigri, un fiume navigabile, ma non lo potremmo
varcare senza imbarcazioni. E imbarcazioni non ne abbiamo. Né è possibile rimanere qui, perché non c'è modo di
rifornirci di viveri. Gli auspici erano invece del tutto propizi in merito all'ipotesi di riunirci con gli amici di Ciro.
4.14Bisogna dunque agire così: ritiriamoci e ceniamo, ciascuno con quel che ha; poi, quando il corno darà il segnale del
riposo, preparate i bagagli; al secondo squillo, caricateli sulle bestie da soma; al terzo, accodatevi all'avanguardia,
tenendo le bestie sul lato del fiume e gli opliti all'esterno».
5 Allora gli strateghi e i locaghi si allontanarono e seguironole indicazioni. E nei giorni successivi le cose non sarebbero cambiate: lui comandava e gli altri obbedivano. Non lo
avevano eletto, ma in lui solo vedevano la tempra del vero capo, mentre gli altri erano privi di esperienza.
6 [Lalunghezza della strada percorsa in totale da Efeso nella Ionia fino al campo di battaglia è novantatré tappe,
cinquecentotrentacinque parasanghe, ossia sedicimilacinquanta stadi. Il campo di battaglia distava da Babilonia,
dicevano, trecentosessanta stadi.]
7
Quando ormai erano scese le tenebre, Miltocite il trace, con i cavalieri al suo séguito - una quarantina - e conpiù o meno trecento fanti traci, da qui defezionò passando al re.
8
Clearco guidava gli altri secondo le direttive impartite, il resto dell'esercito lo seguiva. Giungono alla primatappa, da Arieo e dalle sue truppe, verso mezzanotte. I soldati deposero le armi ma rimasero nei ranghi, mentre gli
strateghi e i locaghi greci si riunirono con Arieo. I Greci e Arieo con i più influenti personaggi che erano con lui
giurarono reciprocamente di non tradirsi e di rimanere alleati. I barbari promisero inoltre di guidarli senza inganni.
9Così giurarono, dopo aver sgozzato un toro, un cinghiale e un montone su di uno scudo: i Greci vi immersero una
spada, i barbari una lancia.
10
Una volta scambiati i pegni di fedeltà, Clearco disse: «Su, Arieo, ora che ci attende un'impresa comune,esponi il tuo parere sulla direzione da tenere: seguiremo la via percorsa all'andata oppure hai in mente una strada
migliore?».
11 E lui rispose: «Se ci incamminiamo per la via già seguita, non c'è scampo, moriremo di fame. Già oranon abbiamo più viveri. Nelle ultime diciassette tappe, per venire fin qui, non abbiamo trovato nulla da prendere, e quel
poco che c'era l'abbiamo consumato durante il nostro passaggio. La nostra idea adesso è di intraprendere un altro
cammino, più lungo, sì, ma i viveri non ci mancheranno.
12 Le prime tappe devono essere le più lunghe possibili, perdistanziare al massimo l'esercito regio. Una volta guadagnati due o tre giorni di vantaggio, il re non riuscirà più a
raggiungerci. Con un esercito piccolo non oserà incalzarci, con un esercito numeroso non avrà modo di affrettare il
passo. E forse ha anche penuria di viveri. Ecco», disse, «il mio parere».
13
Un piano del genere non prevedeva altro che la ritirata o la fuga. La sorte però ne concepì uno più dignitoso.Sul fare del giorno si misero in marcia, tenendo il sole alla propria destra: al tramonto, calcolavano, sarebbero giunti ad
alcuni villaggi della regione di Babilonia. E infatti non si sbagliarono.
14 Quando ancora si era nel primo pomeriggio,credettero di avvistare dei cavalieri nemici. I Greci che non erano nei ranghi correvano a riprendere il loro posto; Arieo
- viaggiava su carro, perché era stato ferito - scese e indossò la corazza, come pure i suoi.
15 Mentre si stavanoarmando, le vedette mandate in avanscoperta rientrarono e dissero che non si trattava di cavalli, ma di bestie al pascolo.
Sùbito tutti capirono che da qualche parte, nelle vicinanze, si era attendato il re. Tanto più che nei villaggi, non lontano,
si vedeva del fumo.
16
Clearco non mosse contro i nemici: sapeva che i soldati erano stanchi, affamati. E ormai era anche tardi.Comunque non cambiò direzione, badando bene a non dar l'impressione di una fuga, anzi procedette in linea retta fino
al calar del sole. Si accampò così con l'avanguardia nei primi villaggi: da qui l'esercito regio aveva strappato perfino le
parti in legno delle abitazioni.
17 L'avanguardia comunque si accampò alla bell'e meglio; quanto agli uomini dellaretroguardia invece, giunti ormai con le tenebre, ciascuno prese posto come capitava. Per chiamarsi a vicenda
lanciavano grida così alte, che giunsero perfino alle orecchie dei nemici: quelli di loro che si trovavano nei pressi,
addirittura fuggirono dalle tende.
18 Lo si poté vedere con chiarezza il giorno seguente: non si scorgevano più, nellevicinanze, né animali da soma né accampamento né fumo da nessun lato. A quanto pare, anche il re rimase colpito
dall'arrivo dell'esercito. Ne diede prova il suo comportamento nel giorno successivo.
19
Nel corso della notte, in realtà, anche i Greci furono presi da paura e si verificò trambusto e scompiglio,come è naturale che capiti quando s'insinua il pànico.
20 Clearco, che aveva con sé il miglior araldo del tempo,Tolmide di Elide, gli diede ordine di imporre il silenzio e di notificare il proclama dei comandanti: chi denunzierà
l'uomo che si è lasciato scappare l'asino nell'accampamento, riceverà una ricompensa di un talento.
21 Una voltadivulgato il proclama, i soldati compresero che vano era il timore e che i comandanti erano al sicuro. All'alba Clearco
trasmette l'ordine ai Greci di prendere posto nello schieramento, secondo la disposizione già assunta in battaglia.
3
1
Che il re, come ho scritto, fosse rimasto colpito dall'arrivo, è chiaro anche da quanto segue: mentre il giornoprima aveva inviato emissari per esigere la consegna delle armi, adesso, al sorgere del sole, mandò a trattare la tregua.
2
Gli inviati, non appena giunsero agli avamposti, chiesero dei capi. Quando le sentinelle ne diedero notizia, Clearcostava passando in rassegna le truppe schierate, per cui disse alle sentinelle di invitare gli araldi ad attendere che avesse
tempo.
3 Quando ebbe disposto l'esercito in modo che su ogni lato la linea risultasse ben serrata, senza che nessunodegli opliti uscisse dai ranghi, convocò i messaggeri e lui stesso mosse in avanti, scortato dai soldati meglio armati e di
più bell'aspetto tra i suoi, facendo cenno agli altri comandanti di imitarlo.
4 Vicino che fu ai messi, domandò che cosavolessero. Erano venuti, dissero, per una tregua, con la mansione di riferire le richieste del re ai Greci e quelle dei Greci
al re.
5 E lui rispose: «Riferitegli allora che prima dobbiamo combattere: noi non abbiamo, infatti, di che pranzare. Echi oserebbe parlare di tregua ai Greci senza procurar loro il pranzo?».
6 Alle sue parole i messi si allontanarono e.15ritornarono poco dopo, per cui si capì che lì nei dintorni c'era il re o chi per lui avesse ricevuto il compito di trattare. Gli
emissari dissero che le loro richieste erano sembrate ragionevoli al re e che erano ritornati con delle guide che, in caso
di tregua, li avrebbero condotti dove potevano trovare i viveri.
7 Clearco chiese se la tregua valesse solo per chi tenevai contatti nella trattativa oppure anche per gli altri. Gli emissari: «Per tutti quanti, finché non vengono comunicate al re
le vostre condizioni».
8 Alla fine del discorso Clearco li fece allontanare e tenne consiglio: l'opinione generale era diconcludere sùbito la tregua, per andare a rifornirsi di viveri in tutta tranquillità.
9 Clearco disse: «Sono anch'io dellostesso avviso. Ma non voglio comunicare sùbito la risposta, anzi tirerò per le lunghe, fin tanto che i messaggeri non
temeranno un nostro rifiuto. Ho il sospetto però, disse, che getteremo la stessa paura nell'animo dei nostri soldati».
Quando gli sembrò venuto il momento, annunciò che accettavano la tregua e immediatamente chiese che lo portassero
ai viveri.
10
Allora i messi lo guidarono e Clearco, una volta conclusa la tregua, si mosse con l'esercito in formazione,tenendosi nella retroguardia. Si imbatterono in fossi e canali pieni d'acqua, tanto che non si potevano varcare senza
ponti. Prepararono il guado con i tronchi di palme che trovarono: alcuni già a terra, altri li abbatterono.
11 Nellacircostanza Clearco diede un saggio delle sue doti di comando: teneva nella sinistra la lancia, nella destra un bastone. Se
qualcuno degli uomini comandati ai lavori gli dava l'impressione di fiacchezza, prendeva da parte il responsabile e lo
percuoteva; al contempo dava una mano in prima persona, coi piedi nel fango, per cui ognuno provava un senso di
vergogna a non collaborare.
12 Erano stati adibiti ai lavori i trentenni. Quando videro l'impegno di Clearco, siprestarono anche i più anziani.
13 Ancor più si dava da fare Clearco, perché immaginava che i fossi non dovesseroessere sempre così pieni d'acqua: non era, infatti, la stagione adatta per l'irrigazione dei campi. Al contrario, sospettava
che il re avesse allagato la pianura, allo scopo di instillare nei Greci la convinzione che la via fosse irta di difficoltà.
14
Percorso un certo tratto, giunsero ai villagi in cui, secondo le indicazioni delle guide, dovevano trovare irifornimenti. C'era cibo in abbondanza, vino di palma e aceto bollito, sempre ricavato dalla stessa fonte.
15 Ai servisono destinati i frutti delle palme come quelli che si possono vedere in Grecia, mentre ai padroni sono riservati i frutti
scelti, straordinari per bellezza e grossezza: il loro aspetto è del tutto simile all'ambra. Alcuni, lasciati seccare, vengono
riposti come leccornie. La bevanda che da essi si ricava è gradevole, ma procura mal di testa.
16 In quell'occasione isoldati mangiarono, per la prima volta, anche il midollo della palma; la maggioranza rimase favorevolmente sorpresa
dall'aspetto e dal particolare sapore. Ma anch'esso provocava forti cefalee. Tra l'altro, l'albero di palma da cui veniva
estratto il midollo seccava completamente.
17
Qui rimasero tre giorni. Dal campo del gran re era giunto Tissaferne insieme al fratello della moglie del re ead altri tre Persiani, con uno stuolo di servi. Quando gli strateghi greci mossero loro incontro, Tissaferne prese per
primo la parola e con l'aiuto di un interprete disse:
18 «Greci, io abito in un paese vicino alla Grecia e, poiché vi ho vistidibattere in difficoltà gravi e senza via di uscita, ho escogitato un rimedio, per ottenere dal re la facoltà, se mai mi
riuscisse, di riportarvi sani e salvi in Grecia. Penso che non mi mancheranno né la vostra gratitudine né quella della
Grecia.
19 Con tale proposito mi sono rivolto al re, sostenendo che aveva validi motivi per concedermi quella grazia:sono stato io il primo ad annunciargli la spedizione di Ciro contro di lui, e insieme alla notizia gli ho portato il mio
aiuto; sono stato il solo, tra tutti gli uomini schierati di fronte alle truppe greche, a non fuggire, anzi ho sfondato le
vostre linee e mi sono riunito a lui nel vostro accampamento, dove il re era giunto dopo aver ucciso Ciro e incalzato i
barbari di Ciro, insieme a questi uomini ora qui ai miei ordini, fedelissimi al re.
20 Mi promise che avrebbe riflettuto,ma intanto mi ha ordinato di venire qui e di domandarvi perché avete intrapreso una spedizione contro di lui. Vi
consiglio di rispondere con tono misurato, per facilitare il mio compito, se mai mi riuscisse di ottenere per voi qualche
beneficio da parte sua».
21
Dopo di che, i Greci si allontanarono e tennero consiglio; poi risposero, tramite Clearco: «Non siamo venutiqui per portare guerra al re né ci dirigevamo contro di lui; Ciro ha trovato un'infinità di pretesti, come anche tu ben sai,
per cogliere impreparati voi e condurre qui noi.
22 A dire il vero, quando l'abbiamo visto in grave difficoltà, abbiamoprovato un senso di vergogna di fronte agli dèi e agli uomini: non potevamo tradirlo, noi che in precedenza avevamo
goduto dei suoi favori.
23 Ora che Ciro è morto, non avanziamo pretese nei confronti del re né c'è ragione per cuivogliamo devastare il suo territorio, e men che mai abbiamo intenzione di ucciderlo; al contrario, ci metteremmo
volentieri sulla strada di casa, se nessuno ce lo impedisse. Ma se qualcuno ci attacca, cercheremo con l'aiuto degli dèi di
difenderci. Se poi qualcuno ci accorderà la sua benevolenza, allora, per quanto sta nelle nostre forze, non saremo da
meno nel ricambiarlo».
24 Così parlò; dopo averlo ascoltato, Tissaferne disse: «Riferirò al re le tue parole e di nuovo avoi la sua risposta. Fino al mio ritorno, continui la tregua. Intanto vi consentiremo l'accesso al mercato».
25
Il giorno successivo non si presentò, per cui i Greci rimasero in ansia. Ma due giorni dopo giunse e disseche aveva ottenuto dal re licenza di salvare i Greci, anche se davvero molti avevano obiettato che non era degno di un re
lasciar andare impunito chi aveva marciato contro di lui.
26 Infine soggiunse: «Adesso potete ricevere da parte nostral'impegno che certamente passerete in una regione amica e che vi si condurrà senza inganni verso la Grecia,
consentendovi l'accesso al mercato. Dove non abbiate modo di comprare i viveri vi permetteremo di prenderli dal
territorio.
27 Voi però dovete giurarci che passerete come attraverso un paese amico senza arrecar danni, prendendocibo e bevande solo quando non vi potrete rifornire al mercato; in caso contrario, avrete i viveri solo a pagamento».
28La proposta fu approvata: Tissaferne e il fratello della moglie del re giurarono, porsero la destra agli strateghi e ai
locaghi greci e ricevettero la loro.
29 Dopo di che, Tissaferne esclamò: «Ora ritorno dal re; quando avrò sbrigato i mieiimpegni, sarò di nuovo qui, pronto a ricondurvi in Grecia e a rientrare nel mio dominio»..16
4
1
Quindi i Greci e Arieo attesero Tissaferne per più di venti giorni, accampati gli uni vicini all'altro. Nelfrattempo si recano da Arieo i fratelli e altri parenti, mentre i componenti del suo séguito ricevono la visita di alcuni
Persiani. Portavano rassicurazioni e, a taluni, garanzie formali da parte del re che non avrebbe serbato loro rancore per
la spedizione al fianco di Ciro né per alcun altro episodio del passato.
2 Nel corso di tali contatti gli uomini di Arieoebbero visibilmente meno riguardi per i Greci, altro motivo per cui non andavano a genio alla maggior parte dei Greci;
anzi, a più riprese avvicinarono Clearco e gli altri strateghi, dicendo:
3 «Che aspettiamo? Non abbiamo forse la certezzache il sovrano vuole ucciderci a ogni costo, come monito per gli altri Greci a non compiere spedizioni contro il gran re?
Anche adesso ci suggerisce di aspettare qui, perché il suo esercito è frazionato, ma lasciate solo che lo riunisca di nuovo
e ci attaccherà, non c'è scampo.
4 Forse scava fossati o erige mura, chi sa dove, per sbarrarci il cammino. Non certo conil suo benestare ci permetterà di rientrare in Grecia a proclamare che noi, un pugno di uomini, abbiamo vinto il re a un
passo da casa sua e ce ne siamo andati dopo averlo beffato».
5 A chi parlava così, Clearco rispose: «Io pure honell'animo tutti questi pensieri, ma considero un fatto: se ora ci allontaniamo, sembrerà un atto di guerra e una
violazione della tregua. Poi, punto primo, nessuno più ci permetterà l'accesso al mercato, non sapremo dove trovare i
viveri e inoltre non avremo una guida. E al tempo stesso, se agiremo così, Arieo si staccherà sùbito da noi: non ci
rimarrà nessun alleato, anzi, anche chi prima era dalla nostra, ci diventerà nemico.
6 E se ci tocca ancora attraversarequalche altro fiume, non lo so, ma di sicuro ci attende l'Eufrate, che, lo sappiamo, non si può varcare, se un nemico
sbarra il passo. In caso di battaglia poi non abbiamo cavalleria alleata, mentre i cavalieri nemici sono numerosi e
nessuno è pari a loro in valore. Perciò, se vinciamo, chi uccideremo? Con una sconfitta invece nessuno avrà modo di
salvarsi.
7 D'altra parte, se il re, che ha tanti alleati, davvero volesse sterminarci, non capisco perché mai avrebbedovuto far promessa solenne e darci la sua destra, per poi spergiurare di fronte agli dèi e screditare i suoi pegni di fede
agli occhi dei Greci e dei barbari». E più volte andava ripetendo molti discorsi dello stesso tenore.
8
A questo punto giunse Tissaferne con il suo séguito, come se si accingesse a tornare in patria; Oronta avevacon sé i suoi. Lo accompagnava anche la figlia del re, che aveva in moglie.
9 Da qui si misero in marcia: Tissaferne eraalla testa e provvedeva al mercato. Anche Arieo, con il contingente barbarico al séguito di Ciro, si era mosso insieme a
Tissaferne e Oronta e con loro si accampava.
10 I Greci, che nutrivano sospetti nei loro confronti, procedevanoseguendo le proprie guide. E ogni volta mettevano il campo alla distanza di una parasanga o più gli uni dagli altri. Si
sorvegliavano a vicenda, come se fossero nemici, per cui ben presto si instaurò un clima di sospetto.
11 In alcuni casierano capitati nello stesso luogo in cerca di legna o foraggio o altre cose del genere e avevano alzato le mani: anche
questo creava ostilità.
12
Percorse tre tappe, raggiunsero il cosiddetto muro della Media e lo passarono. Si trattava di una costruzionein mattoni cotti, poggiati su bitume, larghezza venti piedi, altezza cento. La lunghezza, si diceva, era di venti
parasanghe. Non distava molto da Babilonia.
13
Da qui, in due tappe, avanzarono di otto parasanghe. Varcarono due canali, l'uno su ponti, l'altro legandoinsieme sette barche. Si trattava di canali derivati dal Tigri, dai quali poi erano stati scavati fossati per irrigare il terreno,
prima ampi, poi sempre più stretti fino a diventare rigagnoli, come quelli che in Grecia attraversano i campi di miglio.
Quindi giungono al Tigri, nei pressi di una città grande e popolosa di nome Sittace, distante dal fiume quindici
stadi.
14 I Greci si attendarono nelle vicinanze, accanto a un grande e bel parco e a un bosco con piante d'ogni sorta. Ibarbari invece varcarono il Tigri: non erano più neppure in vista.
15
Dopo cena Prosseno e Senofonte stavano passeggiando dinnanzi all'accampamento, quand'ecco che siavvicinò un uomo e chiese alle sentinelle dove potesse trovare Prosseno o Clearco. Non cercava Menone, sebbene
venisse da parte di Arieo, che a Menone era legato da vincoli di ospitalità.
16 Prosseno esclamò: «Sono io quello checerchi». Allora l'uomo parlò in questi termini: «Mi hanno mandato Arieo e Artaozo, gente fedele a Ciro e che sta dalla
vostra parte. Vi invitano a guardarvi da un attacco notturno dei barbari: un grande esercito è appostato nel parco vicino.
17
Vi esortano anche a mandare un corpo di guardia al ponte del Tigri, perché Tissaferne ha in mente di distruggerlodurante la notte, se gli riesce; così non potrete passare sull'altra sponda, ma rimarrete in trappola, tra fiume e canale».
18
Appena udite le sue parole, lo portano da Clearco e gli illustrano ciò che dice. Clearco, appena sente la notizia,rimane sconvolto e impaurito.
19
Ma un giovane, uno dei presenti, dopo aver riflettuto, disse che le idee di un attacco e di una distruzione delponte erano incongruenti. «Un attacco ovviamente», diceva, «deve portare a una vittoria o a una sconfitta. Perciò, se
vincono, che bisogno hanno di distruggere il ponte? Neppure se avessimo a disposizione migliaia di ponti, potremmo
trovare salvezza nella fuga.
20 Se invece vinciamo noi, saranno loro a non avere una via di scampo, una volta tagliato ilponte. E per quanti rinforzi dovessero avere al di là del fiume, nessuno potrà accorrere, una volta abbattuto il ponte».
21
Ascoltata l'osservazione, Clearco domandò al messo quale fosse l'estensione del territorio racchiuso tra ilTigri e il canale. «Grande», rispose, «con villaggi e città numerose e importanti».
22 Allora si capì che l'avevanomandato i barbari, nel timore che i Greci tagliassero il ponte e si stabilissero nell'isola di territorio, difesi su un lato dal
Tigri, sull'altro dal canale; quanto ai viveri, avrebbero potuto rifornirsi nella zona centrale, che era vasta e fertile e per di
più abitata da gente laboriosa. Tra l'altro, poteva diventare un rifugio per chi avesse voluto ribellarsi al re.
23
Dopo di che, andarono a riposare; al ponte inviarono lo stesso un corpo di guardia, ma non si registrònessun assalto da nessun fronte, nessuno dei nemici si avvicinò al ponte, almeno secondo il rapporto delle sentinelle.
24.17Quando venne l'alba, passarono il ponte formato da trentasette barche, con la massima cautela: alcuni emissari di
Tissaferne avevano detto, infatti, che al momento del passaggio i Greci avrebbero subito un attacco. Ma anche questa
informazione si rivelò falsa. Durante la traversata, a dire il vero, avvistarono Glu che, insieme con alcuni altri,
controllava se varcassero il fiume; ma non appena ebbe presa visione, si allontanò a spron battuto.
25
Dal Tigri, in quattro tappe, avanzarono di venti parasanghe fino al fiume Fisco, larghezza un pletro: c'era unponte. Qui sorgeva una città grande, Opi. Qui vicino, si imbatté nei Greci il fratellastro di Ciro e Artaserse, che
proveniva da Susa ed Ecbatana, con un nutrito contingente in appoggio al re. Fermò il proprio esercito e rimase a
osservare il passaggio dei Greci.
26 Clearco guidava le truppe disposte su due file, procedeva a tratti e a tratti sifermava. E quanto tempo l'avanguardia rimaneva ferma, altrettanto doveva necessariamente sostare il grosso
dell'esercito. Perciò, la colonna doveva sembrare enorme anche ai Greci, oltre che colpire il Persiano che assisteva.
27
Da qui, attraverso la Media, proseguirono nel deserto per trenta parasanghe, in sei tappe, fino ai villaggi diParisatide, la madre di Ciro e del re. Come gesto di irrisione verso Ciro, Tissaferne consentì ai Greci il saccheggio, ma
non di rendere schiavi gli abitanti. C'era cibo in quantità e bestiame e altri beni.
28
Da qui, in quattro tappe, proseguirono nel deserto, per venti parasanghe, tenendo il Tigri sulla sinistra. Neltratto della prima tappa, sulla sponda opposta sorgeva una città grande e ricca, di nome Cene: da qui i barbari, mediante
zattere formate con otri di cuoio, portarono pane, formaggio, vino.
5
1
Dopo di che, giungono al fiume Zapata, largo quattro pletri. Si trattengono tre giorni, durante i qualirimangono in sospetto, senza che però si verificasse nessun atto di ostilità evidente.
2 Clearco decise di incontrarsi conTissaferne e di porre fine, se possibile, alla diffidenza prima che sfociasse in guerra. Mandò un messo a chiedere un
incontro.
3 Tissaferne lo invita prontamente a recarsi da lui.Durante l'incontro, Clearco parla così: «Io, o Tissaferne, so che abbiamo giurato e stretto le nostre destre, a
garanzia di non danneggiarci a vicenda. Ma vedo che tu te ne stai in guardia, come se fossimo nemici, per cui anche noi,
a nostra volta, stiamo all'erta.
4 Bene, è un po' che ti tengo d'occhio, ma non riesco a trovare prove che tu cerchi dinuocerci; da parte mia ti posso assicurare che noi non abbiamo in mente nulla di tutto ciò. Allora mi è sembrato il caso
di avere un confronto con te, per spazzar via, se possibile, la diffidenza reciproca.
5 So che in altre circostanze alcunepersone, vuoi per calunnia, vuoi per sospetto, l'una in preda al timore dell'altra, sono arrivate a compiere l'irrimediabile,
solo per non essere anticipate nello sferrare il colpo, eppure gli altri non avevano affatto cattive intenzioni.
6Incomprensioni del genere, credo, si possono cancellare senz'altro con il confronto diretto; perciò eccomi qui, pronto a
dimostrarti che non hai motivo di diffidare di noi.
7 Punto primo, ed è il più importante, i giuramenti divini ciimpediscono di essere nemici. Chi è cosciente di violarli, non credo che potrà mai aver felicità. Non so fuggendo dove e
con quanta rapidità qualcuno potrebbe evitare la guerra degli dèi, né in quale tenebra potrebbe nascondersi, né in quale
luogo fortificato potrebbe ritirarsi. Dovunque tutto è soggetto al divino e su tutto allo stesso modo gli dèi governano.
8Ecco come la penso sui giuramenti e sugli dèi, depositari del nostro patto di alleanza. Quanto alla sfera umana, al
momento ti considero il nostro bene più prezioso.
9 Con te ogni via diventa transitabile, possiamo varcare ogni fiume, iviveri non ci mancano. Senza di te ogni strada è avvolta da tenebra - non la conosciamo - ogni fiume un ostacolo
insormontabile, la gente una fonte di paura, ma un vero terrore sarebbe il deserto: è irto d'ogni genere di ostacoli.
10Supponiamo che, in un accesso di follia, ti uccidessimo: che cosa avremmo ottenuto, eliminato il nostro benefattore, se
non chiamare in campo quel possente atleta di riserva, il re? Ma sai di quante e di quali speranze mi priverei, se volessi
il tuo male? Te lo voglio dire.
11 Io ho cercato l'amicizia di Ciro, perché allora lo consideravo capace di far del bene achi volesse, più di chiunque altro. Ma tu, vedo, ora hai nelle tue mani la potenza di Ciro e le sue terre, inoltre hai
conservato il tuo dominio e in più hai alleata la potenza del re, alla quale Ciro era ostile.
12 Stando così le cose, chipotrebbe essere tanto pazzo da non voler dare a te la sua amicizia? E non solo: ti dirò i motivi per cui, spero, anche tu
vorrai darci la tua.
13 So che i Misi vi danno dei fastidi: penso che, con l'esercito di cui ora dispongo, potrei metterli aivostri piedi. So anche dei Pisidi. E sento parlare pure di molti altri popoli: potrei farli smettere di arrecare sempre
molestia alla vostra prosperità. E gli Egizi? So che sono soprattutto loro a suscitare le vostre ire. Non vedo su quale
forza alleata potreste contare per punirli, se non sui soldati ai miei ordini.
14 E poi, i popoli confinanti, se tu offrissiloro il tuo appoggio, dove potrebbero trovare un alleato più forte? Al contrario, se qualcuno ti molestasse, potresti farla
da padrone contando sul nostro aiuto. E noi non rimarremmo alle tue dipendenze solo per la paga, ma per un senso di
gratitudine, che giustamente avremmo, per essere stati salvati da te.
15 Quando penso a tutto ciò, mi sembra così stranoche tu non ti fidi di noi, tanto che vorrei proprio sapere chi sa trovare parole così dannatamente persuasive, da
convincerti che tramiamo ai tuoi danni». Clearco parlò così. Tissaferne replicò:
16
«Mi compiaccio, Clearco, di sentire le tue parole sensate. Lo riconosco anch'io: preparare insidie contro dime vorrebbe dire ritorcerle contro te stesso. Ma, sappilo, neppure voi avete motivo di dubitare del re o di me. Ascolta
tu, ora.
17 Se decidessimo di uccidervi, credi che ci farebbe difetto il numero di cavalieri, fanti o opliti? Non potremmoforse colpirvi senza correre alcun rischio?
18 Posti adatti per tendervi imboscate pensi che ce ne mancherebbero? Nonvedete pianure così grandi che voi le attraversate con molta fatica, anche non incontrando ostilità? I monti che dovete
valicare, li avete dinnanzi agli occhi: non potremmo occuparli prima di voi e sbarrarvi l'accesso? E i fiumi così
numerosi? Sulle loro rive non potremmo decidere con quanti di voi vogliamo combattere? E ce ne sono alcuni che non.18
riuscireste mai a varcare se noi non vi lasciassimo via libera.
19 E ammettiamo pure di aver la peggio in tutti questicasi, ci rimane pur sempre il fuoco, che è più forte dei frutti della terra: noi potremmo spargere incendi e mettere in
campo al nostro fianco la fame, e voi non potreste combatterla, neppure con tutto il vostro valore.
20 Ma come?Abbiamo tutti questi mezzi per farvi guerra, nessuno dei quali ci comporta rischi, e tra tutte le varie possibilità
dovremmo proprio scegliere l'unica empia di fronte agli dèi, l'unica turpe agli occhi degli uomini?
21 Chi è senza via diuscita, senza mezzi e nella morsa della necessità, e per di più è d'animo ignobile, decide di agire così, commettendo
spergiuro nei confronti degli dèi e tradendo la fiducia degli uomini. No, Clearco, non siamo così irragionevoli o stupidi.
22
Perché, se potevamo uccidervi, non l'abbiamo fatto? Il mio desiderio, sappilo bene, è di essere leale verso i Greci.Con questi uomini Ciro ha marciato verso l'interno fidando nel soldo della paga, con gli stessi uomini io marcerò verso
la costa forte della vostra riconoscenza.
23 Le occasioni in cui potete dimostrarmi la vostra utilità, in parte le haimenzionate tu stesso, ma la principale la conosco io: la tiara può tenerla dritta in testa solo il re, ma forse con il vostro
appoggio potrebbe facilmente portarla anche un altro, che ora la tiene sul cuore».
24
Le sue parole parvero sincere a Clearco. Rispose: «Allora, se così salde sono le ragioni della nostraamicizia, chi cerca di spargere calunnie per renderci nemici non merita forse la fine più atroce?».
25 «Io, per parte miaalmeno», disse Tissaferne, «se voi, strateghi e locaghi, volete venir qui, dirò apertamente i nomi di chi mi va
sussurrando che tramate contro di me e il mio esercito».
26 «E io», ribatté Clearco, «te li porterò tutti e ti svelerò da chivengono le voci sul tuo conto».
27 Dopo tali discorsi Tissaferne mostrò nella circostanza la sua cortesia, lo invitò arimanere e lo ebbe come commensale.
Il giorno successivo Clearco, al suo ritorno al campo, si mostrò convinto dell'amichevole disposizione di
Tissaferne e riferì le sue parole. Le persone invitate da Tissaferne - sosteneva - dovevano recarsi da quest'ultimo e, una
volta appurato chi tra i Greci avesse sparso calunnie, doveva essere punito come traditore e nemico della patria.
28Sospettava che le voci le avesse messe in giro Menone, perché sapeva che insieme ad Arieo si era incontrato con
Tissaferne, tramava una sedizione e contro di lui, Clearco, macchinava allo scopo di trascinare l'esercito dalla sua parte
e di diventare alleato di Tissaferne.
29 Certo che Clearco voleva per sé tutte le simpatie dell'esercito, eliminando glioppositori. Ci furono dei soldati che contraddissero il suo parere: non bisognava inviare tutti i locaghi e gli strateghi né
fidarsi di Tissaferne.
30 Ma Clearco tenne duro, finché non riuscì a ottenere che partissero cinque strateghi e ventilocaghi. Li seguivano, con la scusa di recarsi al mercato, anche altri soldati, circa duecento.
31
Quando erano alle porte di Tissaferne, vennero chiamati all'interno gli strateghi: Prosseno il beota, Menoneil tessalo, Agia l'arcade, Clearco il lacone, Socrate l'acheo. I locaghi rimasero ad aspettare alle porte.
32 Non passòmolto che, a un segnale unico, chi era all'interno venne preso, chi all'esterno massacrato. Poi alcuni cavalieri barbari si
lanciarono in scorrerie per la pianura, ammazzando tutti i Greci che trovavano sulla loro strada, schiavi o liberi che
fossero.
33 I Greci che dall'accampamento assistevano all'incursione rimasero sbigottiti, senza capire che cosa stesseaccadendo, finché non arrivò Nicarco l'arcade che, fuggito, era ferito al ventre e teneva le viscere tra le mani. Fu lui a
raccontare ogni cosa.
34 Allora i Greci corsero alle armi, tutti, sconvolti e convinti che da lì a poco i nemici sarebberopiombati sull'accampamento.
35
Non vennero tutti, ma solo Arieo, Artaozo e Mitradate, fedelissimi di Ciro. L'interprete greco sostenne diaver visto e riconosciuto insieme a loro anche il fratello di Tissaferne. Li seguivano anche altri Persiani, più o meno
trecento, coperti di corazze.
36 Non appena furono vicini, chiesero che si facesse avanti qualcuno dei Greci, unostratego o un locago, per comunicare le disposizioni del re.
37 Allora tra i Greci uscirono dal campo, guardinghi, glistrateghi Cleanore di Orcomeno e Sofeneto di Stinfalo, seguiti da Senofonte l'ateniese, che voleva notizie di Prosseno.
Chirisofo si trovava lontano, in un villaggio, insieme ad altri in cerca di rifornimenti.
38 Quando furono a una distanzatale da poter udire, Arieo disse: «Clearco, o Greci, si è dimostrato uno spergiuro, ha violato la tregua, perciò ha pagato
ed è morto. Prosseno e Menone, per aver svelato le sue trame, godono di grandi onori. A voi il re chiede le armi. Dice
che sono sue, perché erano di Ciro, suo suddito».
39 Risposero i Greci, portavoce Cleanore di Orcomeno: «Tu Arieo,l'essere più spregevole sulla faccia della terra, e voi altri che eravate amici di Ciro, non provate vergogna né di fronte
agli dèi né agli uomini? Avete giurato di dividere con noi amici e nemici e ora ci avete tradito passando a Tissaferne,
che non ha rivali nell'empietà e nell'intrigo. Avete ammazzato proprio gli uomini a cui avevate giurato lealtà, tradendoci
tutti, e ora, con il nemico, venite contro di noi».
40 Arieo replicò: «Clearco, ne abbiamo le prove, tramava controTissaferne e Oronta e contro tutti noi che siamo con loro».
41 A tali parole intervenne Senofonte: «Se Clearco davveroha violato la tregua contro gli accordi, ha avuto ciò che meritava: è giusto, infatti, che muoiano gli spergiuri. Ma se
Prosseno e Menone, nostri strateghi, si sono guadagnati la vostra riconoscenza, rimandateli qui. Se sono nostri comuni
amici, cercheranno, è evidente, di consigliare entrambi per il meglio».
42 Al che, i barbari discussero a lungo e poi sene andarono senza risposta.
6
1
Gli strateghi così presi prigionieri furono condotti dal re e decapitati. Di loro uno solo, Clearco, eraconsiderato unanimemente da tutti quelli che l'avevano conosciuto un uomo estremamente esperto e appassionato di
guerra.
2 Finché fu in corso il conflitto degli Spartani contro gli Ateniesi, rimase in patria; stipulata la pace, convinse lasua città che i Traci danneggiavano i Greci. Tanto fece che ottenne il consenso degli efori e veleggiò per portar guerra ai
Traci che abitano al di là del Chersoneso e di Perinto.
3 Poi, com'è come non è, gli efori cambiarono idea e lo.19richiamarono in patria dall'Istmo quando già l'aveva superato. Da quel momento non obbedì più e si diresse con le navi
verso l'Ellesponto.
4 Di conseguenza venne condannato a morte dai magistrati spartani per insubordinazione. Ormaiesule, si reca da Ciro. Con quali parole lo abbia persuaso l'ho già scritto altrove: comunque sia, Ciro gli dà diecimila
darici.
5 Lui li prese, ma non si volse all'ozio, anzi, con la somma raccolse un esercito e cominciò a guerreggiare coiTraci, li vinse in battaglia e quindi saccheggiò e fece prigionieri, senza mai deporre le armi finché Ciro non ebbe
bisogno dell'esercito. Allora partì, ma sempre per combattere, al fianco di Ciro.
6 Scegliere lo scontro quando si puòrimaner in pace senza vergogna e danno, pur di combattere cercar le fatiche anche quando si può rimanere in ozio,
preferire la guerra e veder diminuire i propri averi quando si ha modo di mantenerli senza rischi: a me sembra che si
comporti così, forse, solo chi ha la guerra nel sangue. Come [altri] per i fanciulli amati o in piaceri diversi, lui era
pronto a spendere tutto per la guerra.
7 Tanto la amava. Ma si vedeva anche che ne era un profondo conoscitore. Glipiaceva il pericolo, di giorno e di notte incalzava i nemici; nelle situazioni più drammatiche rimaneva lucido, come
confermano tutti quelli che lo accompagnavano sempre.
8 Si diceva che, più di chiunque, fosse nato per il comando, acausa del suo temperamento. Era capace, come nessun altro, di preoccuparsi che non mancassero all'esercito i viveri e di
procurarli; era capace di infondere in chi stava attorno a lui la convinzione che bisognava obbedire a Clearco.
9 Lootteneva con la severità. Anche l'aspetto era cupo, la voce roca; puniva con durezza, talvolta in preda a uno scatto d'ira,
tanto da pentirsene in certi casi.
10 Ma puniva per un preciso motivo: un esercito indisciplinato, pensava, non serviva anulla. Diceva - raccontano - che il soldato doveva temere il suo comandante più dei nemici, se si voleva che osservasse i
turni di guardia, che non arrecasse danni ai popoli amici o che muovesse contro il nemico senza addurre pretesti.
11Nei momenti più delicati i soldati erano disposti ad ascoltare soprattutto lui e non gli preferivano altri. In quelle
occasioni il suo viso così rude manifestava serenità, la sua durezza sembrava un segno di forza quando erano di fronte ai
nemici, e appariva un'àncora di salvezza, non più una fonte di paura.
12 Ma quand'erano fuori pericolo e avevanofacoltà di passare sotto un altro capo, molti lo lasciavano: non era certo un uomo amabile, ma sempre duro e spietato.
Con lui i soldati si comportavano come gli scolari col maestro.
13 Non ebbe mai gente che lo seguisse per amicizia ebenevolenza. Chi era sotto di lui, o per ordine della propria città o per bisogno o per qualche altra necessità, gli doveva
obbedienza assoluta.
14 Ma quando al suo fianco cominciarono a piegare i nemici, erano ormai chiari i motivi cherendevano i suoi dei veri soldati: avevano indomito coraggio di fronte ai nemici e il timore delle sue punizioni garantiva
la disciplina.
15 Ecco le sue caratteristiche di comandante. Ma a sottostare agli ordini degli altri non era propriodisposto, dicono. Quando morì, era sui cinquant'anni.
16
Prosseno il beota fin da ragazzo aveva l'ambizione di diventare un uomo capace di grandi cose. Questodesiderio lo spinse a pagare per le lezioni di Gorgia di Leontini.
17 Dopo averlo frequentato, pensò di essere ormai ingrado di comandare e di ricambiare in larga misura i benefici dei potenti, se ne diventava amico. Perciò si unì alle
imprese di Ciro, credendo così di farsi un gran nome e di acquisire notevole potenza e ingenti mezzi.
18 Sebbenedesiderasse con forza queste cose, era chiaro che non era disposto a raggiungere le sue mete con mezzi illeciti, ma era
convinto che bisognasse ottenerle solo con la correttezza e l'onestà, altrimenti no.
19 Sapeva comandare sulle personeperbene, ma non era capace di infondere nei soldati né rispetto né soggezione; anzi, si sentiva in difficoltà più lui
dinnanzi ai soldati che i suoi subordinati di fronte a lui. Ed aveva più paura lui, era chiaro, di attirarsi l'ostilità della
truppa di quanto ne avesse la truppa di disobbedire ai suoi ordini.
20 Credeva che per essere e sembrare un vero capobastasse lodare chi agiva bene e non elogiare chi si macchiava di colpe. Ragion per cui, tra i suoi uomini, quelli onesti e
buoni gli erano devoti, mentre i disonesti agivano alle sue spalle, perché era troppo malleabile. Quando morì, era sulla
trentina.
21
Menone il tessalo, lo si vedeva, desiderava avidamente la ricchezza, desiderava il comando per avere di più,desiderava gli onori per guadagnare di più. Voleva l'amicizia dei più forti per commettere soprusi senza mai pagare per
le proprie colpe.
22 Per raggiungere i propri scopi pensava che la via più breve passasse per lo spergiuro, la menzognae l'inganno, e che la semplicità e il vero equivalessero a stupidità.
23 Non amava nessuno, era evidente, e se siprofessava amico di qualcuno, significava che contro di lui stava tramando qualcosa. Di nessun nemico si prendeva
gioco, di tutti i compagni parlava sempre con tono derisorio.
24 Sulle sostanze dei nemici non posava mai gli occhi:riteneva difficile, infatti, potersi impossessare dei beni di chi sta in guardia; gli averi degli amici invece credeva di
essere il solo a sapere che è facilissimo prenderli, perché non custoditi.
25 Chiunque vedesse pronto allo spergiuro eall'immoralità, lo temeva come persona ben armata; cercava di sfruttare quelli onesti e leali, stimandoli privi di virilità.
26
C'è chi si vanta del proprio rispetto per la religiosità, la verità, la giustizia; Menone andava fiero della propriacapacità di ingannare, di forgiar menzogne, di deridere gli amici. Chi non era pronto a tutto lo considerava sempre nel
novero dei non evoluti. E se voleva essere il primo nelle grazie di qualcuno, credeva di poter raggiungere il proprio
scopo sparlando di chi lo precedeva.
27 Quanto al mantenimento della disciplina tra i soldati, si ingegnava di ottenerlopartecipando alle loro malefatte. Esigeva di essere servito e riverito, per dimostrare che, volendo, era capace di
compiere azioni immorali. Quando qualcuno lo lasciava, gli ricordava un grande beneficio: era stato ai suoi ordini e lui
non lo aveva ammazzato.
28 Sulla sua vita privata è possibile dire inesattezze, ma ci sono cose che tutti sanno: poichéera ancora nel fiore degli anni riuscì a ottenere da Aristippo il comando delle truppe straniere, e [ancor giovane] era
intimamente legato ad Arieo, un barbaro, perché a quest'ultimo piacevano i bei ragazzi, e poi lui stesso imberbe aveva
per amante il barbuto Taripa.
29 Quando i suoi colleghi strateghi erano stati uccisi, per essersi uniti a Ciro nellaspedizione contro il re, lui, benché avesse agito nell'identico modo, non fu messo a morte. Dopo l'uccisione degli altri
strateghi, fu punito dal re con la pena capitale, ma non morì decapitato, come Clearco e gli altri - sembra il tipo di morte.20
più rapido - al contrario rimase in vita, si racconta, per un anno; fu trattato orrendamente e poi incontrò una fine da
malfattore.
30
Agia l'arcade e Socrate l'acheo furono uccisi anch'essi. Nessuno ebbe mai modo di deriderli come vili inguerra né di biasimarli per il loro comportamento verso gli amici. Erano entrambi sui trentacinque anni.
LIBRO III
1
1
[Le azioni compiute dai Greci durante la marcia di Ciro verso l'interno fino al momento della battaglia, levicende avvenute dopo la morte di Ciro, la ritirata dei Greci con Tissaferne nel corso della tregua sono esposte nel
racconto precedente.]
2
Una volta catturati gli strateghi e uccisi i locaghi e i soldati che li accompagnavano, i Greci non sapevano chepartito prendere: capivano di essere vicinissimi al re, tutt'intorno accerchiati da molte genti e città ostili, nessuno era
disposto ad aprire loro i mercati, la Grecia distava non meno di diecimila stadi, non avevano una guida che indicasse
loro il cammino; e poi la via verso casa era sbarrata da fiumi non guadabili, anche i barbari al séguito di Ciro nella
spedizione li avevano traditi, erano rimasti soli, senza neppure un cavaliere a dar manforte, per cui, in caso di vittoria,
era palese a tutti che non avrebbero potuto uccidere nemmeno un nemico, ma, se venivano sconfitti, nessuno sarebbe
sopravvissuto.
3 Rivolgendo nella mente tali pensieri, demoralizzati, pochi verso sera toccarono cibo, pochi accesero ilfuoco, molti non rientrarono neppure al campo, quella notte. Ciascuno per dormire si sdraiava dove capitava, ma non
riuscirono a chiudere occhio per il tormento e il rimpianto della patria, dei genitori, delle mogli, dei figli e credevano di
non rivederli mai più. In preda a tali stati d'animo tutti cercavano riposo.
4
C'era nell'esercito un certo Senofonte, ateniese: non era stratego né locago né soldato semplice, ma si eraunito alla spedizione perché Prosseno, suo ospite di vecchia data, lo aveva mandato a chiamare dalla patria dietro
promessa che, se lo avesse raggiunto, gli avrebbe procurato l'amicizia di Ciro, un uomo che - sosteneva - poteva fare per
lui più della sua patria.
5 Senofonte dunque, letta la missiva di Prosseno, si consulta in merito al viaggio con Socratel'ateniese. E Socrate, supponendo che l'amicizia con Ciro potesse venir additata dalla città come una colpa (si pensava
che Ciro avesse sollecitamente appoggiato gli Spartani nella guerra contro Atene), suggerisce a Senofonte di recarsi a
Delfi e di consultare il dio a proposito del viaggio.
6 Senofonte vi si recò e ad Apollo chiese a quale dio dovesserivolger sacrifici e preghiere per percorrere nel modo più sereno e fausto la via che intendeva intraprendere e, conclusa
per il meglio l'impresa, ritornare sano e salvo. Apollo gli indicò espressamente gli dèi a cui doveva tributare i sacrifici.
7
Rientrato in patria, riferì il responso a Socrate, che, non appena lo ebbe udito, lo rimproverò di non aver prima chiestose convenisse partire o restare, ma, avendo già preso da sé la decisione di andare, la sua domanda riguardava solo come
avrebbe potuto rendere più sicura l'impresa. «Ma poiché hai formulato il quesito in tali termini», concluse Socrate,
«bisogna che tu ora compia quanto il dio ti ha prescritto».
8 Senofonte allora sacrificò alle divinità indicate da Apollo esalpò. A Sardi raggiunge Prosseno e Ciro, che erano ormai sul punto di muovere verso l'interno, ed entrò in contatto con
Ciro.
9 Dietro pressione di Prosseno, anche Ciro insistette ripetutamente perché Senofonte restasse: non appenaterminata la campagna di guerra, l'avrebbe rimandato sùbito in patria. E si parlava di una spedizione contro i Pisidi.
10Si unì dunque all'impresa, perché tratto così in inganno, ma non certo per colpa di Prosseno, che non sapeva dell'attacco
al re, come pure nessun altro dei Greci, a eccezione di Clearco. A dire il vero, quando giunsero in Cilicia, sembrava
ormai evidente a tutti che il bersaglio era il re. Atterriti dal viaggio e pur contro voglia, molti comunque seguirono la
spedizione, perché provavano vergogna sia di fronte ai compagni sia di fronte a Ciro. Tra quelli c'era anche Senofonte.
11
In quella situazione senza sbocco soffriva insieme agli altri e non riusciva a chiudere occhio. Poi si assopìper qualche istante ed ebbe un sogno: gli sembrò che durante una tempesta un fulmine si abbattesse sulla casa paterna e
che questa poi, tutta quanta, mandasse bagliori.
12 Sconvolto, sùbito si svegliò: valutava il sogno fausto per alcuniaspetti, perché in una situazione di gravi travagli e pericoli gli era apparsa la grande luce di Zeus; d'altro canto però era
preoccupato, perché il sogno pareva venire da Zeus sovrano e il fuoco sembrava mandare bagliori tutt'attorno, in
cerchio, a indicare che non avrebbe trovato nessuna via d'uscita dal territorio del re, ma da ogni lato sarebbe stato
trattenuto da qualche ostacolo.
13
Qual è il vero significato di un sogno simile, lo si può capire dagli eventi successivi. Ecco che cosa accadde.Appena si ridestò, sùbito lo assalì un pensiero: «Che ci sto a fare qui sdraiato? La notte avanza; allo spuntar del giorno,
probabilmente, piomberanno i nemici. Se cadremo nelle mani del re, che cosa ci salverà da una morte infamante, dopo
aver visto orrori d'ogni genere, dopo aver sofferto tutte le pene più atroci?
14 Nessuno si prepara né si cura di come cidifenderemo: restiamo qui sdraiati quasi che potessimo starcene tranquilli. Da quale città mi attendo che arrivi uno
stratego per guidare le operazioni? Che cosa aspetto per agire, di diventar vecchio? No, non avrò ancora modo di
invecchiare, se oggi mi consegnerò ai nemici».
15
Perciò balza in piedi e chiama sùbito i locaghi di Prosseno. Quando giunsero, disse: «O locaghi, non riescoa prender sonno, come credo neppure voi, e nemmeno a restar ancora sdraiato, quando mi rendo conto in quale
situazione versiamo.
16 I nemici, è chiaro, non ci hanno ancora assaliti solo perché volevano esser sicuri di averpreparato a punto ogni cosa. E noi? Nessuno si occupa di come potremo difenderci nel modo migliore.
17 Quali pene.21pensate che ci attendano, se ci lasceremo andare e cadremo nelle mani del re? Suo fratello, nato dalla stessa madre, già
cadavere, dopo avergli mozzato il capo e la mano, lo ha impalato. E noi, che non abbiamo nessun difensore e ci siamo
mossi contro di lui per renderlo schiavo da re che era e ammazzarlo, se ci riusciva? Cosa credete che patiremo?
18 Nonpensate che sarebbe capace di tutto pur di torturarci a morte e ingenerare terrore in chiunque, in futuro, voglia marciare
contro di lui? Dobbiamo provarle tutte pur di non cadere in mano sua.
19 Tra l'altro, da quando è in vigore la tregua,non ho smesso un attimo di commiserare la nostra sorte: beati il re e i suoi sudditi pensavo, osservando le loro terre così
estese e fertili, l'abbondanza di viveri, schiavi, armenti, oro, vesti.
20 Per contro, talvolta la mente mi correva a noisoldati, che non potevamo godere di nessuno di questi beni, se non a pagamento - e sapevo che pochi ormai avevano
denaro per comprarli - tanto più che i giuramenti ci vincolavano a procurarci i viveri solo col denaro. E quando
ragionavo così, certe volte mi spaventava di più la tregua che la guerra.
21 Adesso i nemici hanno violato i patti, percui, ritengo, svaniscono tanto le loro insolenze quanto i nostri sospetti. Quei beni stanno ora nel mezzo quale premio per
chi, tra i due contendenti, risulterà vincitore: giudici della gara sono gli dèi, che saranno al nostro fianco, è naturale.
22Loro infatti hanno spergiurato, mentre noi, pur avendo davanti agli occhi tanti beni, per i giuramenti fatti di fronte agli
dèi, ce ne siamo tenuti rigorosamente lontani. Credo dunque che sia lecito presentarsi alla gara con il morale molto più
alto del loro.
23 Abbiamo inoltre corpi più resistenti dei loro, al freddo, al caldo, alle fatiche. Abbiamo anche unospirito più risoluto, grazie agli dèi. Loro più di noi sono soggetti alle ferite e alla morte, se gli dèi come in passato ci
concederanno la vittoria.
24 Ma forse non sono il solo a pensarla così. In nome degli dèi, non aspettiamo che siano altria venire da noi, a esortarci alle imprese più alte; al contrario cerchiamo di essere noi i primi a trascinare loro sulla strada
del valore. Dimostratevi i migliori tra i locaghi, degni del comando ancor più degli strateghi stessi.
25 Per parte mia, seavete intenzione di spingervi su questa strada, sono pronto a seguirvi; se invece mi incaricate di condurvi, non
accamperò il pretesto della mia giovane età: credo di aver forze sufficienti per stornare da me i mali».
26
Queste le sue parole. I capi, appena lo udirono, lo invitarono a guidarli, tutti tranne Apollonide, un tale cheparlava con un accento beotico. Disse che la sola via di scampo era obbedire al re, e chissà se era ancora praticabile:
chiunque affermasse il contrario faceva solo chiacchiere. E sùbito cominciò a enumerare gli ostacoli.
27 AlloraSenofonte lo interruppe: «Sei proprio un bel tipo! Vedi e non capisci, senti e non ricordi. Eppure eri qui con noi quando,
dopo la morte di Ciro, il re, pieno di boria, ha inviato i messi e ci ha intimato di consegnare le armi.
28 Non le abbiamocedute, anzi le abbiamo impugnate, ci siamo mossi e abbiamo posto le tende vicino al suo campo. E lui che ha fatto?
Non ha forse inviato emissari, chiesto tregua e offerto rifornimenti, finché non ha raggiunto un accordo?
29 Quandoinvece gli strateghi e i locaghi, come tu ora consigli, senz'armi e fidando nella tregua, hanno intavolato discorsi coi
nemici, non sono stati colpiti, tormentati, coperti di infamia? Quegli sventurati non hanno potuto neppure cercar rifugio
nella morte - e credo che a quel punto non desiderassero altro. Son tutte cose che sai, eppure se uno di noi chiama alla
difesa, lo tacci di parlare a vanvera. E tu? Non sai far altro che consigliare ancora di obbedire al re e di recarci da lui?
30Propongo, o soldati, di non ammettere più alle nostre assemblee quest'uomo, di degradarlo dalla carica di locago, di
metterlo ai bagagli e di usarlo come portatore. Disonora la patria e tutta la Grecia, perché, anche se greco, è un
vigliacco».
31 Intervenne allora Agasia di Stinfalo: «Ma quest'individuo non ha a che fare né con la Beozia né tantomeno con la Grecia! Ho visto che ha entrambi i lobi degli orecchi forati, come i Lidi». Ed era vero.
32 Dunque locacciarono via.
Gli altri passarono per i reparti: dove lo stratego era salvo, convocavano lo stratego; se aveva perso la vita,
parlavano con il vicecomandante; dove infine era superstite il locago, chiamavano quello.
33 Quanto si riunirono tutti,si sedettero davanti all'accampamento. Gli strateghi e i locaghi convenuti erano un centinaio. Era quasi mezzanotte.
34Allora Ieronimo dell'Elide, il più anziano tra i locaghi di Prosseno, cominciò a parlare: «Strateghi e locaghi, abbiamo
analizzato la situazione e deciso di riunirci e chiamarvi, per prendere un provvedimento, buono possibilmente. Ripeti
anche qui», disse, «o Senofonte, quello che hai detto a noi».
35
Prende la parola Senofonte: «Insomma, sono cose note a tutti: il re e Tissaferne hanno arrestato quanti deinostri sono riusciti a catturare, ma contro gli altri, non c'è dubbio, tramano insidie per massacrarli, se possono. A noi,
credo, non resta che far di tutto per non cadere nelle mani dei barbari, anzi per far cadere loro nelle nostre.
36Sappiatelo bene: a ognuno di voi si offre una grande occasione. Tutti i soldati hanno gli occhi puntati su di voi: se vi
vedono demoralizzati, saranno tutti dei vigliacchi; se invece voi stessi vi mostrerete determinati contro il nemico e
inciterete gli altri, vi seguiranno - siatene certi - e cercheranno di imitarvi.
37 Forse è anche giusto che in qualcosa vidistinguiate da loro. Siete strateghi, siete tassiarchi e locaghi. In tempo di pace li superate in ricchezze e onori. Ma
adesso siamo in guerra e spetta a voi dimostrarvi migliori della truppa, preoccuparvi per lei e sobbarcarvi alle fatiche, se
necessario.
38 Innanzitutto penso che renderete un grande servizio all'esercito, se vi premurerete di nominare quantoprima strateghi e locaghi al posto di quelli deceduti. Senza capi non si può combinare nulla di buono in nessun settore,
per dirla in breve, tanto meno in campo militare. La disciplina, si sa, è fonte di salvezza, l'insubordinazione ha già
causato la rovina di molti.
39 Quando poi avrete nominato i comandanti che servono, se raccoglierete anche gli altrisoldati e li rinfrancherete, sarà - penso - proprio un gesto adatto alle circostanze.
40 Ora, forse, vi siete accorti anchevoi con quale animo siano andati a depositare le armi, con quale animo si dirigano ai posti di guardia. Se le cose stanno
così, non so a che ci possano servire, in caso di un attacco di notte o anche di giorno.
41 Ma basterà riuscire a mutare iloro pensieri - che non abbiano più fisse nella mente solo le sciagure incombenti ma anche le gesta di valore che li
attendono - e saranno molto più risoluti.
42 Sapete che non c'è numero di soldati né forza capace di garantire le vittoriein guerra, ma solo chi con l'aiuto degli dèi si lancia contro i nemici deciso nell'animo, nella maggior parte dei casi riesce
a travolgere gli avversari.
43 Dal canto mio, o uomini, ho considerato un fatto: chi in guerra cerca di salvar la pelle a.22ogni costo, il più delle volte va incontro a una morte da codardo, a una morte infame; chi invece ha capito che la morte
è comune a tutti e ineluttabile per l'uomo e lotta per trovare una bella morte, vedo che in un modo o nell'altro raggiunge
la vecchiaia e, finché rimane in vita, conduce un'esistenza più felice.
44 Bisogna intendere appieno la forza di questaverità e adesso, nell'ora più grave, dobbiamo essere valorosi e trascinare gli altri».
45 Detto ciò, tacque.Quindi Chirisofo prese la parola: «Prima, Senofonte, ti conoscevo solo per quanto avevo sentito dire, e cioè
che eri ateniese. Adesso so di più: posso anche lodare le tue parole e il tuo comportamento. Vorrei che ce ne fossero
tanti come te: sarebbe un bene per tutti.
46 Ma ora», proseguì, «non perdiamo tempo, uomini, andate ormai e i repartiche ne hanno necessità eleggano i comandanti. Dopo di che, ritornate al centro dell'accampamento a portare i prescelti.
Poi convocheremo il resto della truppa. Sia presente», disse, «anche Tolmide l'araldo».
47 Appena ebbe terminato ildiscorso, si alzò perché si rompessero gli indugi e si approntasse il necessario. Quindi vennero eletti i capi: al posto di
Clearco, Timasione di Dardano; al posto di Socrate, Santicle l'acheo; invece di Agia, Cleanore l'arcade; al posto di
Menone, Filesio l'acheo; invece di Prosseno, Senofonte l'ateniese.
2
1
Quando era terminata l'elezione, il sole cominciava a mostrarsi e i comandanti si erano raccolti al centrodell'accampamento. Decisero di dislocare avamposti e di convocare i soldati. Una volta che anche il resto della truppa
fu radunato, si alzò per primo Chirisofo lo spartano e parlò così:
2 «Soldati, l'ora è grave, da quando ci sono venuti amancare strateghi tanto valorosi, locaghi, soldati. Come se non bastasse, Arieo e i suoi, prima nostri alleati, ci hanno
traditi.
3 Tuttavia dobbiamo mostrarci uomini valorosi, come il momento richiede, non bisogna cedere, ma cercare unavittoria gloriosa e la salvezza, se ci riusciamo. In caso contrario, andiamo almeno incontro a una bella morte; mai e poi
mai però dobbiamo cader vivi nelle mani del nemico. Ci aspetterebbero senza dubbio le sofferenze che gli dèi,
speriamo, vorranno riservare ai nostri avversari».
4 Dopo di lui si alzò Cleanore di Orcomeno e disse: «Considerate, ouomini, lo spergiuro e l'empietà del re, considerate la malafede di Tissaferne: diceva che, essendo un vicino della
Grecia, ci teneva moltissimo a salvarci; anzi lo ha giurato, ha porto la destra. E poi? Ci ha ingannati, ha arrestato gli
strateghi, non ha avuto rispetto neppure per Zeus protettore degli ospiti, senza poi contare che era commensale di
Clearco: si è servito di tutti quei discorsi, ripeto, per ingannarli e ucciderli.
5 E Arieo, che noi volevamo portare altrono? Ci siamo scambiati pegni di reciproca fedeltà, promettendo di non tradirci, ma lui non ha avuto né paura degli
dèi né rispetto per la memoria di Ciro, eppure tanto lo teneva in onore Ciro, quando era in vita! Ora è passato con i suoi
acerrimi nemici e cerca di nuocere a noi, gli amici di Ciro.
6 Ma ci pensino gli dèi a castigarli. Adesso dobbiamo solostare in guardia per non cader mai più nelle loro trappole; combattiamo con tutte le nostre forze e accettiamo il volere
divino».
7
Quindi si alza Senofonte, che indossava la sua migliore uniforme da battaglia: era convinto che, se gli dèiconcedevano vittoria, al successo si addiceva la divisa migliore; ma se si doveva morire, era giusto impugnare le armi
più belle e con esse andare incontro alla fine. Cominciò così il suo discorso:
8 «Lo spergiuro dei barbari e la loro slealtàli ha menzionati Cleanore, ma son cose note anche a voi, penso. Se ora vogliamo per la seconda volta riconciliarci
amichevolmente con loro, è inevitabile che si cada in pieno sconforto, vista la sorte toccata agli strateghi, che con
fiducia si erano messi nelle loro mani. Se al contrario intendiamo, armi in pugno, fargliela pagare e per il futuro muover
loro guerra senza quartiere, con l'aiuto degli dèi abbiamo molte belle speranze di salvezza».
9
Mentre stava ancora parlando, uno starnutì: allora tutti i soldati, con uno slancio all'unisono, si prosternaronoad adorare il dio. Senofonte aggiunse: «O uomini, mentre parlavamo di salvezza ci è apparso un segno di Zeus
salvatore, perciò mi sembra giusto promettere in voto al dio solenni sacrifici non appena giungeremo a un territorio
amico per ringraziarlo della salvezza e anche di offrire vittime agli altri dèi secondo i nostri mezzi. Chi è d'accordo»,
disse, «alzi la mano». La alzarono tutti. Quindi formularono il voto e intonarono il peana. Compiuto convenientemente
il rito, Senofonte riprese la parola:
10
«Stavo dicendo che abbiamo molte belle speranze di salvezza. Primo, confermiamo i giuramenti divini, sucui i nemici hanno spergiurato violando la tregua contro la parola data. Stando così le cose, è ovvio che gli dèi siano
avversi ai nostri nemici e si schierino al nostro fianco. E gli dèi hanno la facoltà di rendere, in un attimo, debole chi è
potente e di salvare senza fatica i deboli anche nei momenti più terribili, se così decidono.
11 Intendo poi ricordarvi ipericoli affrontati dai nostri avi, perché sappiate che avete l'obbligo morale di essere forti, e con l'aiuto degli dèi i forti si
salvano anche nelle situazioni più tremende. Quando i Persiani e i loro alleati - una schiera sterminata - marciarono
contro Atene per cancellarla dalla faccia della terra, gli Ateniesi hanno osato affrontarli e li hanno vinti.
12 Avevanofatto voto ad Artemide di sacrificare tante capre quanti fossero i nemici uccisi, ma non poterono trovarne a sufficienza,
per cui decisero di sacrificarne cinquecento all'anno, e il sacrificio si celebra ancora ai nostri giorni.
13 E non basta:quando Serse, in séguito, radunò un esercito sterminato e mosse contro la Grecia, i nostri avi anche in quell'occasione
hanno battuto, per terra e per mare, gli avi dei nostri avversari di oggi. Ne sono prova tangibile i trofei che avete visto,
ma la testimonianza più alta è la libertà delle città dove siete nati e cresciuti. Nessun uomo è per voi un sovrano, solo di
fronte agli dèi vi inchinate. Di gente così nobile voi siete la stirpe.
14
Non voglio certo intendere che li disonoriate; anzi, non sono passati molti giorni da quando, schieratidinnanzi ai discendenti dei loro nemici, li avete sconfitti - e dire che erano ben più numerosi - grazie all'aiuto degli dèi.
15
Prima vi battevate per il trono di Ciro, ma adesso la posta in palio è la vostra salvezza e senza ombra di dubbio.23dovete essere molto più forti e arditi.
16 È il momento di mostrare ancor più determinazione davanti ai nemici. Primanon li avevate mai incontrati e vedevate il loro numero smisurato, eppure avete trovato lo stesso il coraggio di marciare
contro di loro con la fierezza dei vostri padri. Ora avete avuto la prova che, per quanti siano, non hanno la forza di
reggere ai vostri assalti. Perché dunque dovete aver ancora timore di loro?
17
Non ritenete un danno la defezione degli uomini di Arieo, prima schierati al nostro fianco. Erano ancor piùcodardi degli avversari che abbiamo sconfitto. Ecco perché sono fuggiti passando agli altri e ci hanno abbandonato. Ma
chi è pronto a dar il via alla fuga, è molto meglio vederlo schierato col nemico che tra le nostre linee.
18 Se qualcuno divoi è sfiduciato perché non abbiamo cavalieri, mentre i nemici ne hanno molti, ragionate: diecimila cavalieri non sono
altro che diecimila uomini. In battaglia non è mai morto nessuno per il morso o il calcio di un cavallo. Sono gli uomini
gli artefici degli eventi in battaglia.
19 Non abbiamo forse una base molto più stabile rispetto ai cavalieri? Lororimangono come sospesi sui cavalli e hanno paura non solo di noi, ma anche di cadere. Noi invece, ben saldi sul terreno,
vibriamo colpi molto più violenti se qualcuno si avvicina, con maggior precisione miriamo a chi vogliamo. Solo per un
aspetto i cavalieri sono avvantaggiati: la loro fuga è più sicura della nostra.
20
Se affrontate intrepidi le battaglie, ma vi assilla l'idea che Tissaferne non ci farà più da guida e che il re nonci aprirà i mercati, considerate se, come guida, sia meglio Tissaferne, l'uomo che ci ha chiaramente traditi, oppure
persone da noi scelte e incaricate, che sapranno cosa li aspetta: alla prima mancanza, l'errore si ritorcerà contro le loro
vite e i loro corpi.
21 Quanto ai viveri, è meglio comprarli alle condizioni di mercato che stabilivano i barbari (misurescarse e prezzi salati - e soldi non ne abbiamo più) oppure farne razzia, se abbiamo la meglio, usando ciascuno la misura
che gli va?
22
Poniamo che siate convinti che questi punti siano a nostro vantaggio, ma che valutiate insormontabili ifiumi e consideriate un grave errore averli attraversati. Valutate piuttosto se non siano stati i barbari ad agire con follia
totale. Tutti i fiumi a valle non li puoi varcare, ma alla sorgente diventano transitabili, senza neppure bagnarsi le
ginocchia.
23
Se poi i fiumi non ci permetteranno il passaggio e non troveremo nessuna guida, anche in tal caso nondovremo abbatterci. I Misi, che non potremmo certo definire più forti di noi, sappiamo che abitano molte prospere città
nelle terre del re contro la sua volontà. Sappiamo che anche i Pisidi fanno la stessa cosa. E i Licaoni? Anch'essi, non è
per noi una novità, occupate le zone fortificate in pianura, godono i frutti delle terre dei Persiani.
24 Anche noi, direi,dobbiamo dar l'impressione non più di dirigerci in patria, ma che ci disponiamo a stanziarci nella regione. Anche ai
Misi, ne sono certo, il re darebbe molte guide, molti ostaggi come garanzia di una ritirata sicura, anzi costruirebbe una
strada, se volessero andar via in quadriga. Anche con noi, ne son sicuro, lo farebbe, tre volte felice, se vedesse che ci
disponiamo a rimanere.
25 Ma, non appena ci saremo abituati alla vita comoda e a nuotare nell'abbondanza, ad andarecon le donne e le ragazze dei Medi e dei Persiani, belle e floride come sono, ho paura che dimenticheremo la via di
casa, come i Lotofagi.
26 Mi sembra naturale e giusto cercare, prima di tutto, di ritornare in Grecia dai nostri cari edimostrare ai Greci che sono loro a volere la povertà: potrebbero vedere che, chi adesso [in patria] campa di stenti, se si
trasferisse qui, avrebbe modo di diventare ricco.
Insomma, uomini, tutti i beni di cui ho parlato spettano senza dubbio a chi vince. Devo piuttosto spiegarvi
quale assetto di marcia bisogna tenere per la massima sicurezza negli spostamenti e, in caso di battaglia, quale
formazione conviene assumere per garantirci la massima forza d'urto.
27 Primo», disse, «sono dell'avviso di dar fuocoai carri che abbiamo: così non saranno i nostri animali da tiro a vincolare la marcia, ma potremo dirigerci dove fa
comodo all'esercito. Bisogna poi bruciare anche le tende. Non fanno che darci impiccio e non ci servono né per
combattere né per procurarci vettovaglie.
28 Lasciamo anche gli altri bagagli superflui, escluso il necessario percombattere, mangiare o bere. Dobbiamo aumentare al massimo il numero degli uomini in armi e diminuire il più
possibile i portabagagli. Se ci toccherà soccombere, tutto è perduto, sappiatelo. Se invece prevarremo, non ci resterà che
usare i nemici come portatori.
29
Mi resta da trattare un punto che giudico il più importante. Vedete che i nostri avversari non hanno avuto ilcoraggio di riaprire le ostilità prima di aver catturato i nostri strateghi. Finché avevamo i comandanti e obbedivamo
loro, erano convinti che noi avessimo forza sufficiente per prevalere nel conflitto; ma dopo che hanno catturato i nostri
capi, hanno cominciato a pensare che, nell'anarchia e nella confusione, ci avrebbero distrutti.
30 Perciò bisogna che icomandanti ora in carica siano molto più zelanti dei precedenti e che i subordinati mostrino molta più disciplina e
obbedienza che in passato.
31 E se qualche soldato non rispetta gli ordini, dovete votare una norma: chi di volta involta assiste all'accaduto, deve aiutare il comandante a punire il colpevole. Così i nemici rimarranno completamente
delusi: di Clearco oggi non ne vedranno uno, ma diecimila, che non permetteranno a nessuno di essere vile.
32 Su, èvenuto il momento di concludere il discorso. I nemici potrebbero essere qui a momenti. Chi è d'accordo sulle mie
proposte, le ratifichi al più presto, per renderle operative. Chi ha un'idea migliore, la dica, coraggio, anche se è un
soldato semplice: tutti abbiamo bisogno della salvezza comune».
33
Quindi Chirisofo disse: «Se qualcuno vuole aggiungere qualche parola al discorso di Senofonte, lo può fareanche in un secondo tempo. Mi pare però il caso di mettere ai voti al più presto le proposte ora avanzate. Chi è a favore,
alzi la mano». L'alzarono tutti.
34
Si levò di nuovo Senofonte: «Uomini, ascoltate che cos'altro mi è venuto in mente. Dobbiamo dirigerci, èchiaro, dove troveremo dei viveri. Ho sentito dire che ci sono ricchi villaggi a non più di venti stadi da qui.
35 Nessunameraviglia, dunque, se i nemici si dovessero mettere sui nostri passi dopo la partenza - come i cani codardi, che
inseguono chi passa e lo mordono, se riescono, ma se sono inseguiti fuggono.
36 Forse l'assetto di marcia più sicuro sta.24nel formare un quadrato con gli opliti, per proteggere al massimo i bagagli e il grosso dell'esercito. E se già da ora
venisse stabilito chi deve guidar la testa del quadrato, chi custodire i fianchi, chi formare la retroguardia, non ci
troveremmo poi costretti a prender le decisioni al momento dell'attacco nemico, ma potremmo sùbito attestarci nelle
posizioni assegnate.
37 Se qualcuno ha un piano migliore, parli: decideremo altrimenti. Se no, Chirisofo, che èspartano, prenda la testa. Dei fianchi si preoccupino i due strateghi più anziani. Alla retroguardia penseremo io e
Timasione, i due più giovani. Così per il momento.
38 In futuro metteremo alla prova lo schieramento e decideremoche cosa ci sembrerà meglio caso per caso. Qualcuno, ripeto, ha un piano migliore? Lo dica». Nessuno ribatté, per cui
Senofonte riprese: «Chi è d'accordo, alzi la mano». La proposta fu approvata.
39 «Adesso però», disse, «scioltal'assemblea, dobbiamo mettere in pratica le decisioni assunte. Chi di voi vuole rivedere i propri congiunti, si ricordi di
essere valoroso: non c'è altra soluzione. Chi vuol salvare la pelle, cerchi di vincere: i vincitori possono uccidere, i vinti
solo morire. Chi poi vuole ricchezze, cerchi di prevalere: ai vincitori spetta di salvare i propri beni e di strappare quelli
degli avversari».
3
1
Al termine di tali discorsi, si alzarono e si allontanarono. Diedero alle fiamme i carri e le tende. Quanto aglioggetti superflui, se servivano a qualcuno, li barattavano, gettando il resto nel fuoco. Dopo di che, pranzarono. Durante
il pranzo giunge Mitradate con una trentina di cavalieri, e fatti venire gli strateghi là dove potevano udirlo, dice:
2«Greci, prima, come sapete, ero fedele a Ciro e adesso parteggio per voi. Sono qui perché ho addosso una gran paura.
Se vedessi che avete un piano che lasci speranze di salvezza, mi unirei a voi con tutto il mio séguito. Ditemi che cosa
avete in mente: sono un amico, benevolo e intenzionato ad aggregarsi a voi per il viaggio».
3 Gli strateghi siconsultarono e decisero di rispondere così, per bocca di Chirisofo: «Abbiamo stabilito di attraversare la regione facendo
il minor danno possibile, se ci consentono di ritornare a casa; se invece ci sbarrano la strada, combatteremo fino in
fondo, con tutte le nostre forze».
4 Rispondendo, Mitradate si sforzava di illustrare che, contro il volere del re, ogni viaverso la salvezza era impraticabile. Dalle sue parole si capì che lo avevano mandato apposta. Tant'è vero che un parente
di Tissaferne era al suo séguito, per saggiarne la fedeltà.
5 Perciò gli strateghi valutarono che la soluzione migliore,finché si rimaneva in territorio ostile, era la guerra, senza neppure accogliere gli araldi, che si avvicinavano ai soldati e
cercavano di corromperli. E con un locago almeno, Nicarco l'arcade, riuscirono nell'intento: abbandonò il campo di
notte con una ventina d'uomini.
6
Quindi terminarono il pranzo e varcarono il fiume Zapata, proseguendo la marcia incolonnati, tenendo alcentro gli animali da soma e il grosso dell'esercito. Non avevano percorso molta strada, quando ricomparve Mitradate,
con circa duecento cavalieri e più o meno quattrocento tra arcieri e frombolieri, estremamente agili e spediti.
7 Siavvicinò ai Greci con fare amichevole, ma non appena furono a tiro, all'improvviso i suoi, sia i cavalieri sia i fanti,
cominciarono chi a saettare, chi a scagliar proiettili, ferendone molti. La retroguardia greca si trovò a mal partito e non
poté reagire. I Cretesi coi loro archi, infatti, avevano una gittata inferiore ai Persiani e per giunta, privi com'erano di
corazze, dovevano rimaner serrati all'interno degli opliti. I lanciatori di giavellotto, dal canto loro, non avevano una
gittata sufficiente per colpire i frombolieri avversari.
8 Di conseguenza Senofonte ebbe l'idea di sferrare un attacco. Gliopliti e i peltasti che erano con lui nella retroguardia si lanciarono all'assalto: nell'incursione non catturarono alcun
nemico.
9 Del resto i Greci non disponevano di cavalieri; e, quanto ai fanti, non potevano raggiungere i fanti nemici inun tratto breve, dato che questi fuggivano quando ancora la distanza era notevole, e non era possibile protrarre
l'inseguimento allontanandosi dal resto dell'esercito.
10 I cavalieri barbari, pur in fuga, subissavano i nostri di colpi: sivoltavano e scagliavano dardi dai cavalli. E lo spazio che coprivano nell'avanzata, i Greci dovevano poi ripercorrerlo in
ripiegamento, ma combattendo.
11 Insomma nell'intero arco della giornata non avanzarono per più di venticinque stadi.A sera comunque raggiunsero dei villaggi.
Qui si diffuse nuovamente un profondo sconforto. Chirisofo e gli strateghi più anziani incolparono Senofonte
di aver lanciato l'attacco rompendo la falange: aveva corso gravi rischi e non era riuscito a infliggere perdite al nemico.
12
Senofonte ascoltò le critiche e ammise che erano fondate, del resto i fatti parlavano da sé. «Eppure», disse, «nonpotevo che muovere all'assalto, perché avevo visto che si metteva male, se rimanevamo fermi: non riuscivamo neppure
a rispondere ai colpi.
13 Per quanto riguarda le fasi successive, allora sì», aggiunse, «avete ragione. Non siamo riuscitia mettere in difficoltà gli avversari e la ritirata è stata durissima.
14 Ringraziamo gli dèi che i nemici non ci abbianoattaccati in forze, ma solo con pochi uomini: così, senza nuocerci molto, ci hanno mostrato i nostri punti deboli.
15 Oragli avversari ci bersagliano di frecce e proiettili da una distanza che né i Cretesi né i lanciatori di giavellotto riescono a
coprire. In caso di nostro attacco, non possiamo protrarre per lungo spazio l'inseguimento, per non allontanarci
dall'esercito; in tratti brevi, neppure se si è veloci è possibile arrivare al corpo a corpo con chi si tiene a un tiro d'arco.
16
Se dunque contiamo di tenerli a distanza, in modo che non possano procurarci fastidi durante la marcia, ciservono al più presto frombolieri e cavalleria. Mi è giunta voce che nel nostro esercito ci sono dei Rodi, che per la
maggior parte - dicono - sanno maneggiare le fionde e riescono a lanciare a una distanza doppia rispetto alle fionde
persiane.
17 Quest'ultime, caricate con pietre della grossezza di un pugno, hanno una gittata breve. I Rodi invece sannoimpiegare anche proiettili di piombo.
18 Basterebbe conoscere chi ha una fionda e, in cambio, dargli del denaro, comepure a chi fosse disposto a costruirne altre; oppure escogitare una qualche esenzione per chi volesse servire tra le nostre
file come fromboliere: così forse potremmo trovare gente in grado di aiutarci.
19 E vedo dei cavalli nell'esercito, alcuni.25miei, altri rimasti dalla scuderia di Clearco e molti ancora, presi al nemico e adibiti per il trasporto dei bagagli. Se
operassimo una scelta, caricassimo i bagagli su altri animali e li equipaggiassimo per poter tenere in sella dei cavalieri,
non escludo che possano, bene o male, rendere dura la vita al nemico in fuga». Anche questa proposta venne approvata.
20
Nella notte allestirono un corpo di circa duecento frombolieri, il giorno successivo furono esaminati e scelti unacinquantina di cavalli e cavalieri. Vennero dotati di giubbe di pelle e di corazze. Ipparco fu nominato l'ateniese Licio,
figlio di Polistrato.
4
1
Quel giorno rimasero fermi. Il giorno dopo si alzarono prima del solito e ripresero la marcia: dovevano infattisuperare un greto e temevano di subire un attacco nemico durante il passaggio.
2 Quando ormai l'hanno oltrepassato,ricompare Mitradate con mille cavalieri e all'incirca quattromila tra arcieri e frombolieri: tanti ne aveva chiesti a
Tissaferne - e ne prese poi il comando - dopo aver promesso che, se glieli avesse concessi, avrebbe piegato i Greci ai
suoi piedi: li guardava con disprezzo perché nello scontro precedente, pur disponendo di pochi effettivi, non aveva
riportato nessun danno, mentre era convinto di averne procurati molti agli avversari.
3 I Greci avevano già percorsocirca otto stadi dal momento in cui avevano lasciato alle proprie spalle il greto, quando anche Mitradate lo superò
insieme al suo contingente. Era stato dato l'ordine di attacco ai peltasti e agli opliti designati ed era stata data
disposizione ai cavalieri di lanciare la carica senza la minima esitazione, perché forze adeguate li avrebbero coperti alle
spalle.
4 Quando Mitradate era vicino e ormai raggiungibile dai proiettili e dalle frecce, squillò la tromba, segnale per iGreci: sùbito chi aveva ricevuto l'ordine si precipitò in avanti e i cavalieri caricarono. I nemici non ressero e si volsero
in fuga verso il greto.
5 Nell'incursione i barbari persero molti fanti; quanto ai cavalieri, sul greto ne furono catturativivi circa diciotto. I soldati greci, di loro iniziativa, mutilarono in modo orrendo i cadaveri nella speranza che tale vista
incutesse al nemico grande paura.
6
Gli avversari, in rotta, si allontanarono. I Greci invece proseguirono indisturbati la marcia per il resto delgiorno fino al fiume Tigri.
7 Qui sorgeva, abbandonata, una grande città di nome Larissa. Anticamente la abitavano iMedi. Lo spessore delle mura era venticinque piedi, l'altezza cento, il perimetro due parasanghe. Era stata costruita con
mattoni d'argilla. La base delle mura era di pietra: altezza venti piedi.
8 Il re dei Persiani, all'epoca in cui questi ultimicercavano di strappare ai Medi la supremazia, aveva stretto d'assedio la città, ma non c'era stato verso di espugnarla. Poi
una nube oscurò il sole e lo fece sparire finché gli abitanti non abbandonarono la città: così cadde.
9 Nei pressi sorgeuna piramide di pietra, larghezza un pletro, altezza due. Su di essa molti barbari venuti dai villaggi vicini avevano
cercato scampo.
10
Quindi percorsero una tappa di sei parasanghe fino a una muraglia abbandonata, enorme, nelle vicinanze diuna città di nome Mespila, anticamente abitata dai Medi. La base, larga cinquanta piedi e alta cinquanta, era di pietra
levigata con inglobate conchiglie fossili.
11 Sopra avevano alzato un muro di mattoni, cinquanta piedi di larghezza percento di altezza, con un perimetro di sei parasanghe. Qui andò a rifugiarsi - si racconta - Media, moglie del re, al tempo
in cui i Medi persero la supremazia ad opera dei Persiani.
12 Il re persiano assediò la città, ma non riuscì a prenderla nécon un lungo assedio né con furiosi assalti. Poi Zeus con il tuono atterrì gli abitanti e così la città cadde.
13
Da qui percorsero quattro parasanghe in una tappa, nel corso della quale apparve Tissaferne. Aveva con sé isuoi cavalieri, le forze di Oronta - il marito della figlia del re - nonché i barbari che avevano seguito la spedizione di
Ciro verso l'interno e le truppe che il fratello del re portava in appoggio al sovrano; inoltre guidava anche un
contingente fornitogli dal re, per cui l'esercito appariva davvero sterminato.
14 Quando fu vicino, schierò parte delletruppe nelle retrovie, parte ne condusse lungo i fianchi, ma non osò un attacco né volle rischiare. Si limitò a trasmettere
l'ordine di scagliare proiettili e dardi.
15 Quando però i Rodi, disposti su file, cominciarono a scagliare a loro voltaproiettili e gli arcieri [sciti] dardi, senza fallire mai il bersaglio - non era facile mancare il colpo, neanche a farlo apposta
- allora Tissaferne in tutta fretta si portò fuori tiro, seguito da tutte le sue formazioni.
16
Per il resto della giornata i Greci continuarono a marciare, gli altri a seguirli. Ma ormai i barbari, con i lorolanci a lunga distanza, non arrecavano più danni: i Rodi, con le loro fionde, disponevano di una gittata maggiore rispetto
agli arcieri persiani.
17 Gli archi persiani sono grandi, per cui le frecce raccolte risultavano preziose per i Cretesi, checontinuavano a usare i dardi nemici e si esercitavano a scagliarli lontano, mirando in alto. Nei villaggi vennero trovate
anche molte corde di nervo e del piombo, preziosi per i lanci.
18 Quel giorno, quando i Greci si erano accampati neivillaggi che avevano trovato, i barbari si allontanarono, perché avevano la peggio nello scambio di colpi a distanza.
L'indomani i Greci rimasero sul posto in cerca di vettovaglie: c'era molto cibo nei villaggi. Il giorno dopo si misero in
marcia attraverso la pianura, con alle spalle Tissaferne, che insisteva con i lanci da lontano.
19
Nella circostanza i Greci ebbero modo di capire che il quadrato è uno schieramento deleterio, quando ilnemico incalza. Se infatti i fianchi del quadrato convergono, vuoi per una strozzatura della via o per un impedimento
costituito da una catena montuosa o per un ponte, gli opliti sono costretti a serrare le file e a marciare a fatica, ora
pressati, ora in disordine. Insomma, è difficile utilizzare uomini che non tengano il posto assegnato.
20 Nel caso in cuile ali debbano dispiegarsi, chi prima era serrato tra le file finisce inevitabilmente per allargare le maglie dello
schieramento, il centro rimane vuoto e in tale situazione i soldati si perdono d'animo, quando i nemici tengono dietro. E
ogni volta che ci sia bisogno di attraversare un ponte o un altro passaggio obbligato, tutti corrono, vogliono passare per
primi: così offrono ai nemici una buona occasione per attaccare.
21 Quando gli strateghi capirono come stavano le.26cose, formarono sei lochi di cento uomini e assegnarono locaghi, pentecosteri ed enomotarchi. Questi locaghi quando,
durante la marcia, facevano convergere le ali, per non intralciarle restavano in coda e allora sfilavano all'esterno delle
ali stesse.
22 Ogni volta che invece i fianchi del quadrato si allargavano, riempivano il centro, suddivisi per lochi sel'intervallo era piuttosto breve, per pentecosti se era un po' più grande, per enomotie se assumeva proporzioni notevoli:
così il centro era di volta in volta al completo.
23 C'era necessità di superare un passaggio obbligato o un ponte? Nonsubivano sbandamenti e i locaghi procedevano a turno. C'era bisogno di formare la falange? Scorrevano lungo i fianchi
e prendevano la testa. Con tale assetto di marcia percorsero quattro tappe.
24
Il quinto giorno, mentre erano in cammino, avvistarono una reggia e, nei pressi, molti villaggi. La strada chelì conduceva passava attraverso alti colli, digradanti dal monte ai cui piedi sorgeva il villaggio. Nel vedere i colli i Greci
gioirono, naturalmente, inseguiti com'erano dalla cavalleria nemica.
25 Proseguendo la marcia, salirono dalla pianurasul primo colle e poi discesero, per salire sul secondo. Qui sopraggiunsero i barbari, che dall'alto presero a lanciare
verso il pendio un nugolo di colpi, proiettili, frecce, incitando a colpi di sferza i tiratori.
26 Ferirono molti ed ebbero lameglio sui gimneti greci, costringendoli a rinserrarsi all'interno degli opliti: per tutta la giornata anche i frombolieri e gli
arcieri risultarono del tutto inservibili, rimanendo intricati nel grosso dell'esercito.
27 Ma quando i Greci, nella morsanemica, tentarono un contrattacco, giunsero sulla cima a stento, gravati com'erano di armi, mentre i nemici balzarono
giù rapidamente.
28 E ancora, quando ripiegavano verso il resto dell'esercito, andavano incontro allo stessoinconveniente. L'identica manovra si ripeté sul secondo colle, per cui a partire dal terzo decisero di non muovere i
soldati prima che dal fianco destro del quadrato non avessero distaccato un gruppo di peltasti in direzione del monte.
29Quando i peltasti si trovarono al di sopra dei nemici che incalzavano, questi ultimi non assalirono più i Greci in discesa,
per timore di rimaner tagliati fuori e accerchiati.
30 Procedettero così per il resto della giornata, gli uni lungo la stradasui colli, gli altri parallelamente sul monte, finché giunsero ai villaggi. Predisposero otto medici, tanti erano i feriti.
31
Vi rimasero tre giorni sia per curare i feriti sia perché c'erano vettovaglie in abbondanza: farina, vino, moltoorzo ammucchiato per i cavalli, tutti viveri che erano stati ammassati lì per il satrapo della regione. Il quarto giorno
scendono in pianura.
32 Ma quando Tissaferne con le sue truppe li raggiunse, la necessità fu maestra: i Greci siattendarono nel primo villaggio che scorsero e non accettarono più di combattere in marcia. Del resto c'erano molti
uomini che non potevano prender parte a uno scontro: chi era ferito, chi trasportava in barella i feriti e chi, infine,
teneva le armi dei barellieri.
33 Una volta piantate le tende, i barbari ripresero i tentativi di lancio a lunga distanzaavvicinandosi progressivamente al villaggio, ma a quel punto i Greci avevano un netto vantaggio: difendersi con sortite
da un villaggio non aveva niente a che vedere col tener testa agli assalti nemici mentre si era in marcia.
34
Era ormai sera, ossia il momento in cui gli avversari dovevano allontanarsi: i barbari non si accampavanomai a meno di sessanta stadi dall'esercito greco, per timore di un'incursione notturna.
35 Di notte l'esercito persiano èinefficiente. Legano infatti a dei ceppi i cavalli, ma quasi sempre legano loro anche le zampe, in modo da evitare che
fuggano, una volta liberati; in caso di allarme, il soldato persiano deve sellare il cavallo, mettergli il morso, vestire la
corazza e salire in groppa, tutte operazioni complicate, di notte e in mezzo alla confusione. Ecco il motivo per cui
mettevano le tende a grande distanza dai Greci.
36
Non appena i Greci capirono che gli avversari si apprestavano al rientro e che l'ordine era già statotrasmesso, l'araldo gridò - e anche i nemici lo sentirono - di preparare i bagagli. Allora, per un certo lasso di tempo, i
barbari sospesero la partenza, ma, quando si fece tardi, s'incamminarono. Giudicavano pericoloso mettersi in cammino
e rientrare al campo di notte.
37 I Greci, quando videro con sicurezza che gli avversari ripiegavano, si misero a lorovolta in marcia, aggiogarono le bestie e percorsero circa sessanta stadi. La distanza tra i due schieramenti era così
grande, che i nemici non furono avvistati né il secondo né il terzo giorno. Solo il quarto i barbari, che si erano spinti in
avanti nel corso della notte, presero il controllo di una altura sulla destra, lungo la strada che i Greci dovevano
percorrere. Si trattava di una punta del monte, dai cui piedi si poteva scendere in pianura.
38
Chirisofo, quando vede la punta già occupata, chiama Senofonte dalla retroguardia e lo invita a prenderecon sé i peltasti e a condurli in testa.
39 Ma Senofonte non guidò i peltasti: aveva visto comparire Tissaferne e il suoesercito al completo. Spronò il cavallo, si spinse in avanti da solo e chiese a Chirisofo: «Che c'è?». L'altro di rimando:
«Lo puoi vedere tu stesso. Ci hanno preceduti, il colle che sovrasta la discesa è nelle loro mani. L'unico modo per
passare è di spazzarli via. Piuttosto, perché non hai portato qui i peltasti?».
40 Senofonte risponde che non gli erasembrato il caso di lasciar sguarnita la retroguardia, perché avevano avvistato il nemico. «Comunque è il momento»,
proseguì Chirisofo, «di stabilire un piano per sloggiare quella gente dal colle».
41
Allora Senofonte osserva la cima del monte sovrastante il suo esercito e la via che da lì portava al colle inmano nemica. Dice: «La soluzione migliore, Chirisofo, è di guadagnare al più presto la vetta; se la prendiamo, i barbari
appostati al di sopra della via non potranno tenere la posizione. Se vuoi, rimani pure con l'esercito, sono pronto io a
muovermi; se preferisci andare tu, va' pure, aspetto io qua».
42 «Lascio a te la scelta», rispose Chirisofo. Senofontedisse che era più giovane e perciò sceglieva di andare. Lo prega di assegnargli però una squadra composta da uomini
della testa: era cosa troppo lunga prelevare un gruppo dalle retrovie.
43 Chirisofo gli concede i peltasti della testa e lirimpiazza con quelli schierati al centro del quadrato. Diede ordine di seguire Senofonte anche ai trecento soldati scelti
che aveva con sé sulla testa del quadrato.
44
Da qui mossero con la massima velocità. Gli avversari sul colle intesero che la manovra mirava araggiungere la cima e sùbito si misero anch'essi in movimento, a gara, verso la sommità del monte.
45 Allora alte gridasi levarono dall'esercito greco per incitare i loro, ma anche dalle truppe di Tissaferne salivano urla di incoraggiamento.
46
Senofonte andava su e giù a cavallo, incitando i suoi: «Uomini, dovete rendervi conto che ora gareggiate per la.27Grecia, per i figli e le mogli: ancora un po' di sofferenza e in futuro marceremo senza dover più combattere».
47 MaSoterida di Sicione ribatté: «Non siamo mica alla pari, Senofonte. Tu ti sposti a cavallo, io sono a pezzi, a furia di
trascinare lo scudo».
48 A tali parole Senofonte balzò giù, lo trasse fuori dalle file, gli strappò lo scudo di mano e presea marciare più velocemente che poteva, ma aveva ancora addosso la corazza da cavaliere. A chi era in testa ordinava di
proseguire la marcia, a chi era in coda di superarlo, visto che si trascinava a stento.
49 Allora gli altri soldati copronoSoterida di percosse, pietre, insulti, finché non lo costringono a riprendere lo scudo e la marcia. Senofonte risalì e
avanzò a cavallo finché la strada lo consentì; quando il terreno divenne troppo accidentato, smontò e procedette
velocemente a piedi. Arrivarono in vetta prima dei nemici.
5
1
Allora i barbari volsero le spalle e fuggirono, ciascuno dove poté. I Greci invece tennero il controllo dellacima. Tissaferne, Arieo e i loro uomini presero un'altra strada e si allontanarono. I soldati di Chirisofo scesero nella
piana e si accamparono in un villaggio pieno di beni d'ogni sorta. Nella pianura lungo il fiume Tigri c'erano anche altri
villaggi con abbondanti ricchezze.
2 Quando era ormai sera, all'improvviso nella piana comparvero i nemici emassacrarono alcuni Greci che si erano sparpagliati per far razzia: in effetti, era stato catturato molto bestiame al
pascolo mentre attraversava il guado del fiume.
3 Allora Tissaferne e i suoi cominciarono a dar fuoco ai villaggi.Alcuni Greci piombarono nella disperazione, perché si rendevano conto che non avrebbero più avuto modo di trovare
vettovaglie, se gli avversari appiccavano incendi.
4 Chirisofo e i suoi rientrarono dalle azioni di soccorso; Senofonte,sceso dalle alture, passò a cavallo lungo le file e, quando incontrò i soldati [greci] che erano corsi in aiuto degli altri,
esclamò:
5 «Vedete, o Greci, che i nemici lasciano il paese, ormai nostro? Al momento di stipulare la tregua avevanopreteso una clausola, che non incendiassimo le terre del re: adesso sono proprio loro a dar fuoco, come se fosse
territorio nemico. Ma se in un posto o nell'altro hanno messo dei viveri da parte, vedranno anche noi puntare in quella
direzione.
6 Su, Chirisofo», proseguì, «mi sembra il caso di difendere il paese da chi semina incendi, come se fosseterra nostra». Chirisofo ribatté: «No, non sono d'accordo. Anzi, diamole fuoco anche noi: smetteranno più presto».
7
Rientrati alle tende gli strateghi e i locaghi si riunirono mentre gli altri si presero cura delle vettovaglie.Grandi erano le perplessità. Su un lato si levavano monti altissimi, sull'altro scorreva un fiume così profondo, che non
lasciava neppure spuntare la cima delle lance, quando si scandagliava il fondo.
8 Tra l'incertezza dei partecipantiall'assemblea, si fece avanti un Rodio e disse: «Sono pronto, uomini, a trasbordarvi in gruppi di quattromila opliti, se mi
darete tutto l'occorrente e un talento come compenso».
9 Gli chiesero allora che cosa gli occorresse: «Duemila otri»,rispose. «Vedo un gran numero di pecore, capre, buoi, asini. Se li scuoiamo e ne gonfiamo le pelli, vi garantiranno una
facile traversata.
10 Mi serviranno anche le cinghie che usate per legare il bestiame: con esse unirò gli otri tra loro,ormeggiandone ciascuno con una pietra che lascerò cadere nell'acqua a mo' di àncora. Poi porterò la fila sull'altra
sponda legandola su entrambe le rive, getterò fascine sopra gli otri e vi aggiungerò anche del terriccio.
11 Non andretea fondo, ve ne accorgerete sùbito: ogni otre potrà reggere due uomini. Le fascine e il terriccio, poi, serviranno a non
scivolare».
12 Agli strateghi, che avevano udito le sue parole, la trovata parve ingegnosa in sé, ma irrealizzabile dalpunto di vista pratico. Sulla sponda opposta stazionavano molti cavalieri, pronti a ostacolare il guado: sarebbero sùbito
intervenuti, impedendo già ai primi l'operazione.
13
Allora il giorno successivo ritornano indietro [o verso Babilonia] in direzione dei villaggi che erano statirisparmiati dalle fiamme: durante lo spostamento incendiavano i paesi da cui si allontanavano. I nemici non li
incalzavano, limitandosi a osservarli, quasi che si domandassero increduli dove mai si stessero dirigendo i Greci e che
cosa avessero in mente.
14 Insomma, mentre i soldati erano in cerca di viveri, gli strateghi si riunirono nuovamente e,radunati i prigionieri, li interrogarono sulle caratteristiche di tutto il territorio circostante, zona per zona.
15 I prigionieririsposero che, verso mezzogiorno, si stendeva la regione di Babilonia e della Media, da cui venivano; la strada verso
aurora portava a Susa ed Ecbatana, dove si diceva che il re passasse l'estate; se si varcava il fiume, verso tramonto, si
andava in direzione della Lidia e della Ionia; la via che passava per i monti, rivolta verso l'Orsa, portava nelle terre dei
Carduchi.
16 Questi ultimi - sostenevano - abitavano sui monti, gente bellicosa, che non riconosceva l'autorità del re.Anzi, in passato il sovrano aveva inviato contro di loro una spedizione di centoventimila uomini: nessuno aveva fatto
ritorno, tanto era impervio il territorio. Quando invece avevano stipulato una tregua col satrapo della regione, si erano
sviluppati i contatti reciproci fra i due popoli.
17 Apprese tali notizie, gli strateghi tennero da parte i prigionieri cheasserivano di conoscere questa o quella via, ma non lasciarono trapelar niente sulle loro intenzioni circa la direzione da
tenere. Giudicarono comunque inevitabile puntare, attraverso le montagne, verso le terre dei Carduchi: una volta
superate, sarebbero giunti - a detta dei prigionieri - in Armenia, la regione governata da Oronta, grande e prospera. Da
qui, sostenevano, era facile prendere qualsiasi direzione si volesse.
18 Quindi celebrarono un sacrificio, per partirequando paresse il momento più opportuno: era nato infatti il timore che nel valicare i monti gli avversari li prevenissero.
Dopo cena diramarono l'ordine che tutti preparassero i bagagli e si riposassero, pronti a incolonnarsi al segnale.
LIBRO IV.
281
1
[Quanto accadde durante la marcia verso l'interno fino al momento della battaglia, le successive vicende nelcorso della tregua stretta tra il re e i Greci al séguito di Ciro, tutti gli atti di ostilità cui il re e Tissaferne, violando gli
accordi, diedero vita contro i Greci che erano costantemente seguiti dall'esercito persiano, si trova tutto esposto nel
racconto precedente.
2 Dopo che i Greci giunsero in un punto in cui era assolutamente impossibile guadare il Tigri pervia della sua profondità e larghezza e non si trovava un passaggio, tanto più che i monti dei Carduchi, a picco,
sovrastavano il fiume, gli strateghi decisero di aprirsi il passo tra le montagne.
3 Avevano infatti saputo dai prigionieriche, varcati i monti dei Carduchi, sarebbero entrati in Armenia, dove, se lo volevano, avrebbero potuto attraversare il
fiume Tigri alle sorgenti oppure, in caso contrario, aggirarlo. E si diceva che le fonti dell'Eufrate non fossero distanti dal
Tigri, come in effetti è.
4 Penetrano nelle terre dei Carduchi nel modo seguente: cercano sia di passare inosservati, siadi prevenire il nemico, prima che riuscisse a prendere il controllo delle alture.]
5
Si era intorno all'ultimo turno di guardia, la notte era quasi trascorsa e rimaneva giusto il tempo perattraversare la pianura nelle tenebre, quand'ecco che tra le file greche passa l'ordine di alzarsi in piedi e mettersi in
marcia: arrivano al monte allo spuntar del giorno.
6 Nella circostanza Chirisofo guidò l'esercito, alla testa delle suetruppe e di tutti i gimneti. Chiudeva la colonna Senofonte con gli opliti della retroguardia, senza nessun gimneta, perché
non sembrava che ci fossero pericoli in vista, a meno di un attacco alle spalle durante la salita.
7 Chirisofo raggiunse lacima senza aver avvistato alcun nemico. Quindi faceva da guida seguito man mano dai gruppi che valicavano il monte
puntando verso i villaggi delle valli e delle gole, lungo le pendici montane.
8 Allora i Carduchi, con mogli e figli,abbandonarono le loro case e si rifugiarono sulle montagne. C'era a disposizione una gran quantità di viveri, nelle case
si trovava ogni tipo di utensili in rame, ma i Greci non ne portarono via nemmeno uno, come pure non diedero la caccia
ai fuggiaschi, ma risparmiarono oggetti e persone, nell'eventualità che i Carduchi si disponessero a concedere via libera
come in un paese amico, tanto più che avevano un nemico comune, il re.
9 Per quanto riguardava i viveri però, chi netrovava li prendeva: ma era per causa di forza maggiore. I Carduchi, comunque, non diedero ascolto agli appelli e non
manifestarono alcun segno d'amicizia.
10 Le ultime schiere dei Greci scendevano dalle alture verso i villaggi, ormai trale tenebre - a causa della via stretta, la salita e la discesa avevano richiesto una giornata intera di marcia -. Solo allora un
gruppo di Carduchi, riunitosi, attaccò la retroguardia greca e con pietre e dardi riuscì a uccidere alcuni dei nostri e a
ferirne altri. Erano pochi: l'esercito greco era piombato inatteso su di loro.
11 A dire il vero, se nell'occasione si fosseroradunati in numero più consistente, il grosso dell'esercito greco avrebbe corso il serio pericolo di un massacro. Per
quella notte alloggiarono così nei villaggi. I Carduchi accesero molti fuochi tutt'attorno, sui monti, tenendosi in
reciproco contatto visivo.
12
Sul far del giorno gli strateghi e i locaghi greci si riunirono e decisero di proseguire la marcia con il minimoindispensabile di bestie da soma, le più robuste, abbandonando le altre. Quanti poi, catturati da poco, erano diventati
schiavi, dovevano essere lasciati liberi.
13 La presenza di una massa di capi di bestiame e schiavi rallentava la marciae, tra l'altro, molti erano i soldati che, adibiti alla sorveglianza, non potevano prender parte agli scontri. Inoltre
bisognava procurarsi il doppio di viveri e trasportarli, tanti erano gli uomini. Comunicarono all'esercito la decisione
tramite gli araldi.
14 Poi, fatta colazione, ripresero il cammino. Gli strateghi si appostarono in una strettoia della strada:se scovavano qualcuno che non si era sbarazzato di tutti gli oggetti prescritti, li requisivano. Tutti avevano rispettato
l'ordine, tranne chi cercava di tener nascosto o un fanciullo di cui si era invaghito o una donna di particolare avvenenza.
Per quel giorno proseguirono così, a momenti combattendo, a momenti anche riprendendo fiato.
15
L'indomani si abbatté una violenta bufera, eppure bisognava andare, a ogni costo: i viveri non bastavanopiù. Chirisofo era in testa, Senofonte in retroguardia.
16 I nemici attaccarono con veemenza in una zona impervia e sifecero sotto con dardi e proiettili, tanto che i Greci, costretti a contrattaccare e poi a ritirarsi, dovettero rallentare il
passo. Più di una volta Senofonte mandò all'avanguardia l'ordine di fermarsi, quando il nemico premeva con impeto.
17Di solito, quando riceveva il messaggio di Senofonte, Chirisofo si fermava, ma non quella volta: anzi, accelerò il passo
e trasmise l'ordine di tenergli dietro. Era successo qualcosa, chiaramente, ma non c'era il tempo di raggiungere la testa
della colonna per verificare quale fosse la causa di tanta fretta. Così la marcia della retroguardia assunse i toni della
fuga.
18 Nella circostanza perse la vita un valoroso, lo spartano Leonimo, colpito da una freccia che gli avevatrapassato scudo e corazza, penetrandogli nel costato. Con lui morì anche Basia l'arcade, con il capo trafitto da un dardo.
19
Quando giunsero al punto in cui si doveva far tappa, senza frapporre un attimo d'indugio Senofonteraggiunse Chirisofo e lo accusò: non li aveva aspettati, li aveva costretti a combattere fuggendo. «E adesso due nobili
soldati sono morti, senza che potessimo né raccogliere i loro corpi né seppellirli».
20 Chirisofo risponde: «Alza gliocchi verso i monti, guarda come sono impervi. C'è una sola strada - la vedi - in forte pendio. Puoi notare quanti nemici
la presidino: ne hanno preso il controllo e sorvegliano lo sbocco.
21 Ecco perché correvo e non ti ho aspettato: speravodi precederli, di arrivare prima che s'impadronissero del valico. Le nostre guide sostengono che non c'è altra strada».
22Senofonte replica: «Ma io ho due prigionieri. Siccome i nemici ci procuravano dei fastidi, abbiamo teso loro
un'imboscata, che ci ha permesso anche di tirare il fiato: alcuni li abbiamo ammazzati, ma abbiamo cercato di catturarne
altri vivi, proprio per avere delle guide che conoscessero bene la regione».
23
E sùbito vennero condotti i due prigionieri: li interrogarono separatamente, chiedendo se conoscessero unavia diversa da quella che si vedeva. Uno dei due continuava a dire di no, nonostante le mille minacce. Dal momento che
non gli si cavava niente di bocca, venne sgozzato sotto gli occhi dell'altro.
24 Quest'ultimo spiegò che, se il compagnosi era ostinato a dire di non saper nulla, era per un motivo ben preciso: si dava il caso che sua figlia fosse andata in.29
moglie a uno della zona. E proseguiva sostenendo che lui stesso li avrebbe guidati per un sentiero che anche le bestie da
soma potevano percorrere.
25 Quando gli domandarono se c'erano punti che ostacolavano il cammino, rispose chel'unico era la vetta: se non ne avessero preso il controllo per primi, il passaggio sarebbe diventato impossibile.
26
Allora si decise di convocare i locaghi sia dei peltasti sia degli opliti, per illustrare loro la situazione echiedere se c'era qualcuno pronto a dimostrarsi valoroso, a offrirsi come volontario per l'impresa.
27 Tra gli opliti sifanno avanti Aristonimo di Metidrio [arcade] e Agasia di Stinfalo [arcade], mentre Callimaco di Parrasia [arcade lui
pure] scende in lizza con i due, dichiarandosi disposto a partire alla testa dei volontari di tutto l'esercito. «So», disse,
«che molti giovani mi seguiranno, se sarò io alla guida».
28 Quindi domandano se anche qualche tassiarco dei gimnetiavesse intenzione di unirsi a loro. Si fa avanti Aristea di Chio, che in diversi casi si era coperto di gloria in missioni
analoghe.
2
1
Era pomeriggio avanzato. Ai volontari i capi ordinarono di mangiare e di mettersi in cammino. Dopo averconsegnato loro la guida in catene, si mettono d'accordo: se prendevano la cima, dovevano tenere la zona sotto
sorveglianza per la notte e, all'alba, dare il segnale con la tromba: poi si sarebbero lanciati dall'alto contro i nemici che
controllavano il passo, mentre il resto dell'esercito avrebbe portato loro soccorso, salendo con la massima rapidità.
2Presi gli accordi, si misero in marcia, in tutto circa duemila uomini. Diluviava. Senofonte alla testa della retroguardia si
diresse verso il passo, in modo che il nemico rivolgesse l'attenzione su questa strada e non notasse la manovra di
accerchiamento.
3 Quando i Greci giunsero a un luogo scosceso che la retroguardia doveva superare per procederenella salita, i barbari cominciarono a rotolare giù massi, grandi o piccoli che fossero, ma in quantità tale che avrebbe
riempito, ogni volta, un carro. I macigni spinti verso il basso rovinavano contro le rocce, provocando una gragnuola di
sassi, che parevano scagliati da fionde: non c'era la benché minima possibilità di avvicinarsi all'imboccatura della
strada.
4 Alcuni locaghi, visto che di lì non si poteva passare, cercarono un'altra via. Protrassero i tentativi fino al calardelle tenebre, poi, quando pensarono di potersi allontanare inosservati, rientrarono al campo per la cena: alcuni di loro,
ossia i soldati della retroguardia, non avevano nemmeno consumato il pranzo. Comunque i nemici per tutta la notte non
smisero un attimo di rovesciar giù pietre: prova ne era il fragore.
5
Il gruppo che ha con sé la guida, aggira le truppe nemiche e piomba sulle sentinelle sedute attorno al fuoco:ne uccisero alcune, ne costrinsero alla fuga altre e lì si installarono i Greci, convinti che la sommità fosse sotto il loro
controllo.
6 Invece non la controllavano. Sopra di loro si elevava un poggio, sul quale correva un sentiero, stretto, cherestava in mano alle sentinelle nemiche. E da qui partiva una via che conduceva alle postazioni avversarie lungo la
strada aperta.
7 Trascorsero lì la notte. Quando spuntò il giorno, in silenzio e in formazione da battaglia mossero controgli avversari: c'era nebbia, per cui i nemici non si accorsero del loro arrivo. Quando i due schieramenti furono l'uno in
vista dell'altro, la tromba diede il segnale e i Greci, levando il grido di guerra, puntarono contro gli avversari, che non
ressero all'assalto, ma abbandonarono la strada e fuggirono subendo poche perdite, perché erano armati alla leggera.
8Chirisofo e i suoi, non appena udirono il suono della tromba, risalirono sùbito per la strada aperta. Gli altri strateghi
seguirono sentieri mai battuti, ciascuno imboccando la prima via che capitava. S'inerpicavano come potevano, tirandosi
su l'un l'altro con l'aiuto delle lance.
9 Furono i primi a ricongiungersi con le truppe che avevano occupato lapostazione.
Senofonte con metà della retroguardia ripercorre la strada seguita dal gruppo con la guida, infatti era la via più
facilmente percorribile dalle bestie da soma. Schierò l'altra metà dietro la colonna degli animali.
10 Durante la marciacàpitano sotto un colle sovrastante la via, che era nelle mani dei nemici. Non c'erano alternative: o annientarli o rimaner
tagliati fuori dal resto dell'esercito greco. Avrebbero seguito le orme degli altri, se non fosse stato per le bestie da soma,
che non potevano passare da nessun'altra strada, se non di lì.
11 Allora si esortano a vicenda e, con i lochi schierati incolonne, si lanciano verso la cima del colle, ma non l'accerchiano totalmente, per lasciare al nemico uno scampo, se
voleva fuggire.
12 Finché i Greci procedettero in salita, ciascuno scegliendo il percorso che il terreno consentiva, ibarbari li coprirono con un nugolo di frecce e sassi, ma poi non aspettarono che i nostri si facessero sotto, anzi
evacuarono la zona e si diedero alla fuga. I Greci, quando avevano già superato il primo colle, ne videro un altro,
presidiato dal nemico: decisero un nuovo attacco.
13 Senofonte valutò che, se avessero lasciato sguarnito il colle giànelle loro mani, i nemici lo avrebbero preso per la seconda volta per poi assalire la colonna degli animali che transitava
lì sotto - si snodavano in fila lunghissima, perché la strada era stretta - perciò lasciò sul primo colle i locaghi Cefisodoro
figlio di Cefisofonte ateniese, Arcagora figlio di Anfidemo ateniese e Arcagora esule argivo. Dal canto suo, con gli altri
mosse verso il secondo colle. Sfruttando la stessa tattica, lo presero.
14
Rimaneva ancora un terzo poggio, molto più scosceso: si trattava proprio del rialzo sovrastante il posto diguardia di cui i volontari greci si erano impadroniti di notte, quando i nemici erano attorno al fuoco.
15 Non appena iGreci sono a ridosso, i barbari abbandonano il poggio senza colpo ferire, tra lo stupore di tutti. C'era il sospetto che
avessero sgombrato il campo per timore di essere accerchiati e di rimanere indietro assediati. I nemici invece, scrutando
dall'alto, avevano notato l'arrivo della retroguardia ed erano partiti in massa all'attacco.
16 Senofonte con i più giovaniraggiunse la cima e ordinò agli altri di rallentare l'andatura, per consentire il ricongiungimento delle colonne più
arretrate. Trasmise anche l'ordine di procedere lungo la via finché non fossero giunti alla spianata, dove potevano
deporre le armi e sostare..30
17
A quel punto sopraggiunge Arcagora l'esule argivo e dice che erano stati scalzati dal colle e che avevanoperso la vita Cefisodoro, Anficrate e chi non era stato lesto a riunirsi alla nostra retroguardia balzando giù dalla rupe.
18
Forti del successo, i barbari si attestarono su un altro colle, dirimpetto al poggio. Senofonte, mediante un interprete,entrò con loro in trattative per concludere una tregua e chiese la restituzione dei cadaveri.
19 I nemici dissero che liavrebbero consegnati, a patto che i Greci non dessero fuoco alle case. Senofonte accettò le condizioni. Il patteggiamento
si svolse proprio in concomitanza con l'appressarsi del resto dell'esercito; intanto confluirono lì tutti i nemici che erano
in zona.
20 Quando i Greci cominciarono la discesa dal poggio verso i compagni, nel punto in cui questi ultimi avevanodeposto le armi, i nemici li aggredirono in massa, strepitando: non appena raggiunsero la vetta del poggio da cui
Senofonte era partito, iniziarono a precipitar giù massi. Un soldato si ruppe una gamba, lo scudiero di Senofonte se la
svignò portando con sé lo scudo.
21 Un oplita, Euriloco di Lusi [arcade], corse in aiuto di Senofonte e parò lo scudo aprotezione di entrambi, coprendo la ritirata. Anche gli altri ripiegarono presso le truppe schierate.
22
Quindi l'esercito greco si ricostituì al completo e prese alloggio nella zona, in diverse case, belle e stracolmedi viveri: c'era vino in quantità, conservato in cisterne dalle pareti intonacate.
23 Senofonte e Chirisofo riuscirono aottenere la riconsegna dei cadaveri e restituirono la guida. Ai morti, nel limite del possibile, resero ogni onoranza
funebre, com'è consuetudine per i valorosi.
24
Il giorno successivo proseguirono senza guida. I nemici ripresero le ostilità e, dovunque ci fosse unastrozzatura della strada, precedevano i nostri e la occupavano, impedendo il passaggio.
25 Quando la testa dell'esercitorimaneva bloccata, Senofonte partiva dalla retroguardia, saliva verso le cime dei monti e poi, da una posizione più
elevata rispetto al nemico, riusciva a forzare lo sbarramento e ad aprire il passo.
26 Ogni volta che era la coda invece asubire l'attacco, Chirisofo deviava la sua marcia e, cercando di rimaner più in alto del nemico, spezzava lo sbarramento
che ostacolava il passaggio della retroguardia: di volta in volta l'avanguardia e la retroguardia correvano in aiuto l'una
dell'altra, sempre preoccupandosi reciprocamente della sorte dei compagni.
27
Non solo durante la salita, ma anche nella discesa i barbari misero più volte i Greci alle strette: erano genteagile, tanto che riuscivano a fuggire anche se voltavano le spalle a brevissima distanza. Del resto non portavano che
arco e fionda.
28 Erano tra l'altro valentissimi arcieri, dotati di un arco di tre braccia circa, mentre i dardi superavano ledue braccia di lunghezza. Ogni volta che scoccavano una freccia, tendevano la corda poggiando il piede sinistro sulla
parte inferiore dell'arco: trapassavano scudi e corazze. I Greci, quando riuscivano a recuperare le loro frecce, le
riutilizzavano come giavellotti, applicandovi una cinghia. In queste regioni si rivelò particolarmente preziosa l'opera dei
Cretesi, capeggiati da Stratocle cretese.
3
1
Per quel giorno alloggiarono nei villaggi sovrastanti la pianura del Centrite, un fiume largo all'incirca duepletri, che segna il confine tra l'Armenia e la regione dei Carduchi. Qui i Greci ripresero fiato, felici di vedere una
pianura: il fiume distava sei o sette stadi dai monti dei Carduchi.
2 Allora si accamparono con grande gioia, perchéavevano i viveri e perché molti dei travagli vissuti erano ormai solo un ricordo. Per sette giorni interi - tanto era durata
la marcia nelle terre dei Carduchi - non avevano cessato di combattere e i mali sofferti superavano tutte quante le pene
patite per colpa del re e di Tissaferne. Ma era acqua passata e dormirono sereni.
3
Sul far del giorno, in un punto della riva opposta scorgono dei cavalieri in armi, intenzionati a impedire ilguado. In posizione più elevata rispetto ai cavalieri c'erano i fanti, schierati sulle alture per sbarrare il passaggio in
Armenia.
4 Si trattava di Armeni, Mardi e Caldei, mercenari al servizio di Oronta e Artuca. I Caldei avevano fama digente libera e gagliarda. Come armamento avevano lunghi scudi di vimini e lance.
5 Le alture su cui erano statidislocati i mercenari, distavano tre o quattro pletri dal fiume. A vista d'occhio c'era una sola via che conduceva in alto:
sembrava scavata appositamente dalla mano dell'uomo. I Greci si prepararono a varcare il fiume in quel punto.
6Iniziata la manovra, non appena l'acqua superò il livello dei pettorali, il letto del fiume si rivelò disseminato di pietre
grandi e scivolose. Tra l'altro non si potevano tenere le armi nell'acqua, perché la corrente le strappava via; se qualcuno
invece le sollevava sopra la testa, si esponeva al tiro di frecce o proiettili d'altro genere. Tornarono indietro e posero le
tende lì, lungo il fiume.
7 Ma videro che, proprio nel luogo in cui si erano fermati la notte precedente, si erano adessoraccolti molti Carduchi in armi. Allora serpeggiò profonda sfiducia tra i Greci: vedono la difficoltà di passare il fiume,
vedono i nemici che si apprestavano a impedire l'attraversamento e vedono alle spalle i Carduchi pronti a incalzare chi
tenti il guado.
8
Per quel giorno e quella notte rimasero fermi, senza saper che fare. Senofonte ebbe un sogno: gli sembrò diessere in catene, ma i vincoli si allentavano da sé, al punto che, libero, poteva dirigersi dovunque volesse. Sul far
dell'alba, Senofonte raggiunge Chirisofo e, raccontandogli il sogno, gli spiega di nutrire fondate speranze in una
soluzione positiva.
9 Chirisofo ne fu felice e, alle prime luci dell'alba, tutti gli strateghi presenziarono a un sacrificio:gli auspici si rivelarono immediatamente favorevoli, fin dalla prima vittima. Al termine, dopo aver lasciato il luogo
della cerimonia, gli strateghi e i locaghi trasmisero alla truppa l'ordine di fare colazione.
10
Proprio durante il rancio corrono incontro a Senofonte due giovani: tutti sapevano che era possibileavvicinarsi a lui e parlargli anche durante la colazione o il pranzo oppure svegliarlo nel sonno, se si trattava di questioni
militari.
11 I due dissero che, mentre se ne andavano in giro a raccogliere legna da ardere, avevano scorto sull'altrasponda, tra le rocce digradanti fino al fiume, un vecchio, una donna e delle ragazze che deponevano qualcosa in un.31
anfratto, forse sacchi pieni di vesti.
12 Di fronte a tale scena, avevano pensato che la traversata non comportasse rischi:la zona antistante la loro, sull'altra riva, non consentiva infatti l'accesso ai cavalieri nemici. Si erano spogliati
completamente, tenendo con sé i pugnali, decisi alla traversata a nuoto. Ma una volta entrati in acqua, erano riusciti a
varcare il fiume senza neppure bagnarsi i genitali. Giunti sulla sponda opposta, avevano preso le vesti ed erano tornati
indietro.
13
Sùbito Senofonte offrì personalmente una libagione agli dèi e ordinò di mescere vino ai due giovani e dichiedere un felice esito dell'impresa pregando le divinità che gli avevano inviato il sogno e indicato il guado. Dopo
condusse sùbito da Chirisofo i due giovani, che esposero anche a lui l'accaduto. Pure Chirisofo, non appena udì le loro
parole, libò agli dèi.
14 Quindi al resto dell'esercito ordinò di preparare i bagagli; insieme convocarono gli strateghi perprendere una decisione: bisognava attraversare il fiume in tutta sicurezza, piegare la resistenza delle truppe nemiche sul
fronte e coprirsi le spalle per non subire perdite.
15 Deliberarono che Chirisofo tenesse la testa e passasse sull'altra rivacon una metà dell'esercito; l'altra metà sarebbe rimasta al di qua del fiume con Senofonte, perché prima dovevano
transitare i bagagli e il grosso dell'esercito.
16
Quando tutto era a posto, si misero in marcia. Li guidavano i due giovani, tenendo il fiume sulla sinistra. Lospazio da coprire fino al guado era di circa quattro stadi.
17 Mentre procedevano, sulla riva opposta li seguivano,parallelamente, gli squadroni della cavalleria nemica. Non appena giunsero al guado, dirimpetto alle rocce, posero a
terra le armi e per primo Chirisofo stesso si cinse il capo con una corona, si svestì, impugnò le armi e diede ordine ai
locaghi di schierarsi in colonna, parte alla sua sinistra, parte alla sua destra.
18 Gli indovini sgozzarono le vittimeproprio nelle acque del fiume: i nemici cominciarono a scaricare una gragnuola di dardi e proiettili, ma non erano
ancora a tiro.
19 Quando le vittime diedero auspici favorevoli, tutti i soldati intonarono il peana e levarono il grido diguerra. Anche le donne lanciarono un urlo altissimo, tutte quante: c'erano molte prostitute al séguito dell'esercito.
20
Chirisofo avanzò e pure i suoi. Senofonte prese con sé le truppe della retroguardia più agili e cominciò amarciare a ritroso di gran carriera, verso la strada in corrispondenza con lo sbocco che portava ai monti dell'Armenia:
fingeva di voler varcare lì il fiume per chiudere in una morsa i cavalieri avversari che stazionavano lungo la riva.
21 Inemici, vedendo che non solo Chirisofo e i suoi passavano senza intoppi le acque, ma che pure Senofonte e i suoi
tornavano indietro di corsa, nel timore di essere tagliati fuori, fuggono a briglia sciolta, dando l'impressione di puntare
verso la strada che conduceva alle alture. Quando poi giungono sulla strada, piegano in alto verso il monte.
22 Licio, ilcomandante della cavalleria, ed Eschine, il capo dei peltasti di Chirisofo, non appena videro gli avversari battere
precipitosamente in ritirata, li inseguirono: i soldati cominciarono a gridare che non li lasciassero indietro, che si doveva
scalare il monte tutti insieme.
23 Chirisofo dal canto suo, portato a termine il guado, non inseguì i cavalieri, ma puntòimmediatamente verso le alture sovrastanti il fiume, dove si erano attestati i nemici. Questi ultimi, scorgendo i propri
cavalieri in fuga e gli opliti greci avanzare, abbandonano le postazioni nella zona sovrastante il fiume.
24
Senofonte, quando si avvede che sull'altra riva le cose vanno per il meglio, raggiunge per la via più breve letruppe che stavano ancora varcando il fiume. Ormai i Carduchi erano in vista: scendevano verso la pianura preparandosi
ad attaccare la retroguardia.
25 E mentre Chirisofo teneva il controllo delle alture, Licio con pochi uomini tentò uninseguimento e si impadronì dei bagagli che erano stati abbandonati: ricche vesti e boccali.
26 Le salmerie dei Greci eil grosso delle truppe avevano già superato la metà del percorso, quando Senofonte, con un dietro-front, spianò le armi
contro i Carduchi. Ai locaghi trasmise l'ordine di dividere ciascuno il proprio loco in enomotie e di portare poi le
squadre sulla linea di battaglia, tenendo la sinistra: i locaghi e gli enomotarchi dovevano muovere verso i Carduchi, la
retroguardia attestarsi vicino al fiume.
27 I Carduchi, non appena videro le truppe della coda staccate dal grosso eormai apparentemente ridotte a pochi effettivi, accelerarono il passo intonando certe loro canzoni. Chirisofo, una volta
consolidata la propria postazione, invia a Senofonte i peltasti, i frombolieri e gli arcieri, con l'ordine di obbedire in tutto
e per tutto a Senofonte.
28
Non appena li vede passare il fiume, Senofonte manda un messo con l'ordine di rimaner lì, sulla riva, senzaproceder oltre: quando avessero visto la retroguardia dare il via al guado, dovevano scendere in acqua, faccia al nemico,
a destra e a sinistra, fingendo di attraversare il fiume, i giavellottisti pronti al lancio e gli arcieri con le frecce incoccate,
ma non dovevano spingersi troppo avanti nel fiume.
29 Ai suoi invece passò l'ordine di intonare il peana e di correrecontro i nemici, non appena i loro proiettili avessero raggiunto le nostre file e gli scudi cominciato a risuonare. Poi,
quando gli avversari avessero voltato le spalle e il trombettiere, dal fiume, suonato la carica, dovevano piegare a destra,
a partire dall'ultima linea, correndo tutti e oltrepassando il fiume con la massima velocità, ciascuno al proprio posto, per
non intralciarsi a vicenda: la palma del migliore sarebbe toccata a chi per primo avesse raggiunto l'altra sponda.
30
I Carduchi videro che i Greci erano ormai rimasti in pochi - perché molti dei soldati che avevano ricevutol'ordine di restare sul posto si erano invece mossi per proteggere chi le bestie da soma, chi i bagagli, chi le prostitute - li
aggredirono allora con fiduciosa baldanza, cominciando il lancio di frecce e proiettili.
31 Ma i Greci levarono il peanae puntarono contro di loro, di corsa. I nemici non ressero: erano armati come richiede una guerra di montagna, dove
sono rapidi gli attacchi e repentine le fughe, ma non erano in grado di sostenere un corpo a corpo.
32 A quel punto iltrombettiere diede il segnale: i nemici fuggirono ancor più a gambe levate, i Greci invece presero la direzione opposta,
attraverso il fiume a tutta velocità.
33 Alcuni dei nemici si accorsero della manovra e si precipitarono indietro, verso ilfiume: con i loro dardi riuscirono a ferire pochi dei nostri. La maggior parte dei Carduchi però, quando i Greci erano già
sull'altra sponda, si potevano scorgere ancora in fuga.
34 Le truppe greche che dovevano sbarrare il passo al nemicodiedero prova di coraggio: si spinsero più in là del dovuto e ripiegarono solo dopo il passaggio dei soldati di Senofonte:
anche alcuni di loro rimasero feriti..32
4
1
Quando ebbero varcato il fiume, verso mezzogiorno formarono di nuovo le linee e percorsero tutta quanta lapianura dell'Armenia e i suoi dolci colli per non meno di cinque parasanghe: le guerre con i Carduchi infatti impedivano
il sorgere di villaggi nei pressi del fiume.
2 Il paese in cui giunsero era grande e ospitava la reggia del satrapo, con lamaggior parte delle case sormontate da torri. Vi si trovavano viveri in abbondanza.
3
Da qui, in due tappe, proseguivano per dieci parasanghe fino ad attraversare le sorgenti del Tigri.Poi, in tre tappe, avanzavano per quindici parasanghe fino al Teleboa, un fiume bello, ma non grande. Nella
zona circostante sorgevano parecchi villaggi.
4 La regione aveva nome di Armenia occidentale. Il governatore eraTiribazo, che era anche amico del re, al punto che, in sua presenza, nessun altro poteva aiutare il sovrano a montare a
cavallo.
5 Tiribazo si fece loro incontro, accompagnato da alcuni cavalieri. Mandò avanti un interprete e disse chevoleva un colloquio con i capi. Gli strateghi decisero di ascoltarlo. Si spinsero fino a una distanza tale da poterlo udire e
gli domandarono che cosa volesse.
6 Una tregua, rispose Tiribazo, alle seguenti condizioni: lui non avrebbe procuratofastidi ai Greci, loro non avrebbero incendiato le case, ma potevano prendere tutti i viveri necessari. Gli strateghi
accolsero la proposta e concordarono la tregua alle suddette condizioni.
7
Da qui, in tre tappe, percorsero nella pianura quindici parasanghe. Tiribazo con le sue truppe continuò aseguirli da presso, a una decina di stadi di distanza. Giunsero alla sua reggia e ai villaggi tutt'attorno, pieni di viveri
d'ogni genere.
8 I Greci si accamparono. Di notte scese una fitta nevicata, per cui all'alba si decise di alloggiare i varireparti, con il rispettivo stratego, villaggio per villaggio: non si scorgeva infatti nessun nemico all'orizzonte e ci si
riteneva al sicuro per via dell'alta coltre di neve.
9 Lì avevano [viveri,] beni di ogni sorta: bestiame, farina, viniinvecchiati dal profumo inebriante, uva passa, legumi d'ogni genere. Ma alcuni soldati, allontanatisi alla spicciolata
dall'accampamento, riferirono di aver scorto molti fuochi sfavillare nella notte.
10 Gli strateghi allora giudicarono chenon fosse sicuro rimaner acquartierati separatamente, ma che fosse meglio raccogliere di nuovo l'esercito. Si procedette
dunque all'operazione: il cielo sembrava volgere al sereno.
11 Ma nel corso della notte scese nella zona una nevicatasenza fine, tanto da coprire le armi e gli uomini che giacevano sdraiati. Nel manto di neve rimasero intricate anche le
bestie da soma. I soldati esitavano fortemente a levarsi in piedi: sui corpi distesi la neve caduta, se non si era già sciolta,
infondeva calore.
12 Allora Senofonte, nudo, trovò il coraggio di alzarsi e cominciò a spaccar legna. Ben presto uno silevò in piedi, poi un altro ancora, che gli tolse di mano la scure e continuò il lavoro. A quel punto si alzarono anche gli
altri, accesero il fuoco e si unsero d'olio.
13 Lì avevano infatti trovato unguenti in quantità, che venivano impiegati alposto dell'olio d'oliva: grasso di maiale, olio di sesamo, di mandorle amare o di terebinto. Trovarono anche essenze
profumate, tratte dalle stesse sostanze.
14
Dopo di che, si decise di alloggiare nuovamente divisi [nei villaggi,] nelle case. Allora i soldati, tra grida digioia, si precipitarono alle abitazioni e sui viveri: chi prima, al momento di lasciare le case, le aveva incendiate, spinto
dalla propria insensatezza, la pagò cara, perché fu costretto ad accontentarsi di un alloggio scomodo.
15 Di notte,quindi, mandarono alcuni uomini, guidati da Democrate di Temno, a perlustrare i monti, dove i soldati allontanatisi dal
campo avevano detto di aver avvistato i fuochi. Egli infatti già in passato era parso sempre attendibile: se diceva che
c'era una cosa, c'era; se diceva che non c'era, non c'era.
16 Al suo ritorno disse di non aver visto nessun fuoco, macondusse con sé un prigioniero che portava un arco persiano, una faretra e un'ascia di foggia uguale a quelle delle
Amazzoni.
17 Gli chiesero di dove fosse; rispose che era persiano e che si era spinto lontano dal campo di Tiribazo incerca di viveri. Gli domandarono quale fosse la consistenza del loro esercito e a quale scopo l'avessero radunato.
18Rispose che Tiribazo aveva con sé i propri effettivi e truppe mercenarie, Calibi e Taochil: si teneva pronto per un
agguato ai Greci durante il valico del monte. C'era un passaggio obbligato tra le gole montane: avrebbe teso lì la
trappola.
19
Udite le sue parole, gli strateghi decisero di radunare l'esercito. Lasciarono sùbito delle sentinelle e poseroSofeneto di Stinfalo a capo delle truppe che restavano al campo, poi s'incamminarono, tenendo come guida il
prigioniero.
20 Quand'ebbero valicato i monti, i peltasti si spinsero in avanti e avvistarono il campo nemico: nonattesero gli opliti, ma corsero verso l'accampamento nemico tra le grida.
21 I barbari, non appena udirono i clamori,non rimasero sul posto, ma si diedero alla fuga: tuttavia i peltasti ne uccisero alcuni e catturarono una ventina di cavalli,
la tenda di Tiribazo, dove trovarono divani con i piedi d'argento, calici e dei servi che dicevano di essere fornai e
coppieri.
22 Quando seppero dell'accaduto, gli strateghi degli opliti decisero di rientrare al campo per la via più breve,nel timore di un attacco contro il contingente là rimasto. Sùbito richiamarono con la tromba le truppe e si allontanarono.
Giunsero al campo in giornata.
5
1
Il giorno successivo si decise di scegliere la via che consentiva la marcia più rapida, prima che l'esercitonemico si raccogliesse di nuovo e prendesse il controllo dei passi montani. Prepararono i bagagli e si inoltrarono
immediatamente nel fitto manto di neve, con molte guide. Quel giorno stesso valicarono la cima dove Tiribazo voleva
tendere l'agguato e lì posero le tende..33
2
Da qui, in tre tappe, avanzarono di quindici parasanghe in una zona disabitata fino all'Eufrate. Oltrepassaronoil fiume bagnandosi all'altezza dell'ombelico. Si diceva che le sorgenti non fossero lontane.
3
Quindi procedono nella neve alta, in pianura, per cinque parasanghe in tre tappe. L'ultima fu dura: un ventodi tramontana soffiava contrario, bruciando completamente la vegetazione e intirizzendo gli uomini.
4 Un indovinoallora suggerì di immolare vittime in onore del vento, e così fecero: tutti ebbero modo di constatare che l'intensità delle
raffiche scemò. La neve era alta un'orgia: molti animali e schiavi persero la vita e anche una trentina di soldati.
5Passarono la notte a bruciar legna: nella zona in cui avevano fatto tappa ce n'era molta, ma chi giungeva per ultimo non
ne aveva più a disposizione. I primi arrivati, attorno ai falò, impedivano ai ritardatari di accostarsi al fuoco, se non in
cambio di grano o di qualsiasi altro genere commestibile.
6 Allora barattarono quel poco che ciascuno aveva. Doveveniva acceso il fuoco, la neve si scioglieva e si formavano buche profonde fino alla superficie del terreno: così era
possibile misurare l'altezza della neve.
7
L'indomani, per l'intera giornata, marciarono nella neve e molti caddero in preda alla bulimia. Senofonte, cheera in retroguardia, si imbatteva nella gente crollata a terra, ma non riusciva a capire la causa del loro male.
8 Poi unsoldato, esperto di cose del genere, gli disse che erano chiari segni di bulimia e che bastava mandar giù un boccone per
rimettersi in sesto. Allora Senofonte controllò le salmerie una a una, nella speranza di trovare qualcosa di commestibile,
poi distribuì o diede da distribuire cibo agli affamati, incaricandone chi aveva ancora la forza di correre su e giù lungo
la colonna dell'esercito.
9 E appena mettevano qualcosa sotto i denti, i soldati si rialzavano e riprendevano la marcia.Durante il cammino, Chirisofo giunse a un villaggio sul calar delle tenebre e capitò davanti ad alcune donne e
fanciulle del luogo, che andavano ad attingere acqua a una fonte, fuori le mura.
10 Le donne chiesero chi fossero.L'interprete disse, in persiano, che erano truppe del re, inviate al satrapo. Le donne allora risposero che non era lì, ma a
circa una parasanga di distanza. I soldati, vista l'ora tarda, si dirigono tutti insieme dal capo del villaggio dentro le mura,
accompagnati dalle portatrici d'acqua.
11
Chirisofo si accampò qui con la parte dell'esercito che riuscì ad arrivare. Le rimanenti truppe che non furonoin grado di coprire la distanza, trascorsero la notte a digiuno e senza fuoco. Nella circostanza alcuni soldati morirono.
12
Alcuni gruppi di nemici, radunatisi, seguivano i Greci, depredavano il bestiame che non ce la faceva più, per il cuipossesso si azzuffavano tra di loro. Furono abbandonati al loro destino i soldati rimasti abbacinati dal riverbero della
neve e chi aveva le dita dei piedi incancrenite dal gelo.
13 Per gli occhi c'era un rimedio contro il bagliore della neve,se si proseguiva la marcia bendandoli con stoffa nera. Per i piedi invece bisognava muoversi, non stare mai fermi e,
prima di addormentarsi, slacciare i calzari.
14 Se infatti si dormiva senza slegarli, i lacci penetravano nella carne e icalzari si gelavano tutt'attorno al piede. Si trattava di calzature di pelle di bue, scuoiata di recente e non conciata, cui i
soldati erano ricorsi dopo essersi sbarazzati dei vecchi calzari.
15
Nella morsa di tali sciagure, alcuni soldati restarono indietro: quando videro una zona scura, senza tracce dineve, congetturarono che si fosse sciolta - come in effetti era accaduto - per via di una sorgente calda, che era nelle
vicinanze ed esalava vapori nella valle. Piegarono in quella direzione, si sedettero e si rifiutarono di proseguire.
16Senofonte con la retroguardia, come se ne accorse, cominciò a pregarli in ogni modo e maniera di non rimaner staccati
dal grosso dell'esercito, spiegando che una gran moltitudine di nemici si era radunata ed era sulle loro tracce; alla fine
giunse anche a rimproverarli aspramente. Per tutta risposta dicevano che li uccidesse pure, ma non riuscivano più a
muovere un passo.
17 Allora gli sembrò che la soluzione migliore fosse di incutere timore ai nemici che li seguivano,per impedire, se possibile, che aggredissero i nostri soldati sfiniti. Erano ormai scese le tenebre: gli avversari
continuavano ad avanzare, litigando a gran voce per strapparsi i beni l'un con l'altro.
18 Allora gli uomini più in forzedella retroguardia si gettarono correndo contro il nemico. I soldati rimasti a terra sfiniti, con tutto il fiato che ancora
avevano in corpo levarono altissimo un grido e batterono le lance contro gli scudi. I nemici, intimoriti, si precipitarono
verso valle in mezzo alla neve: non si sentiva più una voce, da nessuna parte.
19
Ai soldati debilitati, Senofonte e i suoi dissero che l'indomani qualcuno sarebbe tornato a prenderli. Nonavevano ancora percorso quattro stadi, che si imbatterono, lungo la strada, in un gruppo di soldati fermi nella neve, tutti
avvolti nei loro mantelli, senza neppure una sentinella. Cercarono di rialzarli, ma quelli risposero che gli altri reparti,
davanti, non avanzavano.
20 Senofonte procedette oltre e mandò in testa i più robusti tra i peltasti, con l'ordine dicontrollare quale fosse l'ostacolo. I peltasti riferirono che tutto quanto l'esercito era parimenti fermo.
21 AlloraSenofonte e i suoi si accamparono sul posto, senza fuoco né cibo, dislocando tutte le sentinelle che fu possibile. Si era
sul far del giorno, quando Senofonte inviò i più giovani in soccorso dei compagni stremati, con il compito di rimetterli
in piedi e di costringerli a riprendere il cammino.
22
Nel frattempo, a controllare la situazione nelle retrovie, Chirisofo invia un gruppo di soldati che erano già alvillaggio. Gli uomini della retroguardia gioirono nel vederli: consegnarono loro i soldati sfiniti perché li
accompagnassero al campo e proseguirono la marcia. Non avevano ancora percorso venti stadi, che erano già alle porte
del villaggio in cui alloggiava Chirisofo.
23 Dopo essersi ricongiunti, pensarono che senza rischi le truppe potesseroaccamparsi villaggio per villaggio. Chirisofo rimase sul posto, gli altri sorteggiarono i villaggi che da lì si vedevano e
ciascuno vi si diresse con i propri uomini.
24 Allora Policrate, un locago ateniese, chiese che lo si lasciasse partireimmediatamente: prese con sé le truppe armate alla leggera, si precipitò verso il villaggio toccato in sorte a Senofonte e
catturò tutti gli abitanti che vi si trovavano, compreso il capo, con diciassette cavalli allevati come tributo per il re,
nonché la figlia del capo, sposa da otto giorni: il marito era via, a caccia di lepri, per cui non fu fatto prigioniero nel
villaggio..34
25
Le case erano sotto terra. L'ingresso somigliava alla bocca di un pozzo, ma in basso erano spaziose.L'entrata per gli animali era costituita da gallerie scavate, mentre le persone si calavano giù mediante scale. Nelle case
vivevano capre, pecore, buoi e volatili con i rispettivi piccoli. Tutti questi animali erano nutriti là dentro con erba secca.
26
C'erano anche grano, orzo, legumi, vino d'orzo in recipienti, sulla cui superficie galleggiavano chicchi d'orzo: vierano immerse delle canne, grandi e piccole, dal fusto privo di nodi.
27 Quando qualcuno aveva sete, bastava neprendesse una in bocca e succhiasse. Era vino purissimo, troppo forte se non lo si mescolava all'acqua, ma, se ci si
faceva la bocca, era una bevanda gradevole.
28
Senofonte invitò come commensale il capo del villaggio e gli fece coraggio, garantendogli che non loavrebbero privato dei figli e che, al momento della partenza, gli avrebbero riempito di nuovo la casa di viveri, se si
fosse comportato bene con l'esercito, facendo da guida fino al loro arrivo a un altro popolo.
29 Il capo del villaggiopromise di sì e, in segno di amicizia, indicò il punto in cui aveva sotterrato del vino. Per la notte si attendarono in ordine
sparso e tutti i soldati dormirono tra beni a profusione, sorvegliando a vista il capo del villaggio e pure i suoi figli.
30
Allo spuntar del giorno, Senofonte prese con sé il capo e lo portò da Chirisofo. In qualsiasi villaggiopassasse, ispezionava i soldati, trovandoli ovunque ben pasciuti e con il morale alto: non lasciavano mai andar via
Senofonte e i suoi senza aver offerto loro il pranzo.
31 E non c'era volta che, alla stessa mensa, non imbandissero carnedi agnello, capretto, maiale, vitello, pollo, con pani di grano o d'orzo a volontà.
32 Ogni volta che si voleva brindare inonore di qualcuno, in segno d'amicizia, lo si trascinava al cratere, sul quale bisognava curvarsi e bere lappando, come i
buoi. Al capo del villaggio concessero di portar via quel che voleva, ma lui non accettò nulla, se non un privilegio: dove
vedeva un suo parente, di volta in volta lo prendeva con sé.
33 Giunti che furono da Chirisofo, trovarono che anche gliuomini lì attendati si erano cinti il capo con corone di fieno secco: li servivano giovinetti armeni, abbigliati in foggia
barbarica, ai quali i soldati impartivano ordini a gesti, come con i sordomuti.
34
Dopo essersi salutati con affetto, Chirisofo e Senofonte, mediante un interprete che parlava persiano,interrogarono insieme il capo del villaggio, chiedendo che paese fosse. «L'Armenia», rispose. Domandarono allora per
chi allevassero i cavalli che avevano visto. Disse che erano per i tributi al re. E proseguì spiegando che le terre
confinanti erano dei Calibi, mostrando dove fosse la strada.
35 Allora Senofonte lo riportò indietro alla sua gente.Anche il cavallo che aveva preso in precedenza, lo consegnò al capo del villaggio perché lo sacrificasse dopo averlo
rimesso in forze: Senofonte aveva saputo che l'animale era consacrato al Sole e temeva che morisse, sfiancato com'era
dal viaggio. Prese dei puledri, consegnandone agli altri strateghi e locaghi, uno a testa.
36 I cavalli della zona erano piùpiccoli di quelli persiani, ma molto più focosi. Poi il capo del villaggio insegna a fasciare con dei sacchetti gli zoccoli
dei cavalli e degli animali da soma, quando li guidano nella neve: senza quelli infatti, le bestie affondavano fino al
ventre.
6
1
L'ottavo giorno, Senofonte consegna a Chirisofo il capo del villaggio come guida, lasciando a casa tutti ifamiliari [del capo], tranne il figlio, appena entrato nella pubertà. Affida il ragazzo alla custodia di Epistene di Anfipoli,
assicurando al capo del villaggio che, se voleva tornare a casa con suo figlio, gli bastava svolgere bene il compito di
guida. Nella sua casa ammassarono quanti più viveri fu possibile; poi aggiogarono le bestie e ripresero il viaggio.
2 Intesta, tra la neve, procedeva il capo, libero da catene. Si era già nel corso della terza tappa, quando Chirisofo montò su
tutte le furie perché non li aveva ancora portati in qualche villaggio. Ma l'altro rispose che nella zona non ce n'erano.
Allora Chirisofo lo malmenò, ma non lo fece incatenare.
3 Perciò il capo del villaggio durante la notte fuggì,abbandonando il figlio. Nel corso di tutto il viaggio, l'unico motivo di screzio tra Chirisofo e Senofonte fu proprio
questo: il maltrattamento della guida e la trascuratezza nel sorvegliarla. Epistene comunque si innamorò del ragazzo, lo
portò con sé in Grecia, dove lo tenne sempre al suo fianco come la persona a lui più fedele.
4
Dopo percorsero sette tappe per cinque parasanghe al giorno fin oltre il Fasi, un fiume largo un pletro.5
Poi, in due tappe, proseguirono per dieci parasanghe. Sul valico che portava alla pianura, la via era sbarratada Calibi, Taochi e Fasiani.
6 Chirisofo, non appena intravide i nemici in cima al passo, si fermò a una distanza di circatrenta stadi, per non avvicinarsi in colonna agli avversari. A tutti i locaghi trasmise l'ordine di portare in avanti i
rispettivi reparti per formare la falange.
7 Quando giunse la retroguardia, chiamò a rapporto strateghi e locaghi e disse:«I nemici, come vedete, tengono sotto controllo i passi del monte: è il momento di decidere il piano migliore per lo
scontro.
8 Il mio parere è di dar disposizione alla truppa di pranzare, mentre noi decidiamo se sia meglio tentare disuperare il valico oggi o domani».
9 «Io invece», proseguì Cleanore, «penso che ci convenga sbrigarci col rancio, perpoi impugnare le armi e muovere con tutte le nostre forze contro di loro. Se lasceremo passare la giornata senza
muovere un dito, i nemici, che ora ci tengono d'occhio, prenderanno animo e così, naturalmente, con la convinzione di
potercela fare, chiameranno rinforzi più numerosi».
10
Dopo di lui intervenne Senofonte: «Ecco come la penso. Se lo scontro è inevitabile, dobbiamo prepararci alottare con tutte le nostre forze; se invece vogliamo valicare il monte con il minimo di complicazioni, allora mi pare che
si tratti di studiare un piano per ridurre al minimo non solo i danni, ma anche le perdite di vite umane.
11 Il monte chevediamo si estende per sessanta stadi o più; non si vede gente spiare le nostre mosse, se non lungo la strada. Meglio
sarebbe se cercassimo di passare inosservati e di impossessarci con destrezza, se possibile, di qualche punto del monte
lasciato sguarnito, precedendoli e portandoglielo via da sotto il naso. È meglio che avventarsi contro postazioni.35
fortificate e truppe che ci aspettano al varco.
12 Scalare un erto pendio senza combattere è molto più semplice chemarciare in pianura, se la destra e la sinistra brulicano di nemici. E gli ostacoli che ci stanno davanti ai piedi è più facile
vederli di notte se non si combatte che di giorno in battaglia. Percorrere un terreno accidentato senza combattere è più
agevole che avanzare in una via piana quando i proiettili ti sibilano intorno al capo.
13 Un colpo di destrezza, poi, nonmi sembra impossibile, dato che possiamo muoverci di notte per non essere visti e distanziarci tanto da non farci notare.
Son convinto che, se simulassimo un attacco da un lato, potremmo trovare il monte ancor più sguarnito: i nemici
rimarrebbero sul posto, compatti.
14
Ma cosa potrei aggiungere io sulla destrezza? Mi è giunto alle orecchie, Chirisofo, che voi Spartani, quantiappartenete alla classe dei Pari, fin da bambini vi esercitate al furto e non è motivo di vergogna, ma di vanto, rubare ciò
che la legge non vieta.
15 E per abituarvi ad agire con la massima abilità e a passare inosservati, la vostra legge, se sietesorpresi con le mani nel sacco, prevede la frusta. Adesso è il momento di darci un saggio di quello che hai imparato da
bambino e di fare in modo che non ci sorprendano mentre ci impossessiamo del monte, così non prenderemo delle
frustate!».
16
«A dire il vero», replicò Chirisofo, «anche a me è giunta voce che gli Ateniesi sono tremendi nell'arte dirubare il denaro pubblico, anche se tremenda è pure la pena per il ladro. E primi tra tutti lo sono i potenti, se è vero che
da voi i più potenti sono stimati degni del comando. Perciò è venuto anche per te il momento di darci un saggio di
quello che tu hai imparato da bambino».
17
«Sono pronto a muovermi», ribatté Senofonte, «con la retroguardia, dopo il rancio, per prendere il controllodel monte. Ho anche delle guide: in un'imboscata infatti i gimneti hanno catturato dei predoni che ci seguivano. Da loro
ho saputo che il monte non è impraticabile, anzi vi pascolano capre e buoi. Una volta che riusciremo a prendere un
punto del monte, potranno passare anche le bestie da soma.
18 Tra l'altro, mi aspetto che i nemici non tengano più leloro posizioni, quando ci vedranno sulle cime, in condizioni di parità: neanche adesso sono disposti ad attaccarci
dall'alto e a scendere dove ora siamo».
19 Chirisofo ancora: «Perché devi andare tu e lasciar sguarnita la retroguardia?Manda piuttosto qualcun altro, a meno che non si offrano dei volontari».
20
Allora si fanno avanti Aristonimo di Metidrio con degli opliti, Aristea il Chio e Nicomaco dell'Eta, entrambicon dei gimneti. L'accordo era che, una volta preso il controllo delle alture, avrebbero acceso molti fuochi.
21 Quindi,accordatisi, cenarono. Dopo, Chirisofo condusse avanti l'esercito al completo per una decina di stadi in direzione del
nemico, per dare proprio l'impressione di voler proseguire per quella via.
22
Quando avevano terminato la cena e la notte era scesa, il gruppo incaricato della missione si allontanò es'impadronì del monte, mentre gli altri rimasero dove si trovavano. I nemici, non appena si accorsero che il monte era
stato occupato, rimasero svegli per tutta la notte e continuarono ad accendere un gran numero di falò.
23 Quando fugiorno, Chirisofo offrì un sacrificio e guidò l'esercito lungo la strada, mentre le truppe che avevano preso il monte li
seguono lungo il crinale.
24 Il grosso dei nemici tenne la posizione sul valico, una parte affrontò i Greci cheavanzavano sulla cima. Prima che gli eserciti vengano a contatto, si scontrano i due gruppi sul crinale. Vincono i Greci
e si lanciano all'inseguimento.
25 A quel punto anche i peltasti, giù in pianura, corrono contro le truppe che liaffrontano, mentre Chirisofo tiene dietro a passo veloce con gli opliti.
26 Gli avversari che erano lungo la via, nonappena vedono che i loro, in alto, sono battuti, voltano le spalle: non molti persero la vita, ma lasciarono sul campo
un'infinità di scudi di vimini, che i Greci tranciarono con le loro spade, rendendoli inutilizzabili.
27 Quando giunsero incima al monte, offrirono sacrifici e innalzarono un trofeo. Poi ridiscesero in pianura, raggiungendo villaggi stracolmi di
beni d'ogni sorta.
7
1
Poi percorsero nelle terre dei Taochi trenta parasanghe in cinque tappe. Mancavano i rifornimenti, perché iTaochi abitavano in rocche fortificate dove avevano ammassato tutti quanti i viveri.
2 A un certo punto i Grecipervennero a una rocca, non vi era una città né case - lì si erano concentrati uomini, donne e animali in gran numero.
Chirisofo, appena giunto, si lancia all'assalto. Quando la prima linea cominciò ad accusare la fatica, ne subentrò un'altra
e poi un'altra ancora. Non c'era modo infatti di stringer d'assedio la rocca, perché era circondata da dirupi su tutti i lati.
3
Quando arrivò Senofonte con gli opliti e i peltasti della retroguardia, Chirisofo disse: «Capitate proprio almomento giusto! Dobbiamo prendere la fortezza: l'esercito rimarrà senza vettovaglie, se non la espugneremo».
4 Allorapredisposero il piano insieme. Senofonte domandò quale fosse l'ostacolo che impediva l'accesso, Chirisofo rispose: «C'è
solo un passaggio, lo vedi. Ogni volta che si tenta di imboccarlo, i nemici rotolano giù massi da quella roccia là, in alto.
Ecco la fine di chi viene colpito. Guarda». E indicò degli uomini con le gambe e le costole fracassate.
5 «Ma seesauriranno le pietre», interloquì Senofonte, «cos'altro ci impedirà di passare? Di fronte non vediamo che un pugno
d'uomini, di cui solo due o tre sono armati.
6 Quanto allo spazio da percorrere sotto il tiro nemico, come vedi anche tu,si aggira sul pletro e mezzo. E all'incirca un pletro di strada è folto di grossi pini, a breve distanza l'uno dall'altro; se ci
si tiene al riparo dietro gli alberi, che danni si possono subire dalle pietre scagliate o fatte rotolare? Resta dunque più o
meno mezzo pletro, dove ci toccherà correre, quando la pioggia di massi si farà meno intensa».
7 «Ma», replicòChirisofo, «non appena cominceremo ad avvicinarci al bosco, ci rovesceranno addosso un torrente di pietre». «Proprio
così deve essere», rispose Senofonte, «le finiranno prima. Su, portiamoci in un punto che ci consenta di rimanere allo
scoperto solo per pochi passi, se ci è possibile, ma anche di ritirarci con facilità, se lo vogliamo»..36
8
Allora avanzano Chirisofo, Senofonte e Callimaco di Parrasia, un locago cui, quel giorno, spettava il turno dicomando sui locaghi della retroguardia. Gli altri locaghi rimasero al sicuro. Quindi s'inoltrarono nella macchia altri
soldati, una settantina, non in gruppo, ma uno alla volta, ciascuno procedendo con tutta la cautela possibile.
9 Agasia diStinfalo e Aristonimo di Metidrio, anch'essi locaghi della retroguardia, rimasero ai margini, fuori della boscaglia,
perché era pericoloso che più di un loco si tenesse al riparo degli alberi.
10 A questo punto Callimaco ha una trovataingegnosa: faceva due o tre passi di corsa a partire dall'albero sotto cui si riparava; quando i macigni venivano scaricati,
ripiegava senza la minima difficoltà. A ogni suo accenno di corsa i nemici sprecavano dieci carri di pietre o anche più.
11
Agasia allora, quando nota la manovra di Callimaco, sotto gli occhi di tutto quanto l'esercito, temendo di non metterpiede per primo nella rocca, non chiama né Aristonimo, che gli era vicino, né Euriloco di Lusi - erano compagni - né
alcun altro: parte da solo, superando tutti.
12 Callimaco, non appena lo vede passare accanto, lo afferra per lo scudo. Inquell'istante li sopravanza di corsa Aristonimo di Metidrio e, alle sue spalle, Euriloco di Lusi: era ormai una disputa,
una gara di valore da parte di tutti. Così, contendendosi l'un l'altro la palma, conquistano la fortezza. Da quando infatti
cominciarono a correre, non venne precipitato più nessun masso.
13 Lo spettacolo fu terribile: le donne gettavano dallarocca i figli e si buttavano a loro volta a capofitto, come pure gli uomini. Un locago, Enea di Stinfalo, scorge uno con
una bella veste, che corre per gettarsi nel precipizio: cerca di afferrarlo per impedirglielo.
14 Ma l'altro gli si avvinghiaed entrambi piombano giù di rupe in rupe e muoiono. Qui vennero catturati davvero pochi nemici, ma molti buoi, asini
e pecore.
15
Quindi proseguirono attraverso le terre dei Calibi in sette tappe per cinquanta parasanghe. Di tutte le gentiattraverso i cui territori transitarono, furono proprio i Calibi a dimostrarsi i più coraggiosi, e in effetti con loro si
verificarono parecchi scontri. Indossavano corazze di lino lunghe fino all'addome e, al posto delle falde di cuoio,
portavano fitte corde intrecciate.
16 Avevano anche schinieri, elmi e, accanto alla cintura, un coltello lungo all'incircacome il falcetto da guerra spartano, con il quale sgozzavano chi cadeva nelle loro mani, gli tagliavano la testa e
andavano in giro tenendola in mano, tra canti e balli, ogniqualvolta importava loro che il nemico vedesse. Avevano
anche una lancia di una quindicina di braccia, a una sola punta.
17 I Calibi si tenevano asserragliati in cittadelle, ma,non appena i Greci passavano, si lanciavano immancabilmente all'inseguimento, armi in pugno. Abitavano in fortezze,
dove avevano ammassato i viveri: i Greci non poterono prendere niente nella regione, ma dovettero nutrirsi con il
bestiame catturato ai Taochi.
18
Quindi i Greci giunsero al fiume Arpaso, largo quattro pletri. Poi si spinsero nelle terre degli Sciteni perventi parasanghe in quattro tappe attraverso la pianura fino a dei villaggi, dove rimasero tre giorni e si rifornirono di
viveri.
19
Poi percorsero quattro tappe per venti parasanghe fino a una città grande, prospera e popolosa, chiamataGimnià. Da qui il capo della regione manda ai Greci una guida, perché li conducesse attraverso territori ostili.
20Appena giunta, la guida assicurò che in cinque giorni li avrebbe portati in una zona da cui potevano vedere il mare,
altrimenti lo ammazzassero pure. Mentre svolgeva la sua missione, la guida, una volta messo piede in terra nemica,
cominciò a incitare i Greci a seminare incendi e distruzioni nel paese: chiaramente, era venuto con un piano ben preciso,
non certo per benevolenza verso di loro.
21
Il quinto giorno pervennero poi a un monte di nome Teche. Non appena i primi giunsero in vetta e videro ilmare, levarono alte grida.
22 Nell'udirle, Senofonte e i suoi della retroguardia pensarono che la testa dell'esercito fosseattaccata da altri nemici: alle spalle infatti erano seguiti dalla gente cui avevano incendiato il territorio. La retroguardia
ne aveva ammazzato alcuni e catturati altri in un agguato, impadronendosi di una ventina di scudi di vimini rivestiti di
pelle di bue non conciata.
23
Poiché le grida si facevano più intense e più vicine, i soldati, che man mano giungevano, correvano verso icompagni che continuavano a urlare, e tanto più acuti salivano i clamori quanto più il numero s'ingrossava, per cui
Senofonte pensò che si trattasse di qualcosa di veramente grave.
24 Allora scese da cavallo, prese con sé Licio e icavalieri e corse a prestar soccorso, ma ben presto sentirono i soldati gridare: «Mare, mare». La voce rimbalzava di
bocca in bocca. Allora anche tutta la retroguardia si mise a correre, mentre pure le bestie da soma e i cavalli vennero
spinti al galoppo.
25 Quando furono tutti sulla cima, cominciarono ad abbracciarsi, strateghi e locaghi, tra le lacrime.All'improvviso, chissà per esortazione di chi, i soldati portarono delle pietre e formarono un tumulo enorme.
26 Sopravi posero un gran numero di pelli di bue non conciate, bastoni, scudi di vimini catturati. Dal canto suo, la guida tagliò
gli scudi, invitando gli altri a seguire il suo esempio.
27 Dopo, i Greci lo congedarono con doni tratti dal bottinocomune: un cavallo, una coppa d'argento, un abito persiano e dieci darici: ma soprattutto chiese gli anelli e molti ne
ricevette dai soldati. Indicò ai Greci un villaggio dove accamparsi e la via che li avrebbe portati alle terre dei Macroni.
Poi, lasciata passare la sera, di notte si allontanò.
8
1
Da qui i Greci si spinsero nelle terre dei Macroni per dieci parasanghe in tre tappe. Il primo giorno giunsero aun fiume che segnava il confine tra i Macroni e gli Sciteni.
2 In alto, sulla loro destra, si estendeva una zona quanto maiimpervia; sulla sinistra scorreva un altro fiume - che dovevano attraversare - nel quale si gettava il precedente corso
d'acqua. Le sue sponde erano folte di alberi, non grossi ma fitti. Non appena vi giunsero, i Greci cominciarono ad
abbatterli, per la smania di lasciarsi alle spalle quel luogo al più presto.
3 I Macroni, armati di scudi di vimini e lance,.37con vesti di crine, erano schierati sulla riva opposta, si esortavano vicendevolmente e scagliavano pietre, che comunque
cadevano in acqua senza procurare danni ai Greci, perché non si era a distanza di tiro.
4
A quel punto si avvicinò a Senofonte un uomo che diceva di essere stato schiavo ad Atene e asseriva diconoscere la lingua di quella gente. «Credo», proseguiva, «che si tratti della mia patria. Se non hai niente in contrario,
vorrei parlare con loro». «Certo che non ho nulla in contrario», rispose Senofonte, «parla pure e chiedi prima di tutto chi
sono».
5 Alla domanda risposero: «Macroni». «Chiedi allora», continuò Senofonte, «perché ci affrontano e chevantaggio traggono dall'esserci nemici».
6 Replica: «Siete stati voi a invadere le nostre terre». Gli strateghi ordinaronoal soldato di spiegare che non avevano affatto intenzioni ostili: «Abbiamo combattuto contro il re, ce ne torniamo in
Grecia, vogliamo raggiungere il mare».
7 I Macroni domandarono se erano disposti a dar garanzie delle loro parole.Ribatterono che erano pronti a darne e a riceverne. Allora i Macroni consegnano una lancia barbarica ai Greci, i Greci a
loro una lancia ellenica: per i Macroni lo scambio di lance rappresentava un impegno solenne. Gli uni e gli altri
invocarono gli dèi a testimoni.
8
Dopo lo scambio dei pegni di fede, sùbito i Macroni, unendosi ai Greci fianco a fianco, collaboraronoall'abbattimento degli alberi e aprirono una strada per consentir loro un varco. Misero a disposizione il mercato, per
quanto permettessero le loro scorte; poi li accompagnarono per tre giorni, finché non li lasciarono ai confini dei Colchi.
9
Sulla zona torreggiava un monte, dove erano schierati i Colchi. In un primo tempo i Greci opposero la falange, quasiche fossero intenzionati a muovere verso il monte imponente ma accessibile, ma poi gli strateghi decisero di riunirsi per
scegliere la tattica di combattimento migliore.
10
Senofonte dunque propose di disfare la falange e proseguire il cammino formando colonne con i lochi. Lafalange infatti era destinata a scompaginarsi sùbito, perché la marcia lungo il pendio si sarebbe rivelata in alcuni punti
impossibile, in altri spedita. Questo avrebbe sùbito disorientato i soldati quando, disposti in linea, avessero visto lo
schieramento disunirsi.
11 «Inoltre», proseguì, «se avanziamo con la falange disposta su diverse file, il fronte nemicorisulterà più ampio del nostro, per cui i Colchi potranno servirsi come meglio credono delle truppe eccedenti sulle ali.
Ma anche se la allineassimo su poche file, non sarebbe certo strano che la falange andasse in pezzi sotto l'urto dei
nemici e il nugolo di proiettili. Basta che la linea ceda in un punto e saranno dolori per tutta quanta la falange.
12Insomma, sono dell'avviso di schierarci in colonne e di tener ben distanziati i lochi, coprendo un settore così largo da
permettere alle nostre truppe che sono alle estremità di trovarsi al di là delle ali nemiche. Così i nostri lochi alle
estremità saranno più larghi del fronte nemico; inoltre, se muoviamo incolonnati, le nostre truppe scelte saranno le
prime a venire alle mani e, tra l'altro, ogni locago guiderà i suoi scegliendo la via più agevole.
13 Quanto allo spaziointermedio tra i reparti, i nemici non avranno buon gioco a incunearvisi, perché rimarranno chiusi dai lochi a sinistra e a
destra, né poi è semplice spezzare una formazione che avanza in colonna. Nel caso che uno dei lochi si trovi in
difficoltà, il reparto vicino correrà in aiuto. E se uno solo dei lochi raggiungerà la vetta, ecco che nessuno dei nemici
terrà più la propria posizione».
14
La proposta fu approvata e disposero i lochi in colonna. Senofonte si spostò dall'ala sinistra verso l'aladestra e parlò ai soldati: «Uomini, i nemici che vedete rappresentano l'ultimo ostacolo. Se non fosse per loro, ci
troveremmo già nel paese che da tanto tempo agognamo. Questa gente qui, se ci riusciamo, dobbiamo mangiarcela
anche cruda».
15
Ciascun comandante prese il proprio posto e i lochi vennero incolonnati: i lochi di opliti assommavano aun'ottantina, ciascuno composto da circa cento soldati. I peltasti e gli arcieri invece si divisero in tre reparti, ciascuno
intorno alle seicento unità, prendendo posizione uno all'esterno dell'ala sinistra, l'altro al di là dell'ala destra, il terzo al
centro.
16 Quindi gli strateghi trasmisero lungo la linea l'ordine di far voto agli dèi di un sacrificio: dopo la preghiera eil peana, mossero. Chirisofo e Senofonte con i loro peltasti avanzarono tenendosi all'esterno del fronte nemico.
17 Gliavversari, come li videro, presero a correre contro i Greci, parte contro l'ala destra, parte contro l'ala sinistra, spaccando
così la propria linea e lasciando al centro un gran vuoto.
18 I peltasti del contingente arcade, guidati da Eschined'Acarnania, pensarono che il nemico voltasse le spalle, per cui si misero a correre tra alte grida. Per primi occupano il
monte. Sùbito dietro veniva anche il reparto degli opliti arcadi, agli ordini di Cleanore d'Orcomeno.
19 I nemici, comecominciarono a correre non si fermarono più, ma, sparsi, fuggirono.
I Greci, superata la vetta, si accamparono in molti villaggi che avevano viveri in abbondanza.
20 Per il restonon si verificò nulla di singolare, se non in un caso: nella zona c'erano parecchi sciami d'api, e i soldati che ne
mangiavano il miele perdevano tutti la ragione, vomitavano, soffrivano di diarrea, non riuscivano a reggersi in piedi.
Chi lo aveva solo assaggiato, somigliava a un ubriaco fradicio; chi invece se ne era rimpinzato, sembrava pazzo o
addirittura in punto di morte.
21 Così molti giacevano a terra, quasi che l'esercito avesse subìto una sconfitta: grandeera lo scoramento. Ma il giorno successivo non era morto nessuno e, più o meno alla stessa ora, ripresero i sensi. Il terzo
o il quarto giorno erano già in piedi, come se si fosse trattato di un'intossicazione.
22
Da qui percorsero, in due tappe, sette parasanghe e giunsero al mare, a Trapezunte, una popolosa città grecasul Ponto Eusino, colonia di Sinope nella terra dei Colchi. Vi rimasero una trentina di giorni, alloggiati nei villaggi dei
Colchi.
23 Da qui, con rapide puntate, razziavano la Colchide. La popolazione stessa di Trapezunte aprì il suo mercatoall'esercito e accolse i Greci con i doni ospitali: buoi, farina, vino.
24 I Greci ebbero contatti anche con i Colchi piùvicini, soprattutto con le genti che abitavano in pianura: anche da loro ricevettero buoi come segno di ospitalità.
25
Dopo di che, si prepararono a celebrare il sacrificio promesso: erano arrivati buoi in numero sufficiente peruna cerimonia di ringraziamento in onore di Zeus Salvatore, di Eracle che li aveva condotti in salvo e delle altre divinità
alle quali avevano fatto voto. Istituirono anche un agone ginnico sul monte su cui avevano piantato le tende. Per.38
preparare il campo di corsa e sovrintendere ai giochi scelsero Dracontio, uno spartiata, esule fin da ragazzo perché
aveva ucciso involontariamente un coetaneo con un colpo di falcetto.
26
Terminato il rito, consegnarono a Dracontio le pelli delle vittime e lo invitarono a guidare tutti alla pistatracciata, lungo la quale si doveva svolgere la corsa. Ma Dracontio mostrò il luogo stesso in cui si trovavano. «Questo
colle», disse, «è perfetto per correre, qualsiasi direzione si voglia prendere». «Ma come si potrà gareggiare nella lotta»,
domandarono gli altri, «su un terreno così duro e pieno di sterpi?». Ribatte: «Peggio per chi cadrà».
27 I ragazzi - per lamaggior parte prigionieri - si cimentarono nella corsa sulla distanza di un stadio, sessanta Cretesi o più gareggiarono nel
dolico, altri preferirono la lotta, il pugilato, il pancrazio. Fu un bello spettacolo: molti infatti scesero in campo e,
siccome gli spettatori erano i compagni, sorse una grande emulazione.
28 Non mancò la corsa dei cavalli: bisognavalanciarli al galoppo giù per la china, arrivare al mare e quindi ritornare fino all'altare. Durante la discesa molti non
fecero che ruzzolare; al ritorno invece, dato il pendio ripidissimo, i cavalli non riuscivano neppure a salire al passo, tra
grida, risate, incitamenti.
LIBRO V
1
1
[Le azioni che i Greci compirono durante la spedizione con Ciro e nel corso del viaggio fino alle coste delPonto Eusino, in che modo raggiunsero la città greca di Trapezunte e come, non appena messo piede in terra amica,
celebrarono i sacrifici di ringraziamento per la raggiunta salvezza, è tutto esposto nel racconto precedente.]
2
Quindi si riunirono per deliberare sulla strada che restava da percorrere. Si alzò per primo Leone di Turi e siespresse così: «Soldati, sono stanco di preparare bagagli, di marciare, correre, e di tener le armi in spalla e stare in riga e
poi dei turni di guardia e di battaglie. Adesso che siamo arrivati al mare, voglio solo liberarmi di questi strapazzi,
starmene su una nave per il resto del viaggio, fino in Grecia, sdraiato sulla tolda come Odisseo».
3 Nell'udire le sueparole, i soldati proruppero: «Ha ragione!». Un altro ripeté un discorso dello stesso tono, come pure tutti i soldati che
intervennero dopo di lui.
4 Quindi si levò Chirisofo e disse: «Uomini, ho un amico, Anassibio, che adesso è navarco.Se mi manderete da lui, sono convinto di tornare con triremi e navi per il nostro trasporto. Visto che volete proseguire
per mare, aspettate fino al mio rientro. Sarò di nuovo qui tra breve». Allora i soldati, udite le sue parole, si rallegrarono
e votarono che Chirisofo salpasse al più presto.
5
Dopo di lui si alzò Senofonte e prese la parola: «Chirisofo dunque va in cerca di imbarcazioni, noi loaspetteremo. Voglio dunque spiegarvi che cosa ci conviene fare durante l'attesa.
6 Primo, dobbiamo rifornirci divettovaglie in terra nemica: il mercato che ci forniscono qui non è sufficiente e poi, quanto a denaro, noi, eccetto pochi,
non guazziamo nell'abbondanza. Siamo però in terra nemica, per cui c'è rischio che molti muoiano, se vi sposterete in
cerca di viveri senza precauzioni e sorveglianza.
7 A parer mio, se volete aver salva la vita, bisogna procedere allaraccolta delle vettovaglie organizzando squadre di foraggiatori e non vagando a caso. Sarà compito nostro curare ogni
dettaglio». La proposta venne accolta.
«State ancora a sentire.
8 Alcuni si allontaneranno dal campo per depredare. Per noi è meglio, credo, chechiunque voglia uscire ce lo comunichi e ci indichi la direzione che prende. Così avremo un quadro preciso di chi è
fuori e di chi è rimasto al campo, potremo prepararci in caso di necessità, sapremo dove dirigerci se la situazione
richiederà il nostro intervento e, se qualcuno dei più inesperti volesse tentare un attacco contro qualche zona, gli daremo
consigli, cercando di appurare la consistenza delle forze contro cui intende muovere». Anche questa proposta fu
approvata.
9
«Considerate ancora. I nemici hanno tutto il tempo di depredarci, come pure è normale che ci tendanoimboscate, perché ci siamo appropriati dei loro beni. E si tengono in agguato sulle alture. A mio avviso, bisogna
dislocare sentinelle intorno all'accampamento: se sorvegliamo a turno [divisi] e teniamo gli occhi aperti, per loro sarà
più complicato prenderci in trappola.
Tenete presente ancora un punto.
10 Se sapessimo per certo che Chirisofo porterà navi in numero sufficiente,le parole che sto per dirvi sarebbero inutili. Ma, nell'incertezza, mi pare il caso di darci da fare per procurarci
imbarcazioni anche sul posto. Se infatti Chirisofo giungerà con le navi, grazie alle barche trovate qui navigheremo con
una flotta più numerosa. In caso contrario, useremo le imbarcazioni reperite in zona.
11 Vedo spesso delle navi dacarico costeggiare il litorale: potremmo chiedere ai Trapezunti le loro navi da guerra, catturare quelle navi da carico e
tenerle in rada sotto custodia, dopo aver tolto i timoni, finché non ne avremo in numero sufficiente per salpare. Così
forse non ci mancheranno i mezzi di trasporto di cui abbiamo bisogno». Anche questa mozione passò.
12
«Valutate», continuò, «se non sia giusto mantenere, a spese del fondo comune, gli equipaggi che rimarrannoa terra, per tutto il tempo che resteranno a nostra disposizione, pattuendo un prezzo per il nolo delle navi, in modo che il
profitto sia reciproco». Anche questo parere fu approvato.
13
«Se non riuscissimo a procurarci un numero adeguato di navi», soggiunse, «mi pare il caso di imporre allecittà del litorale di riparare le strade che, a quel che sentiamo, non sono facilmente transitabili. Obbediranno sia per
timore sia per vivo desiderio di liberarsi di noi»..39
14
Allora presero a gridare che non bisognava più mettersi in marcia. Senofonte, non appena comprese la loroinsensatezza, non mise neppure la proposta ai voti, ma convinse le città a riparare di loro iniziativa le strade, spiegando
che si sarebbero liberate di loro prima, se le vie fossero state transitabili.
15 Ricevettero anche una pentecontere daiTrapezunti e la affidarono a Dessippo, un perieco lacone. Costui, tutt'altro che preoccupato di raccogliere nuove
imbarcazioni, prese la fuga e uscì dal Ponto, con la nave. Pagò comunque il prezzo della sua colpa, più tardi: quando era
in Tracia, invischiato in loschi traffici alla corte di Seute, venne ammazzato per mano di Nicandro il lacone.
16Ricevettero anche una triacontere, cui fu preposto l'ateniese Policrate, che ricondusse all'accampamento tutte le navi che
gli riuscì di catturare. Se portavano un carico, veniva sbarcato e posto sotto sorveglianza perché rimanesse intatto; le
navi stesse poi venivano impiegate per veleggiare sotto costa.
17 In quell'arco di tempo, i Greci compirono ripetutescorrerie, ora fruttuose, ora no. Cleeneto, che durante una sortita alla testa del suo e di un altro loco si era spinto contro
una postazione ben munita, trovò la morte insieme a molti dei suoi.
2
1
Visto che non c'era più la possibilità di rifornirsi di vettovaglie rientrando al campo prima che calassero letenebre, Senofonte, accompagnato da guide dei Trapezunti, condusse contro i Drili una metà dell'esercito e lasciò l'altra
metà di guardia all'accampamento. I Colchi infatti, poiché erano stati scacciati dalle loro case, si erano raccolti in gran
numero e avevano preso il controllo delle alture.
2 I Trapezunti non guidavano i Greci dove avrebbero potuto trovare iviveri con facilità: erano terre amiche. Si premuravano di condurli, piuttosto, nella regione dei Drili - un popolo che li
vessava - attraverso zone montane e impervie, contro le genti più bellicose del Ponto.
3
Quando i Greci erano ormai nel cuore del paese, i Drili cominciarono a dar fuoco a tutte le roccafortigiudicate espugnabili e a ritirarsi. Non rimaneva niente da razziare, tranne qualche maiale, bue o bestiame d'altro genere
che era scampato alle fiamme. C'era un solo baluardo, la loro metropoli: lì si erano asserragliati tutti. Attorno correva un
burrone fortemente scosceso, per cui l'accesso alla roccaforte risultava arduo.
4 I peltasti, che precedevano di cinque osei stadi gli opliti, dopo aver superato il burrone, videro un'infinità di armenti e di altre ricchezze e si precipitarono
contro la fortezza. Li seguiva anche un nutrito gruppo di dorifori, che si erano spinti in cerca di vettovaglie: così, già più
di duemila uomini avevano superato il burrone.
5 Poiché, nonostante gli assalti, non erano riusciti a espugnare lafortezza (c'era un largo fossato lungo tutto il perimetro, una palizzata sul terrapieno e torri di legno a breve intervallo
l'una dall'altra), cercarono di ripiegare, ma i nemici li aggredirono.
6 Siccome non potevano correre durante la ritirata,perché dalla fortezza fino al burrone dovevano scendere in fila per uno, mandarono un messo a Senofonte, che marciava
alla testa degli opliti.
7 Appena giunto, il messo spiegò a Senofonte che il forte era pieno di ricchezze d'ogni sorta: «Manon riusciamo a espugnarlo, è ben munito; neppure la ritirata è facile; i nemici ci attaccano con sortite e la discesa è
difficoltosa».
8
Allora Senofonte condusse gli opliti fino al burrone e ordinò loro di deporre le armi. Si recò di persona al dilà del burrone e, insieme ai locaghi, operò un sopralluogo, per vedere se fosse meglio ritirare i soldati che si trovavano
già oltre il burrone oppure condurre sull'altro versante anche gli opliti, nella convinzione che la fortezza potesse cadere.
9
Si valutò che una ritirata fosse possibile solo a prezzo di pesanti perdite; il forte invece, anche a giudizio dei locaghi,fu considerato espugnabile. Senofonte aderì al loro parere, fidando nei responsi delle vittime sacrificate. Gli indovini
infatti avevano predetto battaglia, ma con felice epilogo.
10 Inviò i locaghi per far passare gli opliti al di qua delburrone; dal canto suo, rimase sul posto e ordinò il ripiegamento di tutti quanti i peltasti, vietando tassativamente ogni
scontro col nemico.
11 Quando giunsero gli opliti, comandò a ciascun locago di schierare il proprio loco come megliocredesse: si trovavano gomito a gomito proprio i locaghi che erano costantemente in lizza per la palma del valore.
12Eseguirono l'ordine. Senofonte invece trasmise ai peltasti l'ordine di avanzare con i giavellotti in pugno, pronti a
scagliarli al segnale, mentre gli arcieri dovevano tener le frecce incoccate per saettare ai primi squilli di tromba e i
gimneti portare con sé i sacchetti pieni di pietre. A controllare i preparativi mandò persone adatte allo scopo.
13
Quando tutto era stato approntato e avevano ormai preso posizione i locaghi e i loro vicecomandanti e glialtri che non si ritenevano da meno, i loro sguardi cominciarono a incrociarsi: per la conformazione del forte infatti lo
schieramento era a falce di luna.
14 Poi intonarono il peana, si udì lo squillo di tromba e, all'unisono, gli opliti levaronoil grido di guerra in onore di Enialio e scattarono. In un unico istante si abbatté sul nemico un nugolo di proiettili: lance,
frecce, pietre, la maggior parte delle quali scagliate a mano. Ci fu anche chi lanciò tizzoni infuocati.
15 La pioggia diproiettili costrinse i nemici a evacuare palizzata e torri. Agasia di Stinfalo e Filosseno di Pellene posarono a terra le loro
armi e proseguirono l'avanzata, con indosso i soli chitoni. Si tiravano su l'un l'altro, mentre un terzo era già arrivato in
cima. La fortezza era caduta, si pensava.
16
I peltasti e i soldati armati alla leggera irruppero nella fortezza e fecero man bassa, ciascuno più che poteva.Senofonte, fermo davanti alla porta delle mura, cercava di trattenere all'esterno il maggior numero di opliti: avevano
avvistato altri nemici su alcune alture, in posizione difficile da attaccare.
17 Non passò molto, che si levarono alte gridadall'interno e cominciò un fuggi fuggi: c'era chi teneva stretto tra le mani il bottino raccolto, ma ben presto comparve
anche qualche ferito. Alle porte si creò gran ressa. Alle domande, chi si slanciava all'esterno rispondeva che dentro c'era
una rocca e una moltitudine di nemici, che con una sortita avevano aggredito i Greci entro le mura.
18 Allora Senofonteordinò a Tolmide l'araldo di proclamare che entrasse pure in città chi voleva darsi al saccheggio. A quel punto molti si
riversano dentro e la fiumana di gente travolge quelli che stavano scappando fuori; così costringono di nuovo i nemici a.40
rinserrarsi nella rocca.
19 Quanto si trovava all'esterno della rocca stessa venne depredato e i Greci lo portarono via.Gli opliti sostarono deponendo a terra le armi, chi nei pressi dello steccato, chi lungo la via che portava all'ultimo
baluardo.
20 Senofonte e i locaghi valutarono se fosse possibile espugnarlo: in tal caso la salvezza sarebbe stata certa,altrimenti la ritirata appariva oltremodo ostica. Dopo aver analizzato la situazione, giudicarono che la rocca fosse
assolutamente inattaccabile.
21
Allora cominciarono a preparare il ripiegamento. Ognuno iniziò a svellere i pali che aveva di fronte a sé. Ilocaghi allontanarono gli infermi, i portatori di bagagli e il grosso degli opliti, lasciando sul posto solo i soldati su cui
ciascuno nutriva piena fiducia.
22 Una volta che i Greci diedero il via alla ritirata, un gran numero di nemici balzòfuori, armati di scudi di vimini, lance, schinieri e elmi di foggia paflagonica; altri salirono sui tetti delle case situate sui
due lati della strada che conduceva alla rocca.
23 A quel punto rappresentavano una grave insidia anche le incursioniverso le porte che davano l'accesso al baluardo: i nemici, infatti, gettavano dall'alto grosse travi di legno, per cui era
rischioso tanto rimanere fermi quanto muoversi. E la notte imminente era fonte di paura.
24
Mentre continuano a lottare non sapendo che partito prendere, ecco che un dio offre loro una via d'uscita.Improvvisamente le fiamme cominciarono a divampare in una casa sul lato destro, perché qualcuno certamente - chissà
chi - le aveva dato fuoco. Non appena l'edificio si abbatté, i nemici fuggirono da tutte le case che sorgevano sulla destra.
25
Senofonte fece tesoro della lezione impartita dalla sorte e ordinò di incendiare anche le case sul lato sinistro, cheerano di legno, per cui il fuoco attecchì in un attimo. Perciò anche i nemici che erano sui tetti, da questo lato, presero la
fuga.
26 Gli unici fastidi venivano ormai dagli avversari schierati davanti all'ingresso ed era chiaro che, non appena iGreci avessero dato inizio al ripiegamento e alla discesa, sarebbero piombati loro addosso. Allora, a chi si trovava fuori
tiro, Senofonte dirama l'ordine di portar legna nella zona compresa tra loro e i nemici. Quando fu raccolta in quantità
sufficiente, le diedero fuoco; bruciarono anche le case lungo la palizzata, per tener lì occupato il nemico.
27 Così, astento, si ritirarono dalla fortezza, creando uno sbarramento di fuoco tra loro e i nemici. Avvampò in preda alle fiamme
tutta la città, con case, torri, steccato e tutto il resto, salvo la rocca.
28
Il giorno successivo i Greci si allontanarono con i viveri. Siccome si nutrivano timori per la discesa versoTrapezunte, dove la strada era in ripido pendio e stretta, predisposero una finta imboscata.
29 Un Misio - Misio distirpe e di nome - prese con sé dieci Cretesi e si appostò nella macchia: fingevano di voler passar inosservati agli occhi
del nemico, ma lasciavano balenare, a tratti, gli scudi, che erano di bronzo.
30 I nemici, scorgendo i bagliori, temevanoun'imboscata: intanto l'esercito greco procedeva nella discesa. Quando i Greci giudicarono di aver ormai un vantaggio
sufficiente, diedero al Misio il segnale di fuggire a gambe levate. Il Misio balzò fuori e scappò via, seguito dai suoi.
31I Cretesi, urlando che li stavano raggiungendo, deviarono dalla strada per gettarsi a capofitto nella boscaglia, dove,
precipitando a ruzzoloni di pianoro in pianoro, riuscirono a mettersi in salvo. Il Misio invece continuò la fuga lungo la
strada, gridando aiuto.
32 Venne soccorso e tratto in salvo, benché ferito. I soccorritori ripiegarono passo a passo con lafronte rivolta verso i nemici, sotto il loro tiro, mentre alcuni Cretesi rispondevano saettando. Così giunsero
all'accampamento, tutti sani e salvi.
3
1
Poiché Chirisofo non era ancora rientrato e navi non ce n'erano a sufficienza ed era venuta meno lapossibilità di vettovagliamento, si decise di partire. Imbarcarono gli infermi, gli uomini sopra i quarant'anni, i bambini,
le donne e tutti i bagagli non strettamente indispensabili. Salirono a bordo anche gli strateghi più anziani, Filesio e
Sofeneto, con l'incarico di dirigere le operazioni. Il resto dell'esercito si mise in cammino: la strada era ormai agibile.
2Il terzo giorno di marcia giunsero a Cerasunte, città greca sul mare, colonia di Sinope nella Colchide.
3 Vi rimaserodieci giorni, durante i quali procedettero alla rassegna e alla conta degli opliti: erano ottomilaseicento. Ecco quanti
erano sopravvissuti. Gli altri erano morti per mano nemica oppure assiderati e qualcuno di malattia.
4
Qui divisero il denaro ricavato dalla vendita dei prigionieri. La decima parte, riservata ad Apollo e Artemideefesia, venne distribuita in parti uguali a ciascun stratego, che doveva custodirla per le divinità. La parte di Chirisofo fu
affidata a Neone di Asine.
5 Senofonte dunque fece preparare il dono votivo e lo consacrò al tesoro degli Ateniesi inDelfi, dopo avervi fatto incidere il proprio nome e quello di Prosseno, morto insieme a Clearco: era infatti legato a lui
da vincoli di ospitalità.
6 Quanto alla parte spettante ad Artemide efesia, Senofonte, al momento della sua partenzadall'Asia con Agesilao alla volta della Beozia, la lasciò a Megabizo, neocoro del tempio di Artemide, perché pensava
che nel viaggio imminente sarebbe andato incontro a molti pericoli. Incaricò Megabizo di restituirgli il denaro, se fosse
uscito illeso dal viaggio; se invece gli fosse capitato qualcosa, doveva offrire in dono votivo ad Artemide l'oggetto che
stimava più gradito alla dea.
7
Da quando Senofonte era in esilio, abitava a Scillunte, su un terreno concesso dagli Spartani [pressoOlimpia]; Megabizo, che si era recato a Olimpia per assistere ai giochi, va da lui e gli riconsegna la somma depositata.
Con tale denaro Senofonte compra una tenuta per la dea, nel luogo indicato da Apollo.
8 Si dava il caso che, attraversola tenuta, scorresse il fiume Selinunte. E anche in Efeso, accanto al tempio di Artemide, scorre un fiume chiamato
Selinunte. In entrambi i corsi d'acqua vivono pesci e molluschi. Nel terreno di Scillunte poi si trovano riserve di caccia,
con selvaggina d'ogni specie.
9 Con il denaro consacrato alla divinità, Senofonte costruì anche un altare e un tempio, eper il tempo a venire, anno per anno, offrì in sacrificio alla dea la decima dei frutti della terra: tutti i concittadini, gli
uomini e le donne delle vicinanze partecipavano alla festa. A chi si attendava nella tenuta, la dea distribuiva farina,.41
pane, vino, leccornie, una porzione delle vittime sacrificate, provenienti dal pascolo consacrato alla dea, nonché
selvaggina cacciata.
10 In occasione della festa i figli di Senofonte e degli altri abitanti della città organizzavano unabattuta di caccia, cui si univa chiunque ne avesse piacere, anche gente adulta. Catturavano cinghiali, caprioli, cervi,
parte nel terreno consacrato, parte anche sulle falde del Foloe.
11 La tenuta si trova sulla strada che va da Sparta aOlimpia, a circa venti stadi dal santuario di Zeus in Olimpia. Nel terreno consacrato si stende una piana e poi ci sono
colline fitte di alberi, dove possono trovar pascolo maiali, capre, buoi e pure cavalli, tanto che perfino le bestie da soma
lì condotte per la festa potevano mangiare a sazietà.
12 Tutt'attorno al tempio era stato piantato un bosco di alberi dafrutta di tutti i generi, che davano ottimi prodotti in ogni stagione. Il tempio somiglia, anche se in piccolo, al santuario di
Efeso, e anche la statua della dea è identica, salvo che è in legno di cipresso anziché in oro, come a Efeso.
13 E unastele si erge accanto al tempio, con incisa l'iscrizione: IL LUOGO È CONSACRATO AD ARTEMIDE. CHI NE È
PROPRIETARIO E NE GODE I FRUTTI, DEVE OFFRIRE IN SACRIFICIO LA DECIMA OGNI ANNO. COL
RESTO SI PRENDA CURA DEL TEMPIO. SE NON SI OSSERVERÀ QUANTO PRESCRITTO, SARÀ LA DEA A
PROVVEDERE.
4
1
Da Cerasunte proseguì per mare chi già in precedenza aveva viaggiato su nave. Gli altri s'incamminarono viaterra.
2 Quando giungono ai confini dei Mossineci, alla gente del luogo inviano Timesiteo di Trapezunte, prosseno deiMossineci, per domandare se, al loro passaggio, li avrebbero considerati amici o nemici. I Mossineci, fidando nelle loro
fortezze, risposero che non avrebbero concesso via libera.
3 Allora Timesiteo spiega che i Mossineci erano un popolodiviso da rivalità e che le genti del versante opposto erano nemiche di queste. Si decise di convocare gli altri Mossineci,
per saggiare un'eventuale disponibilità a stringere alleanza. Venne inviato Timesiteo, che ritornò insieme ai loro capi.
4Una volta giunti, i capi dei Mossineci e gli strateghi greci si riunirono. Prese la parola Senofonte, con Timesiteo
interprete:
5
«Mossineci, è nostro desiderio tornare in Grecia sani e salvi, a piedi, perché non abbiamo navi. Ma cisbarrano il passo genti che, ci è giunta voce, sono vostre nemiche.
6 Se siete d'accordo, vi si presenta l'opportunità distringere un'alleanza con noi, di vendicarvi delle loro offese, se mai ne avete patite, e tenere d'ora in avanti i nemici
sotto il vostro tallone.
7 Se ci respingerete, pensate bene da dove vi potrà capitare, una seconda volta, un alleato cosìpotente».
8 Alle sue parole il capo dei Mossineci si dichiarò d'accordo e accettò l'alleanza. 9 «Su allora», proseguìSenofonte, «che cosa possiamo fare per voi, una volta che saremo vostri alleati? E voi, come potrete darci una mano,
per aiutarci nell'attraversare la regione?».
10 Ecco la risposta: «Siamo in grado di attaccare alle spalle il paese delnostro comune nemico e di inviarvi qui navi e uomini che vi appoggino nei combattimenti e vi indichino la via».
11
Quindi, scambiati i pegni di fedeltà, si allontanarono. Il giorno seguente erano di ritorno con trecento canoe,ciascuna ricavata da un solo tronco, che portava tre uomini: da ognuna ne scesero due e presero posto nello
schieramento, armi a terra, mentre il terzo rimase a bordo.
12 Poi ciascuno si allontanò con la propria canoa. Gli uominirimasti a terra assunsero la formazione seguente: in fila per cento, gli uni di fronte agli altri, proprio come i cori che a
teatro si fronteggiano, dotati tutti di scudi di vimini rivestiti di pelli bianche di bue, a forma di foglia d'edera. Nella
destra impugnavano un giavellotto di circa sei cubiti, che in cima era a punta e in fondo terminava a mo' di sfera.
13Avevano indosso chitoni corti che arrivavano quasi all'altezza delle ginocchia, di spessore simile ai sacchi di lino usati
per le coperte. Sul capo portavano elmi di cuoio di foggia paflagonica, con un pennacchio al centro, molto simili a tiare.
Erano dotati anche di asce di ferro.
14 A un certo punto uno di loro cominciò a intonare un canto, e tutti quanti gli altrisi misero in marcia, cantando a ritmo cadenzato. Dopo aver oltrepassato le file dei Greci e l'accampamento, si diressero
sùbito contro i nemici, puntando verso una fortezza che sembrava facilissima da conquistare.
15 Si trovava proprio difronte [alla città,] alla cosiddetta Metropoli, che sorgeva nel punto più elevato del paese dei Mossineci. La ragione del
conflitto tra le due fazioni dei Mossineci dipendeva proprio da questo forte: chi di volta in volta ne aveva il controllo,
era considerato signore di tutta la nazione. E i Mossineci loro alleati sostenevano che gli avversari lo tenevano contro
giustizia e, dopo essersi appropriati di un bene comune a tutto il popolo, adesso avevano il sopravvento.
16
Anche alcuni Greci si accodarono ai Mossineci - non dietro ordine degli strateghi - per darsi alle razzie. Inemici, finché gli altri avanzavano, rimasero tranquilli, ma non appena li videro nei pressi della fortezza, con una sortita
li misero in rotta e massacrarono parecchi barbari e alcuni Greci che si erano uniti alla spedizione, protraendo
l'inseguimento finché non avvistarono gli altri Greci che correvano a dar manforte.
17 Allora cambiarono direzione etornarono indietro: tagliarono le teste dei cadaveri e le mostrarono ai Greci e ai propri nemici, danzando e intonando
canzoni con un certo loro ritmo.
18 I Greci montarono su tutte le furie, perché avevano reso i nemici più baldanzosi eperché i loro compagni, che pure si erano uniti in gran numero ai Mossineci, avevano battuto in ritirata, fatto mai
verificatosi in precedenza nel corso della spedizione.
19 Senofonte convocò i Greci e disse: «Soldati, non lasciateviscoraggiare dall'accaduto. Sappiate infatti che è un male, ma al tempo stesso anche un bene.
20 Primo, adesso sietesicuri che le guide che ci faranno strada sono davvero nemiche della gente che, giocoforza, è pure nostra avversaria.
Secondo, chi dei Greci ha trascurato di rispettare il nostro schieramento, convinto di poter ottenere, insieme ai barbari,
gli stessi risultati raggiunti con noi, ha avuto quel che merita: d'ora in avanti ci penserà due volte prima di abbandonare
le nostre file.
21 Dovete mettervi nella condizione di dare anche ai barbari nostri alleati l'idea di essere migliori di loro.42e di dimostrare ai nemici che d'ora in avanti non combatteranno più con gli stessi uomini senza disciplina che hanno
affrontato in passato».
22
Così trascorsero la giornata. L'indomani celebrarono un sacrificio che diede responso favorevole. Quindi,dopo aver fatto colazione, si schierarono incolonnati e disposero sulla sinistra i barbari con lo stesso assetto.
S'incamminarono, tenendo gli arcieri all'interno delle schiere [incolonnate], un po' arretrati rispetto alla linea degli
opliti.
23 Tra i nemici c'erano dei soldati armati alla leggera, che correvano verso il basso contro i Greci e litempestavano di pietre. Gli arcieri e i peltasti li costrinsero a ripiegare. Il resto dell'esercito greco procedeva al passo,
direttamente contro la fortezza da cui, il giorno prima, erano stati respinti i barbari e gli uomini al loro séguito: qui
infatti erano schierati frontalmente i nemici.
24 I barbari ressero all'urto dei peltasti e ingaggiarono un combattimento,ma, non appena si fecero sotto gli opliti, volsero le spalle. I peltasti si lanciarono immediatamente all'inseguimento, su,
verso la città, mentre gli opliti tenevano dietro in ordine serrato.
25 Quando i Greci giunsero in cima, alle case dellaMetropoli, i nemici, che si erano riorganizzati, ripresero a lottare, scagliavano giavellotti e, brandendo anche un altro
genere di picche, lunghe e grosse tanto che un uomo da solo avrebbe potuto reggerne una a stento, cercavano di evitare i
colpi nei corpo a corpo.
26 Ma poiché i Greci non demordevano, anzi si facevano sotto compatti, i barbari presero lafuga e, a quel punto, tutti in massa abbandonarono la fortezza. Il loro re, che abitava nella torre di legno costruita nel
punto più alto della roccaforte, dove lo mantenevano a spese dello stato e lo proteggevano, non voleva venir fuori, come
pure il capo della fortezza conquistata in precedenza. Per cui vennero arsi vivi lì sul posto, divorati dal fuoco insieme
alle torri.
27
I Greci, durante il saccheggio, trovarono nelle case depositi di pane accatastato, che si passavano di padre infiglio, secondo quanto sostenevano i Mossineci. C'era anche del grano nuovo, tenuto in disparte ancora in spighe: si
trattava per lo più di spelta.
28 Vennero scovati anche pezzi di delfino, conservati in anfore e sotto salamoia, nonchévasi di grasso di delfino: i Mossineci lo impiegano come i Greci l'olio.
29 Nei solai c'era una gran quantità di noci,piatte e senza alcuna fessura. Bollite o abbrustolite come pani, costituivano il loro piatto di base. Trovarono anche del
vino, che, se non veniva mescolato, aveva un sapore acidulo per via della sua asprezza, ma bastava mischiarlo con
acqua e diventava profumato e gradevole.
30
I Greci dunque pranzarono e ripresero ad avanzare, dopo aver consegnato la fortezza ai Mossineci che sierano battuti al loro fianco. Quanto a tutte le altre piazzeforti in mano nemica, davanti alle quali transitarono, le meno
salde vennero abbandonate, in altre invece gli avversari si arresero spontaneamente.
31 La maggior parte delle fortezzeaveva la seguente struttura: le città distavano l'una dall'altra ottanta stadi, quale più, quale meno. Se si chiamavano con
forti grida, potevano udirsi da una città all'altra, tanto la zona era elevata e a forma di conca.
32 Quando, a forza dimarciare, giunsero in regioni amiche, furono mostrati loro i figli dei notabili della zona, bambini ingrassati e nutriti con
noci bollite: erano obesi, bianchissimi, poco ci mancava che fossero tanto larghi quanto alti, avevano le spalle e il torace
completamente tatuati con fiori variopinti.
33 Cercavano anche di accoppiarsi - lì davanti a tutti, perché da loro usa così- con le prostitute al séguito dei Greci. Tutti, uomini e donne, hanno la pelle bianca.
34 Secondo i soldati che avevanoseguito la spedizione, si trattava del popolo più barbaro mai incontrato e più lontano dai costumi greci. In mezzo agli
altri, infatti, facevano ciò che gli altri uomini avrebbero fatto in privato, mentre quando erano soli si comportavano
come se fossero tra la gente, parlavano tra sé e sé, ridevano da soli, si fermavano dove capitava per ballare, come se
volessero esibirsi davanti ad altri.
5
1
Attraverso il paese, ora in regioni nemiche ora in terre amiche, i Greci coprirono otto tappe, fino a pervenirenelle terre dei Calibi, gente poco numerosa e soggetta ai Mossineci che per la maggior parte traeva di che vivere dalla
lavorazione del ferro.
Da qui raggiunsero i Tibareni.
2 La loro regione era molto più pianeggiante; nella fascia costiera sorgevanofortezze meno salde. Gli strateghi volevano attaccare le piazzeforti, perché l'esercito traesse guadagno dal bottino.
Perciò non accolsero i doni ospitali da parte dei Tibareni, ma invitarono i messi ad attendere le loro decisioni e
celebrarono un sacrificio.
3 Dopo che ebbero immolato molte vittime, alla fine gli indovini, concordi, diedero ilresponso che gli dèi non approvavano assolutamente la guerra. Allora accolsero i doni ospitali e, dopo due giorni di
marcia in terra amica, giunsero a Cotiora, città greca e colonia di Sinope nella regione dei Tibareni.
4
[Fin qui l'esercito si era mosso a piedi. La distanza dal campo di battaglia presso Babilonia fino a Cotiora eradi seicentoventi parasanghe, ossia diciottomilaseicento stadi, percorsi in centoventidue tappe, per un totale di otto mesi.]
5
Lì rimasero quarantacinque giorni, durante i quali prima di tutto immolarono vittime in onore degli dèi,fecero processioni divisi per ciascuna etnia greca e organizzarono giochi ginnici.
6 Quanto ai viveri, parte se liprocurarono in Paflagonia, parte li depredarono nei campi dei Cotioriti, che non aprivano i loro mercati e non
accoglievano dentro le mura neppure gli infermi.
7
Nel frattempo giungono da Sinope emissari, spaventati sia per la città di Cotiora - era infatti sotto la lorogiurisdizione e gli abitanti versavano ai Sinopei un tributo - sia per la regione, in quanto correva voce che fossero in
corso saccheggi. Arrivati al campo, esposero le loro ragioni; prese la parola Ecatonimo, che aveva fama di valente
oratore:
8 «Ci ha inviato in missione, soldati, la città di Sinope, innanzitutto per rivolgervi le nostre felicitazioni perchévoi, Greci, avete sconfitto dei barbari e poi per condividere la vostra gioia, ora che siete qui sani e salvi, dopo tante.43
terribili traversie, secondo almeno quanto abbiamo udito.
9 Noi, Greci al par vostro, presumiamo di non ricevere davoi, altri Greci, danni, ma semmai vantaggi. Del resto in nessuna circostanza abbiamo manifestato ostilità nei vostri
confronti.
10 I Cotioriti sono nostri coloni e siamo stati noi a concedere loro queste terre, dopo averle strappate aibarbari. È il motivo per cui ci versano il tributo fissato, al pari dei Cerasunti e dei Trapezunti. Quindi, il male che
arrecherete loro fate conto di arrecarlo alla città di Sinope.
11 Adesso sentiamo che alcuni di voi, penetrati in città conla forza, alloggiano nelle case e che voi, sempre con la forza, non con la persuasione, prendete i prodotti della terra di
cui avete bisogno.
12 Non approviamo il vostro comportamento: se persisterete, ci troveremo costretti a stringerealleanza con Corila, coi Paflagoni e con chiunque altro ce ne dia modo».
13
Senofonte si alzò e, a nome dei soldati, tenne un discorso: «Per quanto riguarda noi, o Sinopei, siamo giuntifin qui lieti di aver portato in salvo la vita e le armi: non era possibile infatti darci alle razzie e, al tempo stesso,
combattere col nemico.
14 Ma poi siamo giunti a città greche: a Trapezunte - ci hanno aperto il mercato - abbiamoottenuto i viveri dietro pagamento e ci siamo premurati di contraccambiare agli onori e ai doni ospitali tributati
all'esercito. E se i Trapezunti avevano degli alleati tra i barbari, ci siamo guardati bene dal danneggiarli. Viceversa, sui
loro nemici, contro cui ci guidavano, abbiamo calato i nostri fendenti con tutta la forza che avevamo in corpo.
15Chiedete loro come ci siamo comportati: sono ancora qui con noi le guide concesse dalla città di Trapezunte per ragioni
d'amicizia.
16 Ma ogni qualvolta siamo giunti in un posto in cui non ci veniva messo a disposizione il mercato, fosseterra barbara o greca, ci siamo procurati i viveri non per prepotenza, ma per necessità.
17 I Carduchi, i Taochi, i Caldei,che pure non erano sottomessi al re, ce li siamo resi nemici anche se incutevano davvero paura, e tutto perché eravamo
costretti a trovare vettovaglie, dato che non ci aprivano i mercati.
18 I Macroni invece, sebbene barbari, ci hanno apertoil mercato, nei limiti delle loro possibilità. Li abbiamo considerati amici e da loro non abbiamo preso nulla con la forza.
19
Quanto ai Cotioriti, che definite vostri alleati, se hanno subìto estorsioni da parte nostra, la colpa è loro: nonsi sono comportati con noi da amici, anzi ci hanno chiuso le porte in faccia, senza lasciarci entrare e senza neppure
aprirci un mercato all'esterno, scaricando poi la colpa del loro atteggiamento sul vostro armosta.
20 Quanto al fatto cuihai accennato, cioè che i nostri con la forza sono entrati in città e si sono impossessati delle abitazioni, abbiamo ritenuto
giusto che gli infermi trovassero riparo sotto un tetto. E poiché persistevano nel tener sbarrate le porte, siamo penetrati
in un punto della cinta dove si apriva un varco, ma senza commettere atti di violenza. Poi nelle case alloggiano solo i
malati, che si sostentano a proprie spese. Abbiamo posto sentinelle alle porte, perché i nostri infermi non dipendano dal
vostro armosta, ma da noi, così possiamo portarli via quando vogliamo.
21 Noi altri, come vedete, siamo attendatiall'aperto, in bell'ordine, pronti a ricambiare chi volesse accordarci i suoi benefici, come pure a difenderci da chi
intendesse nuocerci.
22
Quanto alla tua minaccia di stringere alleanza, se mai vi piacesse, con Corila e coi Paflagoni contro di noi,siamo disposti a combattere, se necessario, contro entrambi: abbiamo già affrontato genti ben più numerose di voi.
23A meno che salti a noi in mente di farci amici i Paflagoni. Ci è giunta voce che hanno messo gli occhi sulla vostra città
e sulle piazzeforti lungo la costa. Ci sforzeremo di conquistare la loro amicizia, garantendo il nostro appoggio per
aiutarli a raggiungere i loro obiettivi».
24
A quel punto si vide con chiarezza che gli altri membri della delegazione erano irritati con Ecatonimo perquello che ha detto. Uno di loro si fece avanti e spiegò che si erano recati lì non per una dichiarazione di guerra, ma per
manifestare la loro amicizia. «Se verrete alla città di Sinope, vi accoglieremo con doni ospitali. Per ora daremo ordine
alla gente del luogo di offrirvi quanto possono: vediamo infatti che tutte le vostre parole corrispondono a verità».
25Quindi i Cotioriti inviarono i doni ospitali, mentre gli strateghi greci ospitarono gli emissari di Sinope. Discussero
insieme a lungo e amabilmente e tra le altre cose s'informarono come potessero aiutarsi reciprocamente a proposito del
viaggio che restava da compiere.
6
1
La giornata si concluse così. L'indomani gli strateghi radunarono i soldati. Si conviene di convocare gliemissari di Sinope per prendere una decisione sul resto del viaggio. Se si doveva compiere il cammino via terra,
pensavano che i Sinopei fossero preziosi, perché conoscevano bene la Paflagonia. Se invece bisognava proseguire per
mare, il loro aiuto pareva addirittura indispensabile: erano ritenuti i soli in grado di fornire imbarcazioni sufficienti per
l'esercito.
2 Convocarono dunque gli emissari e si consultarono con loro: credevano giusto che i Sinopei, in quantogreci, avessero in primo luogo l'obbligo di accogliere benevolmente altri Greci, di essere ben disposti nei loro confronti
e di consigliarli per il meglio.
3
Ecatonimo si alzò sùbito in piedi e si giustificò per le sue precedenti parole, riguardo a una possibile alleanzacoi Paflagoni: non voleva certo intendere che avrebbero mosso guerra ai Greci, ma che, pur avendo la possibilità di
stringere amicizia coi barbari, avrebbero accordato la loro preferenza ai Greci.
4 E poiché lo sollecitavano a esprimereil proprio consiglio, invocò gli dèi e disse: «Se riuscissi a suggerire la proposta che mi pare migliore, anche a me
verrebbe tanta prosperità; in caso contrario, tante disgrazie. Mi pare proprio che sia il momento, come suol dirsi, di dare
un sacro consiglio. Se infatti dimostrerò di aver avanzato una buona proposta, saranno in molti a lodarmi; ma nel caso
che la mia proposta si riveli cattiva, sarete in molti a maledirmi.
5 Se vi muoverete per mare, son sicuro che saremo noidi Sinope ad avere i fastidi maggiori, perché ci toccherà fornirvi le navi; se invece vi sposterete via terra, sarete voi a.44
dover combattere.
6 Ciò nonostante, non posso tacere quel che so, perché conosco bene la regione dei Paflagoni e laloro potenza. Il paese ha due caratteristiche: splendide pianure e monti altissimi.
7
Prima di tutto, so che penetrare nel territorio è possibile solo per un passaggio obbligato: l'unica via èattraverso due catene montuose, a picco sulla strada. Mantenendo il controllo delle alture, basterebbe un pugno d'uomini
per avere la meglio: finché i monti sono in mano nemica, neppure tutti gli uomini del mondo riuscirebbero ad aprirsi un
varco. Sono anche disposto a mostrarvi la zona di cui parlo, se volete inviare qualcuno al mio fianco.
8
Poi so che hanno pianure e una cavalleria che i barbari stessi reputano superiore alla cavalleria regia alcompleto. Anche di recente non hanno risposto a una convocazione del re, perché il loro comandante si ritiene superiore
a tutti.
9
Ammettiamo pure che riusciate a prendere il controllo delle montagne, o con un colpo di mano o passandoinosservati; ammettiamo che poi abbiate la meglio negli scontri in pianura contro i loro cavalieri e fanti - più di
centoventimila uomini: arriverete comunque ai fiumi, primo tra tutti al Termodonte, largo tre pletri, che - ne sono
convinto - è difficile da guadare, specie quando una massa di nemici aspetta di fronte e un altro stuolo incalza alle
spalle. Il secondo è l'Iris, anch'esso di tre pletri. Il terzo è l'Alis, largo non meno di due stadi, un fiume che non potreste
passare senza imbarcazioni. E chi ci sarà a procurarvele? Lo stesso vale anche per il Partenio, che non è guadabile:
comunque sia, per arrivarci dovete prima superare l'Alis.
10
Insomma ritengo la vostra marcia non tanto dura, quanto assolutamente impossibile. Se invece viaggereteper nave, potrete veleggiare sotto costa da qui fino a Sinope e poi da Sinope fino a Eraclea, da dove non c'è difficoltà a
proseguire né per terra né per mare: a Eraclea infatti non mancano di certo le navi».
11
Quando ebbe finito, alcuni sospettarono che le parole di Ecatonimo fossero dettate dalla sua amicizia perCorila, di cui era prosseno. Altri invece pensarono addirittura che avesse proposto un consiglio del genere con il
miraggio di una ricompensa. Non mancò chi ebbe l'impressione che il suo discorso puntasse a distogliere i Greci dal
marciare nella regione dei Sinopei, per il timore che provocassero danni. Comunque i Greci votarono per il viaggio via
mare.
12 Dopo di che, prese la parola Senofonte: «Abitanti di Sinope, i nostri uomini hanno scelto, per il viaggio, lasoluzione che suggerite. Ma ecco i termini della questione: se ci saranno navi sufficienti per imbarcarci tutti, dal primo
all'ultimo, salperemo; ma se a certi toccherà restar qui e agli altri partire, nessuno di noi metterà piede sulle navi.
13Abbiamo ben chiaro un punto, che, dovunque manterremo una posizione di forza, potremo anche salvarci e procurarci i
viveri; se invece ci lasceremo trovare in condizioni di inferiorità rispetto al nemico, è chiaro che finiremo schiavi».
Allora gli emissari li invitarono a mandare un'ambasceria.
14 Callimaco arcade, Aristone ateniese e Samola acheovennero incaricati e partirono.
15
Frattanto Senofonte, vedendo quanto grande era il numero di soldati greci - opliti, peltasti, arcieri,frombolieri e cavalieri, tutti ormai addestratissimi grazie alla lunga pratica -, e questo nel Ponto, dove con modeste
risorse non sarebbe stato certo possibile riunire una forza militare così ingente, stimava che fosse un'impresa gloriosa
acquisire per la Grecia nuove terre e darle maggior potenza fondando una città.
16 Gli pareva che potesse diventare unacittà potente, tenendo conto della moltitudine sia dei soldati greci sia delle genti stanziate nei dintorni del Ponto. A tale
scopo, ancor prima di farne parola ai soldati, celebrò un sacrificio, invitando Silano di Ambracia, l'indovino di Ciro.
17Ma Silano, nel timore che il progetto si realizzasse e l'esercito si stabilisse da qualche parte, lì nel Ponto, sparge voce tra
la truppa che Senofonte vuole trattenere lì le truppe, fondare una città e pensa solo a procurarsi fama e potenza.
18 Dalcanto suo, Silano non voleva altro che rientrare al più presto in Grecia: aveva ancora in tasca i tremila darici ricevuti da
Ciro quando, in un sacrificio per Ciro stesso, era riuscito a fare un'esatta previsione circa i dieci successivi giorni.
19
Tra i soldati, non appena si diffuse la notizia, si manifestarono umori contrastanti: alcuni erano d'accordo direstare nel Ponto, ma molti no. Timasione di Dardano e Torace il beotasi rivolsero ad alcuni mercanti di Sinope ed
Eraclea, lì presenti, spiegando che, se non procuravano del denaro all'esercito per comprare i viveri e salpare, c'era il
rischio che quella massa di soldati si fermasse nel Ponto. «Ecco», proseguivano, «il piano di Senofonte. Ci spinge, non
appena arrivano le navi, a rivolgere ai soldati un discorso del genere:
20 "Uomini, ora come ora capiamo che non sapeteche partito prendere sia per i rifornimenti necessari alla traversata, sia per non tornare a mani vuote. Se siete d'accordo,
possiamo scegliere una regione del Ponto, qui attorno, abitata, dove preferite, lasciando ciascuno libero di ritornare in
patria o di rimanere. Ecco, avete le navi, per cui potete piombare all'improvviso dove volete"».
21
Udite tali parole, i mercanti riferirono nelle loro città. Ad accompagnarli, Timasione inviò Eurimaco diDardano e Torace il beota per confermare le loro parole. I Sinopei e gli Eracleoti, appresa la notizia, mandano emissari
a Timasione e, dietro compenso in denaro, lo pregano di farsi interprete dei loro interessi per spingere l'esercito a levare
le ancore.
22 Timasione, accolto con gioia l'invito, prende la parola nell'assemblea dei soldati: «Non bisogna nemmenopensare di fermarci qui, soldati, né alcuna cosa deve starci a cuore più della Grecia. Ho sentito dire che qualcuno offre
sacrifici per un progetto del genere, e senza neppure mettervi al corrente.
23 Se salperete, vi prometto la paga mensiledi un cizicenoa testa, a decorrere dalla luna nuova. Vi guiderò nella Troade, la mia patria, da cui sono esule. Sarà la mia
città ad accogliervi: mi riceveranno di buon grado.
24 Vi farò poi da guida in terre da cui potrete trarre grandiricchezze. Sono pratico dell'Eolide, della Frigia, della Troade e di tutto quanto il dominio di Farnabazo, un po' perché
sono nativo di quei luoghi, un po' perché nella zona ho partecipato a una spedizione con Clearco e Dercillida».
25
Poi Torace [il beota], che non smetteva di rivaleggiare con Senofonte per il comando, si alzò e disse che, seavessero lasciato il Ponto, sarebbero pervenuti nella regione del Chersoneso, rigogliosa e ricca: se proprio qualcuno lo
voleva, poteva insediarsi lì; chi non voleva, avrebbe proseguito per la patria. Era ridicolo mettersi a cercare nei paesi
barbari, quando in Grecia avevano a disposizione tante terre estese e fertili.
26 «Finché non sarete giunti là», soggiunse,.45«anch'io vi prometto la stessa paga di Timasione». Parlava così perché era al corrente delle promesse fatte dagli abitanti
di Eracla e di Sinope a Timasione, perché convincesse i Greci a prendere il largo.
27 Nel frattempo Senofontemanteneva il silenzio.
Si alzarono gli achei Filesio e Licone: dicevano che era inaccettabile che in privato Senofonte cercasse di
persuaderli a fermarsi e celebrasse sacrifici in tal senso [senza farne partecipe l'esercito], mentre in pubblico non
spendeva una parola sull'argomento.
28 A quel punto Senofonte si trovò costretto a intervenire:«Soldati, io sì, sacrifico, come vedete, quante più vittime mi è possibile, nell'interesse vostro e nel mio, perché
grazie alle mie parole, ai miei pensieri, alle mie azioni il successo e il prestigio possa arridere a voi e a me. Anche
adesso ho celebrato un sacrificio con uno scopo ben preciso, per vedere se fosse opportuno cominciare a esporvi e
attuare i miei intendimenti oppure se fosse meglio non mettere neppure mano all'impresa.
29 Silano, l'indovino, mi hafornito l'indicazione principale, e cioè che i responsi delle vittime erano favorevoli: del resto sapeva che non sono uno
sprovveduto, perché partecipo ogni volta ai riti divinatori. Ma mi ha anche detto che nelle vittime era apparso il segno
di un inganno, di un'insidia tramata ai miei danni, e certo, perché sapeva che proprio lui si preparava a calunniarmi ai
vostri occhi. Ha sparso infatti la voce che mi riproponevo di realizzare il mio disegno senza neppure persuadervi.
30Ma io, se vi vedessi in situazione critica, cercherei di escogitare per voi il modo di impadronirvi di una città: da qui, chi
di voi lo avesse voluto, avrebbe potuto partirsene sùbito; chi no, avrebbe avuto modo di andar via dopo aver raccolto
mezzi sufficienti per portare un aiuto ai suoi familiari.
31 Ma poiché vedo che gli abitanti di Eraclea e di Sinope vimandano le navi per salpare, tanto più che qualcuno vi promette il soldo a partire dalla luna nuova, l'idea migliore mi
pare di trarci in salvo dove ci faccia comodo, tanto più che ci pagano solo per mettere al sicuro la nostra vita! Desisto
dalle mie precedenti intenzioni e, a chi mi aveva avvicinato per garantirmi il suo appoggio, dico che è meglio desistere.
32
Questo so: finché riuscirete a restare tutti uniti come adesso, sono convinto che manterrete il rispetto di tuttie avrete i viveri. Essere più forti significa anche prendere i beni dei più deboli. Ma se vi dividerete e la vostra forza
risulterà frazionata, non riuscirete neppure a trovare di che sfamarvi né avrete modo di andarvene nella massima
sicurezza.
33 Sono del vostro stesso avviso, bisogna ritornare in Grecia. Anzi, se qualcuno fosse sorpreso a disertareprima che tutto l'esercito sia ormai al sicuro, penso che lo si debba processare come malfattore. Chi è d'accordo, alzi la
mano». La alzarono tutti quanti.
34
Silano cominciò a sbraitare, farfugliando che era giusto lasciar partire chi lo voleva. I soldati nontollerarono le sue parole, ma presero a minacciarlo: se l'avessero sorpreso che se ne andava, l'avrebbe pagata cara.
35
Allora, quando gli abitanti di Eraclea vengono a sapere che si era deciso di salpare e che proprio Senofonteaveva avanzato la proposta, inviarono le navi, ma quanto al denaro promesso a Timasione e Torace non mantennero la
parola [circa il pagamento del soldo].
36 Allora i due che avevano promesso il soldo rimasero turbati, temendo lareazione dell'esercito. Prendono con sé gli altri strateghi che avevano reso partecipi delle loro passate azioni - tutti,
tranne Neone di Asine, che faceva le veci di Chirisofo, non ancora rientrato - e si recano da Senofonte, spiegandogli che
avevano cambiato idea e pensavano, adesso che avevano le navi, di far rotta verso il Fasi e di insediarsi nel paese dei
Fasiani.
37 Su di loro regnava un nipote di Eeta. Senofonte replicò che non avrebbe detto nulla del genere ai soldati:«Se volete, radunateli voi ed esponete la vostra proposta». A quel punto Timasione di Dardano espresse il parere che era
inopportuna un'assemblea, sostenendo che ciascuno doveva cercare innanzitutto di convincere i propri locaghi. Si
separarono e cominciarono l'opera di persuasione.
7
1
I soldati vennero a sapere lo scompiglio che stava succedendo. Neone sparge voce che Senofonte, dopo averconvinto gli altri strateghi, ha in mente di ingannare le truppe e di ricondurle indietro, verso il Fasi.
2 Alle sue parole isoldati se l'ebbero a male, cominciarono a formare crocchi e c'era davvero da temere che ripetessero gesti come quelli
contro gli araldi dei Colchi e gli agoranomi. [Chi di loro non era riuscito a gettarsi in mare, era finito lapidato.]
3Quando intuì come stavano le cose, Senofonte pensò bene di convocare al più presto l'assemblea e di non dar adito a
riunioni spontanee: ordinò all'araldo di proclamare l'adunata.
4 I soldati, non appena udirono l'araldo, accorsero congrande prontezza. Allora Senofonte, pur senza accusare gli strateghi di averlo avvicinato, si espresse così:
5
«Soldati, mi è giunto alle orecchie che qualcuno mi calunnia andando in giro a dire che io, con l'inganno,medito di portarvi verso il Fasi. Ascoltatemi, in nome degli dèi: se mi riterrete colpevole, non bisogna che mi lasciate
partire di qui prima di avermi fatto scontare la giusta pena; ma se verrà alla luce che i colpevoli sono gli stessi individui
che mi calunniano, allora trattateli come meritano.
6 Voi», proseguì, «sapete benissimo dove sorge il sole e dove cala esapete pure che, se uno intende dirigersi in Grecia, deve far vela verso tramonto, mentre se vuole navigare verso le terre
dei barbari, gli tocca andare dalla parte opposta, verso aurora. E chi sarebbe capace di farvi credere che il sole sorge
dove tramonta e che tramonta dove sorge?
7 Senza ombra di dubbio sapete, poi, che borea porta le navi fuori dal Ponto,verso la Grecia, mentre noto le sospinge all'interno, in direzione del Fasi, per cui, secondo il detto: quando soffia borea,
è il momento buono per veleggiare verso la Grecia. È mai possibile che uno riesca a irretirvi al punto da farvi imbarcare
quando soffia noto?
8 Poniamo il caso che io vi ordini di salire sulle navi quando c'è bonaccia. Navigherò pur sempre suuna sola imbarcazione, mentre voi sarete su cento, come minimo, o no? Come potrei allora costringervi, con la forza o
con un sotterfugio, a seguire la mia rotta, contro il vostro volere?
9 Ma ammettiamo pure che, da me ingannati eammaliati, approdiate al Fasi. Sbarchiamo a terra: ben vi accorgerete di non essere in Grecia! E allora io, l'ingannatore,.46
sarò solo e voi, gli ingannati, sarete quasi diecimila, tutti armati. Con un piano del genere, come potrebbe un uomo
attirarsi peggio di così la vostra vendetta?
10
Non sono altro che chiacchiere di gente stupida e invidiosa di me, perché godo della vostra stima. Eppurenon hanno ragione di invidiarmi: a chi di loro impedisco di parlare, se ha da proporre un consiglio utile? A chi di
combattere, se vuole, per il vostro vantaggio e per il proprio? A chi di vegliare per la tutela della vostra sicurezza? E
allora? Quando scegliete i capi, sono di intralcio per qualcuno? Bene, mi faccio da parte, comandino pure altri, a patto
che diano chiara prova di agire per il vostro bene.
11 Per quanto riguarda me, sull'argomento ho già speso parole asufficienza: se tra voi c'è chi ritiene che io abbia raggirato o lui in prima persona oppure altri, parli, lo dimostri.
12 Nelcaso invece che ne abbiate abbastanza, non sciogliete l'assemblea prima di aver ascoltato quale marciume vedo
diffondersi nell'esercito. Se la cosa dovesse aver seguito e venire a determinarsi secondo la tendenza che ora mostra, è
giunto per noi il momento di prendere una decisione sul nostro stesso conto, per non apparire come gente spregevole e
ignobile sia agli occhi degli dèi che degli uomini, amici e nemici».
13
Alle sue parole i soldati si domandarono con stupore a che cosa alludesse e lo invitarono insistentemente aspiegarsi. Allora Senofonte riprese: «Sapete che tra i monti sorgono piazzeforti dei barbari, alleati di Cerasunte; da tali
fortezze alcuni di loro sono scesi fin qui per venderci animali da sacrificio e altri loro prodotti. Mi risulta che anche
qualcuno di voi si sia recato nella piazzaforte più vicina per fare compere e poi sia rientrato al campo.
14 Non appenaCleareto il locago viene a sapere che questa fortezza era piccola e priva di sorveglianza perché ci consideravano amici,
di notte muove contro i barbari per depredarli, senza farne cenno a nessuno di noi.
15 Aveva concepito il piano, nelcaso che gli fosse riuscito di prendere la fortezza, di non far più ritorno all'esercito, ma, caricato l'eventuale bottino,
meditava di imbarcarsi su una nave con cui i suoi compagni navigavano sotto costa, per poi prendere il largo e lasciare
il Ponto. Il suo disegno era stato accolto dai suoi compagni della nave, stando a quanto adesso sento.
16 Chiamati a sétutti gli uomini che gli riuscì di convincere, puntò contro la piazzaforte. Ma la luce del giorno lo sorprende ancora in
marcia, per cui la gente della fortezza si raduna e, colpendo dall'alto delle salde postazioni con una gragnuola di
proiettili, uccide Cleareto stesso e parecchi altri, mentre pochi riescono a ripiegare su Cerasunte.
17 Il fatto accadde lostesso giorno in cui ci siamo messi in marcia per venire fin qui. E a Cerasunte rimanevano anche alcuni che si dovevano
imbarcare ma non avevano ancora preso il largo.
Dopo di che, stando al racconto dei Cerasuntini, si presentano tre anziani che venivano dalla fortezza e
chiedevano di essere ammessi alla nostra assemblea.
18 Poiché non ci avevano trovati, ai Cerasuntini domandarono checosa ci fosse saltato in mente di attaccarli. Di fronte all'assicurazione che l'episodio non dipendeva da una delibera
dell'esercito, i tre, rinfrancati, si prepararono a salpare, per comunicarci l'accaduto e invitarci a recuperare i nostri morti
per la sepoltura.
19 Il caso però volle che a Cerasunte si trovassero ancora i Greci che erano scampati al massacro sottola fortezza. Intuendo dove volessero andare i barbari, ebbero l'ardire di bersagliarli di pietre e di esortare gli altri a
seguire il loro esempio. E così i tre finirono lapidati, e dire che erano in ambasceria.
20
Dopo l'accaduto, si presentano i Cerasuntini e ci informano della faccenda: noi strateghi, nell'udire le loroparole, ci irritiamo per il misfatto e cominciamo a discutere con loro su come seppellire i Greci morti.
21 Ce nestavamo seduti fuori dell'accampamento, quando d'un tratto sentiamo un gran baccano: "Colpisci, colpisci. Tira, tira". E
sùbito vediamo una massa di gente correre contro di noi con in mano delle pietre, mentre altri le raccoglievano strada
facendo.
22 I Cerasuntini, visto quanto era accaduto nella loro città, in preda al pànico fuggono verso le navi. E c'era,per Zeus, anche qualcuno di noi atterrito.
23 Io invece mi sono fatto incontro e ho chiesto che cosa stesse succedendo.C'era chi non ne sapeva niente, ma comunque le pietre, in mano, le aveva. Poi capita uno che era al corrente: gli
agoranomi, dice, stanno vessando gravemente l'esercito.
24 Nello stesso istante qualcuno, vedendo l'agoranomoZelarco dirigersi verso il mare, lanciò un urlo: gli altri, non appena lo udirono, si gettarono su di lui, come se avessero
avvistato un cinghiale o un cervo.
25 I Cerasuntini, quando li vedono muovere nella loro direzione, ritenendo senz'altrodi essere il bersaglio, se la danno a gambe e si gettano in mare. Anche alcuni di noi seguono il loro esempio, e chi non
sapeva nuotare è morto annegato.
26 Potete immaginarveli, i Cerasuntini? Non ci avevano fatto niente, ma hanno avutopaura che avessimo preso la rabbia, come i cani.
Se dunque si ripeteranno casi del genere, guardate che ne sarà del nostro esercito.
27 Voi non sarete piùpadroni né di dichiarar guerra a chi vogliate né di porvi termine, ma il primo venuto potrà guidare, di propria iniziativa,
l'esercito contro chi più gli piaccia. Se vi si presenteranno emissari per chiedere pace o che altro, chiunque potrà
ucciderli e impedirvi di ascoltare i discorsi di chi vi si rivolge.
28 Poi tutti i comandanti scelti da voi non saranno tenutiin nessun conto; basta che qualcuno si elegga da solo stratego o che gli salti in mente di gridare "Tira, tira", e sarà
capace di ammazzare chiunque di voi voglia, un capo o un soldato semplice, senza neppure processo, se ci sarà gente
che gli presterà orecchio, come è accaduto anche ora.
29 Che cosa abbiano combinato per voi questi strateghi, che sisono autonominati, potete vederlo. Se davvero si era macchiato nei vostri confronti, l'agoranomo Zelarco non ha pagato
la sua colpa, perché ha levato le ancore e preso il largo; ma se non era colpevole, fugge dall'esercito per timore di
morire innocente e senza processo.
30 Coloro che hanno lapidato gli emissari hanno fatto sì, che adesso, unici tra iGreci, non potete entrare a Cerasunte senza correre rischi, a meno che non ricorriate alla forza. E i morti, che prima i
loro stessi uccisori vi invitavano a seppellire, adesso non potreste più recuperarli in completa sicurezza, neppure se vi
recaste là col caduceoin mano. Chi sarà infatti disposto ad assumersi il compito di araldo dopo aver ucciso gli araldi
altrui? Comunque abbiamo pregato i Cerasuntini di provvedere alla sepoltura.
31 Se vi sta bene così, date apertamenteil vostro avallo, in modo che, dovendo ripetersi fatti del genere, ciascuno possa stare personalmente in guardia e cercare
di piantare la tenda in posizione ben munita e soprelevata.
32 Se al contrario vi sembra che tali comportamenti si.47addicano alle bestie feroci e non agli uomini, studiate un rimedio per porvi fine; altrimenti, per Zeus, con che coraggio
potremo sacrificare agli dèi, se commettiamo atti empi? O come potremo mai affrontare il nemico, se ci scanniamo tra
noi?
33 Quale città ci accoglierà in amicizia, vedendo che tra noi regna l'illegalità? Chi avrà il coraggio di aprirci ilmercato, se ci mostreremo macchiati di misfatti così gravi? Là dove pensiamo di ottenere l'approvazione di tutti, chi
sarà disposto a lodarci, se ci comporteremo così? Saremmo noi stessi a bollare come malfattore chi agisce così, ne son
sicuro».
34
Allora tutti saltarono su: gli istigatori di simili azioni dovevano pagare e per il futuro non bisognava piùtollerare iniziative illegali; chi si fosse fatto promotore di gesti del genere, andava messo a morte; gli strateghi dovevano
essere incaricati di istituire processi contro tutti i colpevoli e bisognava rispondere in giudizio per qualsiasi colpa
commessa a partire dal giorno della morte di Ciro. Come giudici vennero nominati i locaghi.
35 Su suggerimento diSenofonte e per concorde approvazione degli indovini, si decise di purificare l'esercito. E la purificazione venne
eseguita.
8
1
Si decise che anche gli strateghi dovessero render ragione del loro precedente comportamento. Filesio eSanticle furono condannati a un'ammenda di venti mineper negligente controllo delle merci sulle navi da carico loro
affidate. Sofeneto invece dovette pagare dieci mine, perché, dopo essere stato eletto, *** aveva svolto il compito con
trascuratezza.
Alcuni chiamarono in causa Senofonte, asserendo di essere stati da lui percossi, e presentarono l'accusa di
abuso di potere.
2 Al suo primo accusatore, Senofonte chiese di spiegare in quale circostanza lo avesse colpito. L'altrorispose: «Quando eravamo morti di freddo e c'era una tormenta di neve».
3 Senofonte continuò: «Se davvero durante latempesta di cui parli, quando il pane ci era venuto a mancare, mentre del vino non se ne sentiva neppure l'odore, sfiniti
dalle tante fatiche e coi nemici alle calcagna, se dunque in un tale frangente sono arrivato a tanto, devo proprio
ammettere che sono più prepotente degli asini, che, come dice la gente, quando si tratta di prepotenza non sono mai
stanchi.
4 Comunque spiegami», proseguì Senofonte, «per quale motivo ti ho percosso. Ti ho forse chiesto un oggettoe, siccome non me lo hai dato, ho alzato le mani? Oppure ti ho domandato di restituirmi qualcosa? Sono sceso in lizza
per dei ragazzi? O forse avevo bevuto ed ero ubriaco fradicio?».
5 L'altro rispose di no e Senofonte passò adomandargli se era un oplita. Disse di no. Allora se era un peltasta: nemmeno. «Spingevo un mulo per ordine dei miei
compagni, ma sono di condizione libera».
6 Allora Senofonte lo riconobbe e gli chiese: «Non sei quello che trasportavaun infermo?». «Sì, per Zeus», ribatté, «mi ci avevi costretto tu! E hai gettato a terra i bagagli dei miei compagni».
7«Quanto all'aver gettato via i bagagli», disse Senofonte, «ecco come si sono svolte le cose: li ho affidati ad altri per il
trasporto, con l'ordine di riconsegnarmeli; quando me li hanno ridati, te li ho restituiti, intatti, dal primo all'ultimo, non
appena mi hai riportato il malato. Ma ascoltate questa storia», disse, «ne vale la pena.
8
Un uomo era rimasto indietro, perché non ce la faceva più a muovere un passo. Di lui sapevo solo che erauno dei nostri. Allora ti ho costretto a trasportarlo, per non lasciarlo morire: avevamo i nemici alle spalle, mi pare, e tu
eri d'accordo.
9 Allora», proseguì Senofonte, «dopo averti mandato in avanti, mentre procedevo con la retroguardia tiho ritrovato che stavi scavando una fossa per seppellire quell'uomo, per cui mi sono avvicinato e, fermandomi accanto,
ti ho coperto di elogi.
10 Ma mentre eravamo lì, l'uomo piegò una gamba e i presenti cominciarono a gridare "È vivo!".E tu: "Affari suoi. Io non lo porto più". È stato a quel punto che ti ho colpito, sì, dici il vero; ma ho avuto l'impressione
che tu lo sapessi, che era vivo».
11 «E allora?», ribatté l'altro. «Quando te l'ho riportato, non era morto lo stesso?».«Anche noi», sbottò Senofonte, «moriremo tutti; ma è un buon motivo per dover essere sepolti vivi?».
12
Allora tutti cominciarono a urlare che gliene aveva date poche. Senofonte invitò gli altri a spiegare, caso percaso, perché li aveva percossi.
13 Siccome nessuno si alzava, continuò così: «Uomini, ammetto di aver usato lemaniere forti con qualcuno, per la sua indisciplina, in particolare con la gente che pensava solo a salvarsi grazie a voi,
che procedevate nei ranghi e combattevate quando la situazione lo richiedeva, mentre loro non domandavano altro che
rompere le righe e correre in avanti, per far bottino e prendere anche la vostra parte. Se tutti ci fossimo comportati così,
non se ne sarebbe salvato neppure uno di noi.
14 Senz'altro ho percosso e costretto a riprendere il cammino chi tendevaa cedere e non voleva rialzarsi, ma si consegnava nelle mani del nemico. Quando la tempesta di neve si era fatta più
intensa, anch'io, un giorno, mentre aspettavo dei compagni che preparavano i bagagli, sono rimasto seduto per
parecchio tempo e poi mi sono accorto che faticavo a rialzarmi e a distendere le gambe.
15 Prendendo esempio dallamia esperienza, quindi, ogni volta che vedevo qualcuno a terra, indolente, lo spingevo a riprendere la marcia: il
movimento e la virilità d'animo producevano un certo calore e scioltezza per le membra, mentre il rimaner seduti e
fermi mi accorgevo che contribuivano a raffreddare il sangue e a mandare in cancrena le dita dei piedi, male di cui
hanno sofferto molti, lo sapete anche voi.
16 E forse qualcun altro, che rimaneva indietro per riposarsi, ostacolandocosì la marcia a voi dell'avanguardia e a noi delle retrovie, le ha buscate da me, ma perché non si buscasse una lancia
nemica!
17 Adesso però che sono sani e salvi, possono pretendere la mia punizione, se mai hanno subìto da me qualchetorto. Se però fossero caduti in mano nemica, che pene avrebbero patito? E quale punizione avrebbero preteso come
risarcimento?
18
Il mio ragionamento», aggiunse, «è semplice. Se ho punito qualcuno a fin di bene, merito di subire la stessapena che i genitori pagano ai figli e i maestri ai loro allievi. Anche i medici cauterizzano e amputano, a fin di bene.
19.48Se ritenete che io abbia agito così per arroganza, allora fateci caso: adesso, grazie agli dèi, mi sento più sicuro di prima,
sono più spavaldo di prima e bevo molto più vino, eppure non picchio nessuno, perché vi vedo in una situazione
tranquilla.
20 Ma quando c'è tempesta e il mare diventa grosso, non vi accorgete che, al minimo cenno, il nostromo siinfuria con i marinai di prua e il timoniere con quelli di poppa? Sono momenti in cui basta il benché minimo errore, e
tutto va a catafascio.
21 Ma anche voi avete sanzionato che facevo bene a colpirli: eravate lì presenti infatti, con inpugno le armi e non i sassolini per il voto, per cui avreste potuto soccorrerli, se volevate. Ma, per Zeus, non siete accorsi
né in loro aiuto né avete collaborato con me a punire chi non rispettava la disciplina.
22 Perciò, dando mano libera aidelinquenti, non avete fatto altro che concedere loro licenza di abusare.
Se volete prestare attenzione, vi accorgerete senz'altro che chi in passato era il più codardo ora è il più
arrogante.
23 Boisco ad esempio, il pugile tessalo, prima si batteva per non portare lo scudo, dandosi malato, ma adessomi giungono voci che ha già spogliato dei beni molti Cotioriti.
24 Se dunque avrete senno, farete il contrario di quelloche si fa con i cani: se sono aggressivi, li si lega di giorno e li si scioglie di notte. Per cui Boisco, se avrete buon senso,
lo terrete in catene di notte e lo libererete di giorno.
25
Però mi meraviglio che, se mi sono creato antipatie con qualcuno di voi, ve le teniate a mente e non lepassiate sotto silenzio, mentre se a qualcuno ho portato soccorso nel gelo invernale, se l'ho protetto dal nemico, se l'ho
aiutato a trovare un rimedio quando era stremato o in difficoltà, non c'è nessuno che se ne ricordi. E se ho elogiato
qualcuno per il suo operato o, per quanto potessi, reso onore a un valoroso, nemmeno di questo vi ricordate.
26 Eppureè bello, giusto, santo e dolce rammentare il bene più che il male».
Allora si alzarono in piedi e il loro pensiero corse al passato. E finì che tutto si accomodò.
LIBRO VI
1
1
In séguito, finché rimasero a Cotiora, i Greci trovarono di che sostentarsi o coi viveri comprati al mercato osaccheggiando i campi della Paflagonia. Ma anche i Paflagoni derubavano a più non posso quelli dei nostri che si
staccavano dai gruppi; di notte, poi, attaccavano chi aveva piantato le tende lontano dal grosso. Di conseguenza ne
derivò un'aspra ostilità reciproca.
2
Corila, che all'epoca era capo della Paflagonia, manda ai Greci degli emissari con cavalli e splendide vesti,per annunciare che era pronto a non sferrare attacchi ai Greci, a patto di non subirne.
3 Gli strateghi risposero che aquesto proposito si sarebbero consultati con l'esercito. Intanto accolsero in modo ospitale gli emissari, li invitarono a
banchetto e con loro anche chi, tra i soldati, era giudicato più degno.
4
Dopo aver sacrificato buoi catturati al nemico e altre vittime, offrirono un abbondante banchetto, ma furonocostretti a mangiar sdraiati su pagliericci e a bere da coppe di corno che avevano trovato nella zona.
5 Quando lelibagioni ebbero avuto luogo e il peana fu intonato, per primi si alzarono i Traci, che, armi in pugno, danzarono al suono
del flauto, spiccando salti altissimi, con grande leggerezza e mulinando le spade. Alla fine un danzatore colpì un altro e
a tutti sembrò che l'avesse ucciso: cadde davvero con grande arte.
6 I Paflagoni lanciarono un urlo. Il primo, dopo averspogliato delle armi il secondo, si allontanò modulando la canzone di Sitalce. Gli altri Traci raccolsero il caduto e lo
portarono via come se fosse morto: invece non si era fatto niente.
7
Poi fu il turno degli Eniani e dei Magneti, che danzarono in armi la cosiddetta carpea. 8 Ha la seguentecaratteristica: uno dei danzatori, deposte a terra le armi, semina e ara con una coppia di buoi, voltandosi spesso
all'indietro come in preda al timore. Dopo arriva il brigante: appena lo scorge, il contadino impugna le armi, gli si para
dinnanzi e lo affronta, a difesa della coppia di buoi. I due danzatori eseguirono ogni gesto a tempo, seguendo il suono
del flauto. Alla fine il brigante legò l'altro e condusse via i buoi. Ma, a volte, è il contadino ad aver la meglio sul
brigante: allora lo aggioga coi buoi e lo trascina con le mani legate dietro la schiena.
9
Successivamente si esibì un Misio, con due scudi leggeri, uno per mano. Danzava mimando uncombattimento: ora fingeva di tener testa a due nemici, ora di usare gli scudi contro un solo avversario, girava
vorticosamente su se stesso e piroettava, sempre stringendo gli scudi: uno spettacolo!
10 In ultimo ballò la persica,battendo tra loro gli scudi, si piegava sulle gambe e si rialzava, sempre a tempo di flauto.
11
Dopo di lui [subentrando] i Mantinei e altri arcadi si alzarono e, adorni delle armi più belle, avanzarono apasso cadenzato, al ritmo dell'enoplio scandito dai flauti. Intonarono il peana e danzarono come nelle processioni verso
i templi degli dèi.
A tale vista i Paflagoni giudicarono singolare che tutte le danze fossero eseguite in armi.
12 Allora il Misio,vedendo che erano rimasti colpiti, porta in scena una danzatrice, col consenso di un Arcade che l'aveva acquistata: la
abbiglia con le vesti più splendide e le dà uno scudo leggero. La donna ballò la pirrica con agilità straordinaria.
13Allora ci fu un applauso scrosciante, e i Paflagoni chiesero se anche le donne combattessero al fianco dei Greci.
Risposero che erano state proprio le donne a costringere il re a fuggire dal loro accampamento. La notte si concluse
così.
14
Il giorno successivo gli emissari vennero condotti al cospetto dell'esercito. I soldati decisero di non attaccarei Paflagoni, a patto di non essere attaccati. Dopo di che, gli emissari se ne andarono. I Greci, quando giudicarono che il.49
numero delle navi era sufficiente, salirono a bordo e navigarono un giorno e una notte con vento favorevole, tenendo la
Paflagonia sulla sinistra.
15 L'indomani giungono a Sinope e ormeggiano ad Armene, il porto di Sinope. I Sinopeiabitano in Paflagonia e sono coloni dei Milesi. Gli abitanti inviano ai Greci tremila medimni di farina d'orzo e
millecinquecento anfore di vino come doni ospitali.
Giunse qui anche Chirisofo con una triremi.
16 I soldati si aspettavano che portasse qualcosa per loro, ma nonaveva nulla. In compenso notificò che sia il navarco Anassibio sia tutti gli altri li elogiavano e che Anassibio aveva
promesso che, se lasciavano il Ponto, garantiva loro una paga.
17 Qui, in Armene, i soldati rimasero cinque giorni.Man mano che sentivano di avvicinarsi a casa, s'insinuava in loro, più che in passato, il desiderio sì di ritornare
in patria, ma non a mani vuote.
18 Pensarono allora che, se avessero nominato un comandante unico, costui avrebbepotuto impiegare l'esercito tanto di giorno come di notte, molto meglio che un gruppo di capi. Se si trattava di una
manovra per sfuggire all'attenzione nemica, era più facile mantenere il segreto. Se si doveva agire con tempestività,
avrebbero subito meno ritardi, perché non c'era bisogno di consultarsi, bastava eseguire le decisioni di quell'uno. Per il
passato invece gli strateghi avevano sempre rispettato il parere della maggioranza.
19
Nel corso di tali considerazioni si rivolsero a Senofonte. I locaghi si recarono da lui per comunicargli comela pensava l'esercito: ciascuno di loro, nel manifestargli il proprio favore, cercava di convincerlo ad assumere l'incarico.
20
Senofonte da un lato era incline ad accettare, perché riteneva che, così, il suo prestigio sarebbe aumentato e la suanotorietà cresciuta agli occhi degli amici e in patria, se gli capitava di procurare all'esercito qualche vantaggio.
21Riflessioni di tal genere lo spingevano a desiderare il comando con pieni poteri. Ma, d'altro lato, ogni qual volta il
pensiero gli correva al fatto che è oscuro il destino che pende sul capo di ogni uomo e che, pertanto, c'era il rischio di
perdere anche la fama precedentemente acquisita, non sapeva che fare.
22
Incerto sulla decisione da prendere, pensò bene di interrogare gli dèi. Presentate due vittime, le sacrificò aZeus re, che era appunto la divinità cui doveva rivolgersi, secondo il vaticinio di Delfi. Era convinto che proprio da
Zeus re venisse il sogno apparsogli al tempo in cui, per la prima volta, condivise le responsabilità per la guida
dell'esercito.
23 E si ricordava anche dell'aquila che, al momento della sua partenza da Efeso per unirsi alla spedizionedi Ciro, aveva emesso uno strido, da destra, posandosi però a terra. L'indovino che lo accompagnava gli aveva detto che
era un segno portentoso, non riguardante la sua vita privata, un presagio foriero di gloria, ma anche di sventura, dal
momento che, per lo più, gli altri uccelli attaccano l'aquila quando si posa a terra. Comunque, il presagio non riguardava
il lato economico, perché l'aquila di solito si procura il cibo in volo.
24 Così, quando Senofonte celebrò il sacrificio, ildio manifestò con chiarezza che non doveva né aspirare al comando né accettarlo in caso di elezione. E così fu.
25
L'esercito si radunò e tutti proposero di eleggere un solo capo. Presa la decisione, avanzarono il nome diSenofonte. Quando era ormai chiaro che lo avrebbero eletto, se si fosse passati alla votazione, si alzò e disse:
26
«Soldati, sono un uomo e, come tale, l'onore che mi concedete mi lusinga: vi ringrazio e prego gli dèi chemi permettano di procurarvi qualche beneficio. Quanto al fatto che scegliate me come capo, quando è presente tra noi
uno Spartano, non mi pare per voi una mossa vantaggiosa, perché, in caso di bisogno, vi sarà più difficile ottenere
l'aiuto di Sparta. Anche per me, poi, credo che la situazione non sarebbe del tutto tranquilla.
27 Ho davanti agli occhiquel che è capitato alla mia patria: gli Spartani non hanno allentato la morsa prima di costringere tutta la città a
riconoscere la loro egemonia.
28 È bastato accettarla, e sùbito lo scontro è cessato, hanno tolto l'assedio. Guardando aquegli avvenimenti, se qui dessi l'impressione di far vacillare il prestigio spartano, temo che ben presto sarei ricondotto
alla ragione.
29 Per quanto riguarda la vostra considerazione che dovrebbero verificarsi meno sedizioni quando allaguida fosse un unico capo invece di molti, sappiate bene che, eleggendo un altro, non mi sorprenderete a ribellarmi: chi
in guerra si rivolta contro il proprio comandante, secondo me non fa che rivoltarsi contro la propria speranza di
salvezza. Qualora invece sceglieste me, non mi meraviglierei se trovaste qualcuno pieno di rancore nei confronti vostri
e nei miei».
30
Ma dopo le sue parole, furono ancora di più quelli che si levano a dire che doveva accettare il comando.Agasia di Stinfalo dichiarò che la situazione, se stava in quei termini, era ridicola: «Gli Spartani allora monteranno su
tutte le furie anche se, a un banchetto, non verrà eletto re della festa uno Spartano? Se le cose stanno così, non possiamo
neppure rivestire la carica di locaghi, a quanto pare, perché siamo Arcadi». Allora tutti presero a vociare, dando ragione
ad Agasia.
31
Senofonte, poiché si rendeva conto che le sue precedenti parole non erano bastate, si fece avanti: «Bene, ouomini, non voglio tenervi all'oscuro di niente: vi giuro su tutti gli dèi e le dee che non appena mi sono reso conto delle
vostre intenzioni ho celebrato un sacrificio per sapere se fosse nel vostro interesse affidarmi questa carica e nel mio
accettarla. Gli dèi, attraverso le vittime, in modo così chiaro che anche un profano non avrebbe nutrito dubbi, mi hanno
indicato che dovevo rifiutare il comando assoluto».
32
Così scelgono Chirisofo, che, appena eletto, prese la parola: «Uomini, tenete per certo che neppure io misarei ribellato, se aveste scelto un altro. A Senofonte comunque, non eleggendolo, avete fatto un favore. Fino a poco fa
Dessippo non perdeva occasione per calunniarlo agli occhi di Anassibio con ogni mezzo, nonostante i miei tentativi per
zittirlo. Dessippo voleva sostenere che Senofonte avrebbe preferito dividere il comando dell'esercito di Clearco con
Timasione, nativo di Dardano, piuttosto che con me, che sono lacone.
33 Ma siccome avete eletto me», proseguìChirisofo, «cercherò io pure, per quanto mi sarà possibile, di procurarvi vantaggi. Preparatevi alla partenza per domani,
se c'è tempo buono. La rotta sarà per Eraclea: dobbiamo tutti quanti cercare di gettar là le ancore. Quanto al resto, una
volta che saremo sul posto, decideremo»..50
2
1
Da qui il giorno successivo salparono col favore del vento e proseguirono lungo il litorale per due giorni.Navigando sotto costa, [ebbero modo di vedere il promontorio di Giasone, dove si narra che sia stata ormeggiata la nave
Argo, nonché le foci di vari fiumi, prima il Termodonte, poi l'Iris, l'Alis e quindi il Partenio; una volta superato
quest'ultimo,] giunsero a Eraclea, città greca, colonia dei Megaresi nel territorio dei Mariandini.
2 Gettarono le ancorenei pressi del Chersoneso Acherusiade, dove si racconta che Eracle sia sceso agli Inferi per catturare il cane Cerbero,
proprio nel punto in cui ancor oggi, come prova della sua discesa, additano una voragine profonda più di due stadi.
3Qui gli abitanti di Eraclea inviano ai Greci i doni ospitali: tremila medimni di farina d'orzo, duemila anfore di vino,
venti buoi e cento pecore. Attraverso la pianura scorre un fiume di nome Lico, largo circa due pletri.
4
I soldati si riunirono e cominciarono a discutere sul resto del viaggio, se fosse meglio uscire dal Ponto perterra o per mare. Si levò in piedi l'acheo Licone e disse: «Uomini, mi meraviglio dei nostri strateghi, non tentano
nemmeno di procurarci i viveri: i doni ospitali non basteranno all'esercito nemmeno per tre giorni. E non c'è modo di
trovare viveri durante il viaggio.
5 Perciò propongo di chiedere alla gente di Eraclea non meno di tremila ciziceni».«Non meno di diecimila», fece eco un altro. «Dobbiamo scegliere degli emissari», proseguì Licone, «e mandarli sùbito
in città, mentre rimaniamo qui. Aspettiamo la risposta degli abitanti di Eraclea e poi ci regoleremo di conseguenza».
6Allora come emissario proposero prima di tutto Chirisofo, perché lo avevano eletto comandante in capo. Ci fu anche chi
avanzò il nome di Senofonte. Ma sia Chirisofo sia Senofonte rifiutarono con decisione: erano entrambi dell'avviso che
non si dovesse costringere una città greca, e per di più alleata, a consegnare qualcosa contro la propria volontà.
7Poiché i due si erano mostrati riluttanti, inviano Licone l'acheo, Callimaco di Parrasia e Agasia di Stinfalo, che, giunti
là, esposero le decisioni dell'esercito. Licone però, almeno a detta loro, aggiunse anche delle minacce, nel caso che non
li avessero accontentati.
8 Allora gli abitanti di Eraclea dissero che ci avrebbero pensato. Raccolsero sùbito i beni dallecampagne, allestirono un mercato entro le mura e, quando apparvero uomini armati sulla cinta di mura, avevano già
chiuso le porte.
9
A quel punto i responsabili di questa situazione accusarono gli strateghi di voler mandare a monte lafaccenda. Gli Arcadi e gli Achei si riunirono: li capeggiavano in particolare Callimaco di Parrasia e Licone l'acheo.
10Secondo loro era vergognoso che sui Peloponnesiaci comandassero uno Spartano e un Ateniese che si era unito
all'esercito senza truppe al suo séguito; a loro toccavano le fatiche, agli altri i guadagni, senza contare che la salvezza
era frutto del loro sudore; tutto stava sulle spalle degli Arcadi e degli Achei, il resto dell'esercito non contava niente - e,
a onor del vero, Arcadi e Achei rappresentavano più della metà delle truppe.
11 Perciò, se avevano ancora un briciolodi buon senso, dovevano far gruppo a sé ed eleggere strateghi, proseguire il viaggio per conto proprio e cercare di trarre
qualche vantaggio.
12 Le proposte furono approvate. Tutti gli Arcadi e gli Achei al séguito di Chirisofo e Senofonteabbandonarono i loro comandanti, costituirono gruppo autonomo ed elessero dieci strateghi. Votarono che costoro
avrebbero rispettato il volere della maggioranza. Il comando assoluto di Chirisofo dunque si dissolse a sei o sette giorni
di distanza dalla sua elezione.
13
Senofonte comunque voleva proseguire insieme a loro: il viaggio, ne era convinto, sarebbe stato più sicurocosì, che non andando ciascuno per la propria strada. Neone però lo persuase a unirsi a lui, perché aveva sentito dalla
bocca di Chirisofo che Cleandro, l'armosta di Bisanzio, aveva assicurato che li avrebbe raggiunti al porto di Calpe con
delle triremi.
14 Così non avrebbero dovuto dividere con nessuno le triremi, ma solo loro e i rispettivi soldati sisarebbero imbarcati: questo suggeriva Chirisofo, vuoi perché amareggiato dagli eventi, vuoi per il rancore maturato nei
confronti dell'esercito, gli concede di agire a suo piacimento.
15 Senofonte si preparò comunque ad abbandonarel'esercito e a levar le ancore; ma nel celebrare un sacrificio a Eracle perché gli fosse di guida, quando chiese se fosse
preferibile e più conveniente per lui seguire i soldati rimasti al suo fianco oppure staccarsene, il dio, attraverso le
vittime, gli indicò di restare unito alla spedizione.
16 Così l'esercito si divise in tre tronconi: gli Arcadi e gli Achei conpiù di quattromila uomini, tutti opliti; al séguito di Chirisofo circa millequattrocento opliti e più o meno settecento
peltasti, cioè i Traci di Clearco; agli ordini di Senofonte circa millesettecento opliti e grosso modo trecento peltasti.
L'unico ad avere un contingente di cavalleria era Senofonte, con una quarantina di unità.
17
Gli Arcadi riuscirono a procurarsi delle imbarcazioni dagli abitanti di Eraclea e furono i primi a scioglieregli ormeggi, per piombare all'improvviso sui Bitini e far man bassa. Sbarcano al porto di Calpe, che è all'incirca al
centro della costa della Tracia.
18 Chirisofo, lasciata la città di Eraclea, s'incamminò sùbito nell'interno, ma non appenapenetrò in Tracia, proseguì la marcia lungo la costa: era già malato.
19 Senofonte viaggiò per mare e sbarcò ai confinitra la Tracia e la regione di Eraclea, per proseguire la marcia nell'entroterra.
3
1
[In che modo dunque il comando assoluto di Chirisofo si dissolse e l'esercito greco si spezzò, è detto nelleparti sopra riportate.]
2 Ecco cosa fece ciascun gruppo. Gli Arcadi, non appena scendono al porto di Calpe, di notte, sidirigono verso i primi villaggi, a circa trenta stadi dal mare. Quando spuntò la luce, ogni stratego condusse il proprio
loco contro un villaggio: se il villaggio pareva piuttosto grande, due strateghi accorpavano i loro contingenti e
muovevano all'assalto.
3 Stabilirono anche un colle sul quale poi avrebbero dovuto ritrovarsi tutti. Piombando sui.51nemici all'improvviso, riuscirono a rendere schiava molta gente e a catturare parecchio bestiame.
4 Ma i Traci fuggitiandavano raccogliendosi: armati alla leggera com'erano, sgusciavano addirittura via dalle mani degli opliti greci, che
avevano armi troppo pesanti per rincorrerli. Una volta che si furono radunati, attaccarono prima il loco di Smicrete, uno
stratego arcade, che si stava ormai ritirando verso il luogo convenuto, con ingente bottino.
5 Per un tratto i Grecicontinuarono la marcia combattendo, ma al momento di superare un burrone fuggirono di qua e di là. I nemici uccisero
lo stesso Smicrete e tutti gli altri. Di un altro loco, quello di Egesandro, uno dei dieci strateghi, non rimasero che otto
uomini, tra i quali Egesandro stesso.
6
Gli altri lochi si riunirono, alcuni con difficoltà, altri senza. I Traci, dopo la buona sorte dei primi assalti,cominciarono a chiamarsi reciprocamente a raccolta e circondarono in forze i Greci durante la notte. Allo spuntar del
giorno avevano accerchiato il colle su cui i Greci si erano accampati. C'erano parecchi cavalieri e peltasti, e
continuavano a confluire nemici: si sentivano tanto sicuri da poter assalire perfino gli opliti.
7 I Greci infatti nonavevano né arcieri né lanciatori di giavellotto né cavalieri; i nemici invece si facevano sotto, di corsa o al galoppo,
scagliando i loro proiettili. E a ogni assalto dei Greci ripiegavano con facilità, mentre altri dei loro, su diversi fronti,
contrattaccavano.
8 Perciò, in un campo c'erano molti feriti, nell'altro nemmeno uno. Insomma i Greci non poteronospostarsi da lì, anzi, alla fine i Traci riuscirono anche a tagliarli fuori dai rifornimenti d'acqua.
9 Quando la situazioneera ormai disperata, cominciarono a trattare per una tregua. C'era accordo su ogni punto, ma non sugli ostaggi, che i
Traci si rifiutarono di consegnare, nonostante le richieste dei Greci: fu questo l'ostacolo che mandò all'aria tutto. Tale
era la situazione degli Arcadi.
10
Chirisofo, con una marcia tranquilla lungo la costa giunge al porto di Calpe.Quanto al contingente di Senofonte, che proseguiva il cammino nell'entroterra, i suoi cavalieri mandati in
avanscoperta s'imbatterono in alcuni vecchi che camminavano verso di loro. Quando furono condotti al suo cospetto,
Senofonte domandò loro se avessero per caso notizie di un altro esercito, greco per la precisione.
11 I vecchiillustrarono tutto l'accaduto, dicendo che attualmente i Greci erano stretti d'assedio su un colle, mentre i Traci, in gran
numero, li avevano circondati. Allora Senofonte diede disposizione di tenere sotto stretta sorveglianza quegli uomini,
che potevano servire da guide in caso di necessità. Predispose le sentinelle, convocò le truppe e tenne un discorso:
12
«Soldati, molti degli Arcadi sono caduti e i superstiti sono stretti d'assedio su un colle. Sono convinto che,se anch'essi moriranno, neppure per noi ci sarà salvezza, perché i nemici sono tanti e sicuri di sé.
13 La cosa miglioreper noi è di correre in loro aiuto al più presto: se sono ancora vivi, combatteremo al loro fianco e non rimarremo soli, ad
affrontare soli anche i pericoli.
16 Da qui siamo tagliati fuori da ogni ritirata. La via del ritorno verso Eraclea, infatti, èlunga, come pure lunga è la strada per Crisopoli. E poi il nemico ci sta addosso. Brevissimo è invece il tratto per il porto
di Calpe, dove, secondo i nostri calcoli, dovrebbe trovarsi Chirisofo, se si è salvato. Là però non avremo imbarcazioni
con cui partire e, se rimarremo sul posto, i viveri non ci basteranno neppure per un giorno.
17 Se gli Arcadi oraassediati verranno distrutti e ci toccherà affrontare i rischi delle battaglie con il solo contingente di Chirisofo, per noi
sarà durissima. È più semplice salvare gli Arcadi, concentrare le nostre forze e raggiungere la salvezza, tutti insieme.
Ma bisogna mettersi in marcia preparati all'idea che, adesso, o si muore gloriosamente o si compie una fulgida impresa,
salvando tanti Greci.
18 Forse a dirigere così gli eventi è la divinità, che vuole umiliare i vanagloriosi perché tropposuperbi e concedere più alti onori a noi, che ci regoliamo in base al volere divino. Su, seguite i vostri capi e rimanete
ben attenti, per poter eseguire ogni ordine.
14 Adesso avanzeremo finché non ci sembrerà giunto il momento delpranzo. Ma nel corso della marcia, Timasione rimarrà in avanscoperta con i cavalieri, senza perderci di vista ed
esplorando la zona antistante l'esercito: dobbiamo evitare ogni sorpresa».
19
Detto ciò, prese la testa dell'esercito. 15 Scelse, tra i gimneti, i soldati più agili e li inviò sulle pendici e lecime dei monti, con l'incarico di segnalare se avessero avvistato qualcosa. Diede loro l'ordine di incendiare tutto il
materiale combustibile che avessero trovato sulla loro strada.
19 I cavalieri, alla spicciolata, ma sempre entro i limiti disicurezza, cominciarono ad appiccare il fuoco. Allo stesso modo i peltasti, che procedevano di pari passo sulle alture,
bruciavano tutto ciò che vedevano d'infiammabile, e pure l'esercito, se s'imbatteva in qualcosa che era stato tralasciato.
Pertanto tutta la regione sembrava avvampare e l'impressione era che l'esercito fosse numeroso.
20 Quando venne ilmomento, i Greci si mossero e posero le tende su un colle. Vedevano i fuochi dei nemici, da cui distavano circa
quaranta stadi. Dal canto loro, accendevano quanti più falò potevano.
21 Sùbito dopo aver cenato, velocemente futrasmesso l'ordine di spegnere tutti i fuochi. Per la notte dislocarono sentinelle e dormirono: sul far del giorno rivolsero
una preghiera agli dèi e, schierati a battaglia, ripresero a marciare più in fretta che potevano.
22 Timasione e i cavalieri,in avanscoperta con le guide, senza neppure accorgersene, si trovarono in cima al colle dove i Greci erano stati stretti
d'assedio. Qui non vedono nessun esercito né amico né nemico, [e avvisano Senofonte e le truppe], ma solo delle
vecchie e dei vecchi, pochi capi di bestiame e buoi abbandonati.
23 Dopo il primo momento di stupore per quanto eraaccaduto, vennero a sapere dalla gente rimasta lì che i Traci si erano allontanati al calar della sera e poi anche i Greci,
dicevano, erano andati via: dove, però, non lo sapevano.
24
Sapute queste cose Senofonte e i suoi, dopo il rancio, prepararono i bagagli e si incamminarono, conl'intenzione di raggiungere al più presto gli altri al porto di Calpe. Ma mentre erano in marcia, videro le orme degli
Arcadi e degli Achei lungo la via [che portava a Calpe]. Quando si ricongiunsero, i due gruppi si scorsero
reciprocamente con grande gioia e si salutarono come fratelli.
25 Gli Arcadi chiesero ai soldati di Senofonte perchéavessero spento i fuochi: «In un primo tempo», spiegarono gli Arcadi, «non vedendo più i fuochi, credevamo che
avreste attaccato i nemici nel corso della notte. La stessa convinzione devono averla avuta i nemici, che, per paura di un
attacco, se ne sono andati. Sono partiti, infatti, sùbito dopo.
26 Ma siccome non arrivavate e il tempo passava, abbiamo.52pensato che vi avessero messi al corrente della nostra situazione e che, spaventati, aveste battuto in ritirata verso il
mare. E la cosa migliore ci era sembrata di non perdere il contatto con voi. Ecco come siamo arrivati qui».
4
1
Per quel giorno si stabilirono lì, sulla spiaggia presso il porto. La zona che prende il nome di porto di Calpe ènella Tracia asiatica, regione che si estende dall'imboccatura del Ponto fino ad Eraclea, sulla destra per chi naviga verso
il Ponto.
2 Con una triremi, da Bisanzio a Eraclea si impiega una giornata intera di navigazione. In questo tratto dicosta non sorge nessuna città né alleata dei Greci né di fondazione greca, ma vi abitano i Traci Bitini. Si racconta che i
Bitini infliggano torture terribili ai Greci catturati, che capitano lì o per naufragio o per qualsiasi altra ragione.
3 Ilporto di Calpe sorge proprio a pari distanza, navigando sia da Eraclea sia da Bisanzio: un promontorio si protende nel
mare, formato nella parte terminale da una scogliera a precipizio, alta non meno di venti orgie nel punto meno elevato.
L'istmo che lo congiunge alla terraferma è largo all'incirca quattro pletri: la sua area è capace di ospitare diecimila
uomini.
4 Il porto, proprio ai piedi della scogliera, ha una spiaggia che guarda verso tramonto. Nella zona delpromontorio, proprio a un passo dal mare, sgorga una fonte ricca d'acqua dolce. C'è una vegetazione rigogliosa con
piante d'ogni specie e, sulla riva, moltissimi begli alberi che forniscono legname per navi.
5 La cresta montuosa checollega il promontorio con l'interno, si estende per circa venti stadi ed è ricca di terra e senza pietre. La zona costiera,
per più di venti stadi, è folta di piante d'ogni genere e di alberi d'alto fusto.
6 La parte restante della regione è bella eampia, vi sorgono molti villaggi abitati. La terra produce orzo, grano, legumi d'ogni sorta, miglio, sesamo e fichi in
quantità, molte viti che danno vino dolce e ogni altro genere di pianta, tranne l'olivo.
7
Ecco com'era il paese. Si attendarono dunque sulla spiaggia nei pressi del mare. Non vollero porre il camponella zona in cui avrebbe potuto sorgere una città, perché sembrava che stabilirvisi potesse corrispondere a un deliberato
piano, dato che alcuni volevano fondare una colonia.
8 La maggior parte dei soldati si erano uniti con la spedizione nonper mancanza di mezzi e alla ricerca di una paga, ma perché avevano sentito parlare del valore di Ciro: c'era chi aveva
portato con sé truppe, chi aveva speso le proprie ricchezze, chi abbandonato padre e madre o lasciato i figli per ritornare
a casa ricchi, sentendo che anche gli altri al séguito di Ciro se la passavano davvero bene. Gente del genere desiderava
solo ritornare in Grecia sana e salva.
9
Il giorno successivo al ricongiungimento dell'esercito, Senofonte celebrò un sacrificio per sapere se uscire dalcampo: era necessaria infatti una sortita in cerca di viveri, ma aveva anche in mente di seppellire i morti. Poiché le
vittime diedero segni favorevoli, uscirono, seguiti anche dagli Arcadi. Seppellirono la maggior parte dei cadaveri sul
posto, proprio dove ciascuno era caduto. Erano già passati cinque giorni e ormai non era più possibile sollevarli da terra.
Alcuni corpi raccolti sulla strada furono sepolti con le esequie più solenni, per quanto lo permettessero le condizioni. A
tutti i soldati non rinvenuti, innalzarono un grande cenotafio, su cui depositarono delle corone.
10 Poi rientraronoall'accampamento. Dopo il rancio dormirono. L'indomani vi fu l'adunata dei soldati al completo: l'iniziativa partì
soprattutto dai locaghi Agasia di Stinfalo, Ieronimo dell'Elide e da altri Arcadi, i più anziani.
11 Presero una decisione:se qualcuno, in futuro, avesse solo accennato a dividere in due l'esercito, doveva essere condannato a morte; poi,
bisognava proseguire sulla terraferma, con lo stesso assetto di marcia che l'esercito aveva in precedenza e dovevano
comandare gli stessi capi di prima. Ma Chirisofo era già morto, perché, febbricitante, aveva bevuto un farmaco. Prese il
suo posto Neone di Asine.
12
Dopo di che, si alzò Senofonte e disse: «Soldati, a quanto pare dobbiamo proseguire - è chiaro - il nostroviaggio a piedi, perché ci mancano le imbarcazioni. Ma siamo costretti a metterci immediatamente in cammino, perché,
se rimaniamo qui, ci mancheranno i viveri. Per parte nostra», proseguì, «celebreremo i sacrifici; ma sta a voi prepararvi
allo scontro, ora più che mai, perché i nemici hanno ripreso coraggio».
13 Quindi gli strateghi sacrificarono, allapresenza dell'indovino Aressione, arcade. Silano di Ambracia, infatti, aveva disertato da un pezzo, salpando da Eraclea
su un battello preso a nolo. Gli strateghi, che immolavano vittime per sapere se gli dèi consentivano la partenza,
ricevettero responso sfavorevole. Per quel giorno si fermarono.
14 Ci fu gente che ebbe l'impudenza di dire che eratutto un piano di Senofonte, che voleva fondare una città nella zona e aveva corrotto l'indovino, facendogli dire che i
segni non erano favorevoli alla partenza.
15 Allora Senofonte ordinò all'araldo di annunciare che l'indomani tuttipotevano, volendo, presenziare alla cerimonia e, se c'erano degli indovini, li sollecitava ad assistere per ispezionare le
viscere tutti insieme. E poi procedette al sacrificio: in quell'occasione molti furono i presenti.
16 Immolò vittime per lapartenza, ripetendo le operazioni per ben tre volte, ma il responso restò sfavorevole. Allora i soldati rimasero contrariati.
Stavano terminando le scorte di viveri che avevano al momento del loro arrivo e non c'era nessun mercato dove
trovarne altri.
17
Quindi si riunirono e Senofonte prese di nuovo la parola: «Uomini, riguardo al viaggio, come vedete, levittime non danno ancora responso favorevole. Quanto ai viveri invece, so che vi mancano, per cui mi pare che non ci
resti altra soluzione che offrire un sacrificio per saperne di più in proposito».
18 Un soldato si levò in piedi e disse: «Edè naturale che i presagi siano sfavorevoli: ieri, da un equipaggio sbarcato qui casualmente, ho sentito dire che Cleandro,
l'armosta di Bisanzio, arriverà con navi e triremi».
19 Allora tutti decisero di restare. Comunque era necessario usciredal campo per il vettovagliamento. A tale scopo celebrarono ancora sacrifici, per tre volte, ma il responso fu negativo.
Ben presto davanti alla tenda di Senofonte si formò un assembramento di soldati, che gli dicevano di essere senza
viveri. Senofonte ribadì che non si sarebbero mossi, se le vittime risultavano sfavorevoli..53
20
L'indomani venne ripetuto il sacrificio: quasi al completo, l'esercito assisteva al rito, tutt'attorno alle vittime,perché era una questione che riguardava tutti quanti. Ma erano venute a mancare le vittime da immolare. Gli strateghi
tuttavia non presero la decisione di uscire dal campo, ma convocarono l'assemblea.
21 Senofonte allora tenne undiscorso: «Forse i nemici si sono radunati e non ci resta che combattere. Se lasciassimo i bagagli in un posto sicuro e ci
muovessimo preparati come a battaglia, forse i responsi sarebbero propizi a noi».
22 Appena lo udirono, i soldatirumoreggiarono: non c'era nessun bisogno di portare i bagagli al sicuro, ma si doveva sacrificare al più presto. Pecore
non ce n'erano più, per cui comprarono buoi da tiro per immolarli. Senofonte pregò Cleanore l'arcade di compiere il rito
al posto suo, caso mai dipendesse dalla sua presenza. Ma neppure così l'esito fu positivo.
23
Neone, che era stratego al posto di Chirisofo, quando vide che gli uomini erano disperati per la carestia diviveri, cercò di ingraziarseli; aveva trovato un tale di Eraclea che asseriva di conoscere dei villaggi vicini dove
avrebbero potuto rifornirsi. Neone dunque proclamò che, chi lo volesse, aveva il permesso di andare in cerca di viveri,
sotto la sua guida. Escono dal campo circa duemila persone, con bastoni, otri, borse e altri recipienti.
24 Quando sononei villaggi e si disperdono per arraffare, ecco che piombano su di loro i cavalieri di Farnabazo per primi. Erano giunti
in appoggio ai Bitini, perché insieme a quest'ultimi volevano, se possibile, sbarrare ai Greci il passaggio in Frigia. I
cavalieri uccidono non meno di cinquecento uomini, mentre gli altri si rifugiano sul monte.
25 Dopo di che, qualchefuggiasco porta la notizia all'accampamento. Senofonte, poiché quel giorno le vittime non avevano dato segni
favorevoli, prese un bue da tiro - non c'erano altri animali da sacrificio - e lo immolò. Poi corse in aiuto insieme a tutti i
soldati che, di età, non avevano superato la trentina.
26 Dopo aver recuperato i superstiti, rientrano al campo. Si eraormai al calar del sole e i Greci, molto depressi, stavano cenando, quand'ecco che, all'improvviso, un gruppo di Bitini
balza dalla macchia e assale gli avamposti greci, massacra alcune sentinelle e insegue le altre fino all'accampamento.
27
Le grida che si levarono fecero correre tutti i Greci alle armi: inseguire il nemico o spostare il campo nonsembravano, di notte, operazioni senza rischi, perché la zona era coperta da una fitta vegetazione. Trascorsero la notte
in armi, rafforzando la sorveglianza con adeguati posti di guardia.
5
1
Trascorsero così la notte. Allo spuntar del giorno gli strateghi guidarono l'esercito in un posto ben munito, isoldati li seguirono con armi e bagagli. Prima dell'ora del rancio fortificarono la zona scavando un fossato nel punto di
accesso, la circondarono completamente con una palizzata, lasciando tre porte. Da Eraclea intanto giunse un battello
carico di farina, animali da sacrificio e vino.
2 Senofonte si levò di buon'ora e sacrificò per la partenza: il responso èfavorevole fin dalla prima vittima. Quando ormai la cerimonia volge al suo termine, l'indovino, Aressione di Parrasia,
vede un'aquila - segno propizio - ed esorta Senofonte a prendere la testa dell'esercito.
3 Oltrepassarono il fossato edeposero le armi; poi dall'araldo fecero ordinare ai soldati di riprendere le armi e di rimettersi in marcia, dopo il rancio:
il grosso delle truppe e gli schiavi sarebbero rimasti sul posto.
4 Gli altri dunque si mossero, tutti meno Neone. Si pensòinfatti che fosse meglio lasciarlo a sorvegliare le truppe rimaste al campo. Eppure i suoi locaghi e i suoi soldati lo
lasciarono solo, perché provavano un senso di vergogna nel non seguire la sortita degli altri: restarono sul posto gli
uomini al di sopra dei quarantacinque anni. Quindi gli uni rimasero, gli altri si incamminarono.
5 Non avevano ancoracoperto quindici stadi, e già s'imbatterono nei cadaveri. Quelli della retroguardia, visti i primi morti, cominciarono a
seppellire tutti quanti giacevano nello spazio occupato dalla loro schiera.
6 Una volta sotterrati i primi, procedetteroancora finché la retroguardia non raggiunse altri corpi insepolti, e poi, con lo stesso procedimento, seppellirono tutti i
cadaveri che l'esercito trovava. Poi giunsero alla strada che proveniva dai villaggi: lì i cadaveri giacevano a mucchi. Li
raccolsero tutti e li sotterrarono in una fossa comune.
7
Si era già oltre la metà della giornata e l'esercito continuava ad avanzare fuori dai villaggi, raccogliendoqualsiasi tipo di viveri ciascuno vedesse, ma sempre senza uscire dai ranghi. Ma ecco che, all'improvviso, scorgono i
nemici - una massa di cavalieri e fanti schierati in formazione da combattimento - valicare i colli di fronte e riversarsi
giù per la china: erano Spitridate e Ratine inviati da Farnabazo con un contingente.
8 Quando i nemici avvistarono iGreci, si fermarono a circa quindici stadi di distanza. Immediatamente Aressione [l'indovino dei Greci] immolò vittime,
che diedero sùbito responso positivo.
9 Allora Senofonte dice: «Mi pare, o strateghi, che sia bene disporre in coda alloschieramento alcuni lochi di riserva, così, in caso di bisogno, daranno manforte alla falange e i nemici, sbandati,
cozzeranno contro forze fresche e ordinate». Il parere venne condiviso da tutti.
10 «Voi dunque», proseguì, «procedetefrontalmente contro il nemico, per non rimanere fermi, dato che ci hanno visti come noi abbiamo visto loro. Io vi
raggiungerò dopo, quando avrò disposto i lochi della retroguardia nella formazione da voi decisa».
11 Allora glistrateghi avanzarono con l'esercito pian piano, mentre Senofonte distaccò tre lochi della retroguardia, ciascuno di
duecento uomini. Collocò il primo sulla destra, col compito di tener dietro al grosso alla distanza di circa un pletro. Il
comando di questo distaccamento venne affidato all'acheo Samola. Il secondo loco lo separò perché seguisse al centro
sotto la guida dell'arcade Pirria. Il terzo, sulla sinistra, sottostava agli ordini dell'ateniese Frasia.
12
Proseguirono la marcia finché la testa della colonna non si trovò dinnanzi a un canalone ampio e di difficiletransito. Allora si fermarono, non sapendo se lo si potesse attraversare. Trasmettono agli strateghi e ai locaghi l'ordine
di recarsi in testa.
13 Senofonte, mentre ancora si domandava, meravigliato, che cosa bloccasse la marcia, ricevettesùbito l'avviso di raggiungere la testa e partì a briglia sciolta. Una volta riunitisi, prende la parola Sofeneto, il più.54
anziano degli strateghi, sostenendo che, fosse o non fosse il canalone transitabile, non se ne parlava nemmeno di
oltrepassarlo.
14
Senofonte gli tolse prontamente la parola e replicò: «Sapete bene, o uomini, che di mia volontà non vi homai cacciato nei guai. So infatti che chiedete non tanto una gloria che aumenti il vostro valore, quanto la salvezza.
15Ora le cose stanno in questi termini: non possiamo allontanarci senza colpo ferire. Se non saremo noi a puntare contro i
nemici, saranno loro a seguirci e a piombarci addosso, non appena ci metteremo in marcia.
16 Pensateci bene: è megliomuovere all'assalto con gli scudi protesi in avanti oppure gettarceli dietro la schiena e vedere i nemici piombarci alle
spalle?
17 Sapete certamente che la ritirata davanti al nemico è un gesto vile e che, invece, l'inseguimento rendecoraggiosi anche i più codardi. Per quanto riguarda me, preferirei trovarmi ad attaccare con metà dell'esercito piuttosto
che ritirarmi con il doppio. E nemmeno voi, ne sono certo, vi aspettate che questa gente qui, di fronte a un nostro
assalto, ci affronti a piè fermo. Ma se ci ritiriamo, troveranno il coraggio di inseguirci, ognuno di noi lo sa bene.
18Superare un canalone così impervio e lasciarlo alle nostre spalle, nell'imminenza dello scontro, vi pare un vantaggio da
lasciarsi scappare? Vorrei che al nemico tutte le strade sembrassero comode, tanto comode da indurli alla ritirata. La
natura di questa zona deve insegnarci che non c'è salvezza, se non per i vincitori.
19 Come potremmo attraversare lapianura, se non batteremo i cavalieri? Come oltrepassare di nuovo le montagne già valicate, se ci inseguirà una massa
così grande di truppe leggere? Personalmente mi pare strano che qualcuno consideri questo vallone più spaventoso
rispetto a tutti gli altri ostacoli da noi superati.
20 E facciamo conto di arrivare sani e salvi al mare: ci troveremodavanti il Ponto, altro che canalone! Là non avremo navi per andarcene né cibo con cui sfamarci, se rimarremo sul
posto. Quanto prima arriveremo là, tanto prima dovremo uscire di nuovo in cerca di viveri.
21 È meglio combattereoggi che ci siamo rifocillati piuttosto che domani a stomaco vuoto. Soldati, i responsi delle vittime sacrificali sono
propizi, gli uccelli di buon auspicio, le viscere sono favorevolissime: marciamo contro il nemico. Non dobbiamo, ora
che ci hanno visti, lasciarli mangiare comodamente né piantare le tende dove loro pare e piace».
22
Allora i locaghi lo pregarono di porsi alla loro testa e nessuno ebbe di che obiettare. Senofonte si mise allaguida, trasmettendo l'ordine che ciascuno superasse il vallone nel punto in cui si trovava. Pensava che così, con
l'esercito compatto, il passaggio del canalone sarebbe stato più rapido che se lo avessero attraversato in fila, sul ponte
sovrastante.
23 Una volta sull'altro versante, muovendosi lungo la linea dello schieramento, Senofonte parlò ai soldati:«Uomini, richiamate alla mente quante battaglie, grazie agli dèi, avete vinto andando avanti uniti e quante sofferenze
hanno patito coloro che hanno voltato le spalle ai nemici. Tenete anche presente che siamo a un passo dalla Grecia.
24Su, seguite Eracle come guida e incitatevi l'un l'altro, chiamandovi per nome. È senz'altro bello narrare un nobile gesto
di valore compiuto oggi e lasciare un ricordo agli uomini di cui vogliamo la stima».
25
Così parlava, sfilando a cavallo davanti alle truppe. Nello stesso tempo continuava a condurre la falange,che marciava contro il nemico protetta sui fianchi dai peltasti. Venne diramato l'ordine di tenere le lance sulla spalla
destra finché la tromba non avesse dato il segnale: poi dovevano spianarle e procedere al passo, senza che nessuno si
lanciasse all'inseguimento di corsa. A questo punto si diffuse di bocca in bocca la parola d'ordine: Zeus salvatore ed
Eracle guida. I nemici non si mossero, convinti che la loro posizione fosse favorevole.
26 Quando furono più vicini, ipeltasti greci lanciarono il grido di battaglia e si misero a correre contro il nemico prima di riceverne l'ordine. I nemici
partirono al contrattacco con i cavalieri e la schiera dei Bitini: i peltasti vennero respinti.
27 Ma quando era ormaivicina la falange degli opliti, che procedeva spedita, tutto si susseguì in pochi attimi: la tromba suonò, i soldati
intonarono il peana, levarono l'urlo di guerra, puntarono le armi. Allora i nemici non ressero all'assalto e fuggirono.
28Timasione li inseguì insieme ai cavalieri: erano pochi, sì, ma massacrarono il nemico a più non posso. L'ala sinistra
avversaria, che era schierata di fronte ai cavalieri greci, si sfaldò sùbito, mentre la destra, non incalzata con vigore, si
attestò su un colle.
29 Quando i Greci li videro fermarsi, valutarono che un attacco fosse cosa di tutta facilità e che nonpotesse più comportare rischi. Intonarono il peana e sùbito li incalzarono: il nemico non ebbe la forza di resistere.
Allora i peltasti protrassero l'inseguimento finché l'ala destra avversaria non si scompaginò. Poche però furono le
vittime: la cavalleria nemica, molto numerosa, incusse timore agli inseguitori.
30 I Greci poi videro che la cavalleria diFarnabazo era ancora a ranghi compatti, che i cavalieri bitini si andavano riorganizzando attorno a questa e che dall'alto
di un colle osservavano l'evolversi della situazione. Allora, per quanto stremati, decisero di lanciarsi anche contro
queste truppe, per non dar loro il tempo di riprender fiato e coraggio.
31 Formate le linee, dunque, avanzano. Allora icavalieri avversari fuggono giù per il pendio, né più né meno come se fossero inseguiti da altri cavalieri. Alle loro spalle
li attendeva un avvallamento: i Greci non lo sapevano, ma comunque desistettero dall'inseguimento perché si era fatto
tardi.
32 Ritornati al punto in cui aveva avuto inizio la battaglia, innalzarono un trofeo e, al calar del sole, ripresero lavia del ritorno verso il mare: c'erano circa sessanta stadi fino all'accampamento.
6
1
Da quell'istante i nemici si preoccuparono delle loro cose e condussero il più lontano possibile i familiari e ibeni. I Greci si fermarono ad aspettare l'arrivo di Cleandro con triremi e navi da carico. Nel frattempo, uscivano dal
campo ogni giorno con bestie da soma e schiavi, portando indietro frumento e orzo senza correre rischi, nonché vino,
legumi, miglio, fichi. La regione dava ogni sorta di prodotti, tranne l'olivo.
2 Ogni volta che l'esercito rimaneva alcampo per riprendere fiato, ai singoli era concesso di uscire per razzie, e ciascuno teneva per sé il bottino; ma si stabilì
che, quando si muoveva invece l'esercito al completo, ogni preda appartenesse al bottino comune, anche se catturata per.55
conto proprio da chi si era staccato dal grosso.
3 Ormai c'è abbondanza di ogni cosa. Da città greche d'ogni partevenivano a commerciare e anche chi si trovava a navigare lungo la costa era ben lieto di sbarcare a terra, sentendo che
veniva fondata una città e che c'era un porto.
4 Anche i nemici che abitavano nelle vicinanze mandavano ormaiemissari a Senofonte, perché girava voce che volesse costruire una nuova città nella zona, e gli chiedevano che cosa
dovessero fare per garantirsi la loro alleanza. E lui li presentava ai soldati.
5
Frattanto giunge Cleandro con due triremi, ma senza navi da carico. Il caso volle che al momento del suoarrivo l'esercito fosse uscito dal campo e che alcuni, spintisi sulla montagna a depredare, avessero catturato parecchie
pecore. Costoro, nel timore che il bottino venisse loro sottratto, si rivolgono a Dessippo, quello che era fuggito da
Trapezunte con la pentecontere, pregandolo di mettere al sicuro le pecore: una parte sarebbe spettata a lui, l'altra
l'avrebbe restituita.
6 Sùbito Dessippo scaccia i soldati che lo avevano attorniato e sostenevano che le pecore eranobottino comune. Poi si reca da Cleandro e gli comunica che stavano cercando di depredarlo. Cleandro gli ordina di
portargli il colpevole.
7 Allora Dessippo prende il primo che gli capita e lo trascina davanti a Cleandro. Ma proprio inquel momento sopraggiunge Agasia e libera il malcapitato, che apparteneva al suo loco. Gli altri soldati presenti
cominciano a bersagliare di pietre Dessippo, urlando che è un traditore. Molti dei marinai delle triremi, impauriti,
ripararono verso il mare e anche Cleandro fuggì.
8 Senofonte e gli altri strateghi cercarono di calmare le acque e di direa Cleandro che era una cosa da nulla, ma che la colpa dell'accaduto dipendeva solo da una decisione dell'esercito.
9 MaCleandro, vuoi perché sobillato da Dessippo, vuoi per la rabbia conseguente allo spavento, disse che avrebbe levato le
ancore e promulgato a tutte le città l'ordine di non accoglierli, in quanto nemici. Ed era il tempo in cui gli Spartani
comandavano su tutti i Greci.
10 A quel punto le cose sembravano mettersi male per l'esercito, perciò cominciarono ascongiurarlo. Ma Cleandro disse che non c'era altra soluzione, a meno che non gli consegnassero l'uomo che aveva dato
il via alla sassaiola e l'altro che lo aveva poi strappato a Dessippo.
11 Insomma, quest'ultimo, richiesto da Cleandro,altri non era che Agasia, da sempre amico di Senofonte: ecco il motivo per cui Dessippo lo calunniava.
Allora, in quella situazione d'incertezza, i capi radunarono l'esercito. C'era chi non dava gran peso a Cleandro,
ma non Senofonte, secondo cui la cosa non era di poco conto.
12 Si alzò in piedi e disse: «Soldati, mi pare che lasituazione non sia affatto semplice, se Cleandro, come dice, se ne va, mantenendo nei nostri confronti una tale
disposizione d'animo. Nelle nostre vicinanze sorgono città greche, e a capo della Grecia ci sono gli Spartani. Sono
capaci, anzi ciascuno di loro è capace di ottenere, in ogni città, ciò che gli pare e piace.
13 Se Cleandro per prima cosaci farà sbarrare le porte di Bisanzio e se poi darà ordine ai governatori delle varie città di non accoglierci entro le mura,
perché disobbediamo agli Spartani e siamo dei senza legge e, ancora, se le voci che circolano sul nostro conto
arriveranno al navarco Anassibio, per noi sarà duro tanto restare, quanto andarcene: in questo momento per terra e per
mare comandano gli Spartani.
14 A causa di uno o due non dobbiamo vederci sbattere in faccia le porte della Grecia.Su, obbediamo ai loro ordini. Del resto anche le città in cui siamo nati sottostanno agli Spartani.
15 Tra l'altro è giuntoalle mie orecchie che Dessippo insiste con Cleandro che Agasia non avrebbe agito così, se non glielo avessi suggerito
io. Perciò scagiono da ogni colpa voi e Agasia, se Agasia stesso ammette che il responsabile dell'accaduto sono io. E se
risulterà che sempre io ho dato vita alla sassaiola o a qualsiasi altro atto di violenza, mi dichiaro pronto a giudicarmi
degno della pena capitale e a renderne ragione.
16 Affermo però che, se anche qualcun altro è accusato, deveconsegnarsi a Cleandro in vista del giudizio: così potrete rimaner liberi da ogni imputazione. Per come stanno adesso le
cose, sarebbe davvero amaro se, mentre ci aspettiamo di ottenere in Grecia elogi e onori, ci trovassimo al contrario su
un piano di inferiorità rispetto agli altri, vedendoci addirittura scacciati dalle città elleniche».
17
Dopo di che, si alzò Agasia e disse: «Uomini, vi giuro sugli dèi e le dee che Senofonte non mi ha istigato asottrarre quell'uomo, come pure nessuno di voi. Avevo visto un mio valoroso soldato trascinato via da Dessippo, un
traditore, lo conoscete bene. Mi è sembrato un fatto inaudito, e gliel'ho strappato dalle mani, lo ammetto.
18 Ma nonconsegnatemi voi: sarò io stesso, come suggerisce Senofonte, a sottopormi spontaneamente al giudizio di Cleandro e ad
accettare ogni sua decisione. Per un motivo del genere non dovete certo scendere in guerra con gli Spartani, ma
piuttosto trarvi in salvo in tutta sicurezza dove ciascuno di voi preferisce. Vi chiedo solo di scegliere alcuni dei vostri e
di inviarli con me da Cleandro: nel caso che, nel mio discorso, trascurassi qualche dettaglio, saranno loro a dire o a fare
quanto possono in mio aiuto».
19
Allora l'esercito gli concesse di scegliere personalmente chi volesse. Scelse gli strateghi. Dopo di che, sirecarono da Cleandro Agasia, gli strateghi e il soldato che Agasia aveva sottratto a Dessippo.
20 Presero la parola glistrateghi: «Sono le truppe a inviarci a te, Cleandro, pregandoti di giudicarle e di far di loro ciò che vuoi, se accusi tutti.
Nel caso che le imputazioni ricadano invece su un soldato solo o due o più, ritengono giusto rimetterli al tuo giudizio.
Se accusi uno di noi, eccoci qui. Se invece incolpi qualcun altro, indicalo. Di tutti quelli che ci obbediscono, nessuno si
tirerà indietro».
21 Dopo si fece avanti Agasia: «Sono stato io, o Cleandro, a sottrarre quest'uomo dalle mani diDessippo che lo stava trascinando a te, sono stato io a istigare gli altri a malmenarlo.
22 Conosco quest'uomo, unsoldato valoroso. Di Dessippo invece so che era stato scelto dall'esercito per comandare una pentecontere concessaci dai
Trapezuntini per raccogliere altre navi e raggiungere la salvezza; ma [Dessippo] se n'è andato, ha tradito proprio i
compagni con i quali si era salvato.
23 Insomma, abbiamo derubato di una pentecontere i Trapezuntini e, a causa sua,siamo passati per sleali, anzi, se era per lui, eravamo già tutti morti. Aveva sentito infatti - come pure l'avevamo sentito
noi - che, marciando via terra, era impossibile superare i fiumi che ci stavano davanti e arrivare sani e salvi in Grecia.
Ecco perché, di fronte a un codardo del genere, ho liberato il mio soldato.
24 Se l'avessi arrestato tu o qualcuno deituoi, e non un disertore, sta' sicuro che non mi sarei comportato così. Tieni perciò presente che, se ora mi mandi a
morte, uccidi un uomo perbene per colpa di un vigliacco, di un infame»..56
25
Dopo aver ascoltato le sue parole, Cleandro rispose che non lodava certo Dessippo, se aveva agito così.«Non per questo», soggiunse, «neppure se Dessippo fosse l'essere più spregevole della terra, bisognava far ricorso alla
forza e maltrattarlo: solo dopo un processo doveva pagare la pena, come adesso ammettete anche voi.
26 Ora andate,ma lasciate qui Agasia. Quando ve lo ordinerò, assisterete al processo. Non getto la colpa né sull'esercito né su nessun
altro, dal momento che quest'uomo confessa di aver sottratto all'arresto il soldato».
27 A quel punto prese la parola ilsoldato strappato dalle mani di Dessippo: «Cleandro, tu puoi credere che io sia stato arrestato per colpe da me
commesse, ma non ho colpito nessuno né scagliato sassi; mi sono limitato a dire che le pecore appartenevano al bottino
comune. Era in vigore, infatti, una delibera dell'esercito per cui, ogni qual volta l'esercito fosse uscito al completo, erano
considerate bottino comune anche le prede raccolte individualmente.
28 Ho solo detto questo, e sùbito Dessippo mi hapreso e trascinato a giudizio, perché nessuno fiatasse e lui, contro l'ordinanza dell'esercito, potesse tenersi la sua parte,
restituendo il resto del bottino a chi l'aveva catturato». Allora Cleandro disse: «Siccome sei colpevole anche tu, rimani
qui, prenderemo una decisione anche sul tuo conto».
29
Dopo di che, Cleandro e i suoi pranzarono. Senofonte radunò l'esercito e consigliò di inviare a Cleandro unadelegazione per intercedere a favore dei due trattenuti.
30 Decisero di mandare strateghi e locaghi, e inoltre Dracontiolo Spartiate e alcuni altri che sembravano indicati per chiedere a Cleandro in ogni maniera di liberare i due uomini.
31Una volta lì, Senofonte dice: «Hai in tuo potere, Cleandro, i nostri due soldati. L'esercito si piega al tuo volere, per
quanto riguarda sia i due accusati sia tutti quanti loro. Adesso però ti pregano, ti supplicano di restituire i due e di non
metterli a morte: in passato hanno sofferto molto per l'esercito.
32 Nel caso ottenessero da te questo beneficio, incambio ti promettono che, se vorrai metterti alla loro testa e se gli dèi saranno benigni, sapranno dimostrarti che sono
disciplinati, che sanno obbedire al capo e, grazie agli dèi, non hanno paura di fronte al nemico.
33 Ti pregano ancora diun favore: quando li raggiungerai e prenderai il comando, metti alla prova Dessippo e tutti gli altri, soppesa la natura di
ciascuno e poi da' a ognuno ciò che merita».
34 Allora, dopo aver ascoltato, Cleandro disse: «Per i Dioscuri, è prestodetto. Vi restituisco i due soldati e sarò con voi. E se gli dèi lo concederanno, vi riporterò in Grecia. I vostri discorsi non
corrispondono affatto alle voci che mi erano giunte sul conto di alcuni di voi, e cioè che volevate staccarvi dagli
Spartani».
35
Allora la delegazione, profondendosi in lodi con Cleandro, se ne andò insieme ai due. Cleandro celebrò unsacrificio per il viaggio e si intrattenne amichevolmente con Senofonte, tanto che tra loro si instaurarono stabili legami
d'ospitalità. Quando Cleandro vide i soldati eseguire gli ordini con senso del dovere, ancor più vivamente desiderò di
prenderne il comando.
36 Ma poi, per tre giorni consecutivi, le vittime sacrificali non diedero responsi favorevoli, percui convocò gli strateghi e disse: «Le vittime mi prescrivono di non guidare il vostro esercito. Non per questo dovete
scoraggiarvi. Sta a voi, a quanto pare, ricondurre in patria i soldati. Quando arriverete, saremo là ad accogliervi, con
tutti gli onori possibili».
37
A quel punto i soldati decisero di donare a Cleandro le pecore del bottino comune. Le accettò, ma poi lerestituì. Quindi sciolse gli ormeggi. I soldati, dopo aver venduto il grano raccolto e gli altri prodotti razziati, si misero in
marcia attraverso le terre dei Bitini.
38 Poiché durante la loro marcia in linea retta non trovarono nulla da depredare,per non arrivare a mani vuote in terra amica decisero di tornare indietro e di proseguire il cammino per un giorno e una
notte. Così catturarono molti schiavi e parecchio bestiame. Nel sesto giorno di marcia giunsero a Crisopoli di
Calcedonia, dove rimasero sette giorni per vendere il bottino.
LIBRO VII
1
1
[Le vicende dei Greci durante la spedizione di Ciro fino alla battaglia, gli avvenimenti che seguirono alla suamorte nel corso del viaggio fino al Ponto, i fatti concernenti l'uscita dei Greci dall'imboccatura del Ponto, via terra e via
mare, fino al loro arrivo a Crisopoli in Asia, è tutto esposto nella narrazione precedente.]
2
A quel punto Farnabazo, per timore che l'esercito greco attacchi il suo paese, manda un emissario al navarcoAnassibio - che si trovava in Bisanzio - e lo prega di trasportare le truppe sulla sponda opposta, via dall'Asia,
promettendogli che avrebbe soddisfatto ogni sua richiesta.
3 Anassibio allora convocò a Bisanzio gli strateghi e ilocaghi e si assunse l'impegno di corrispondere una paga ai soldati, se avessero passato lo stretto.
4 Tutti gli altristrateghi dissero che avrebbero riferito la decisione dopo averne discusso in assemblea, ma Senofonte lo avvertì che di lì
a poco avrebbe lasciato l'esercito e che voleva salpare. Anassibio lo invitò a rimaner con le truppe durante il passaggio
dello stretto e a partire solo a operazione ultimata. Senofonte acconsentì.
5
Seute il traceinvia Medosadeper pregare Senofonte di dare tutto il suo appoggio al trasbordo dell'esercito: incaso di collaborazione, non avrebbe avuto di che pentirsene.
6 Senofonte rispose: «L'esercito attraverserà lo stretto inogni caso. Per raggiungere il suo scopo, Seute non deve pagare né me né altri; quando l'esercito sarà sulla riva opposta,
me ne andrò per conto mio, per cui si rivolga pure, nei termini che gli paiono sicuri, a chi rimarrà e avrà i requisiti per
trattare».
7
Dopo, tutti i soldati si trasferiscono a Bisanzio. Ma Anassibio non versò la paga promessa; tramite l'araldo,intimò ai soldati di prendere armi e bagagli e di uscire dalla città, per farne la conta e, al tempo stesso, liberarsene..57
Allora i soldati, risentiti perché non avevano il denaro per rifornirsi di viveri in vista del viaggio, se la presero comoda
coi preparativi.
8 Senofonte, che aveva stretto legami d'ospitalità con l'armosta Cleandro, si recò da lui a salutarlo,perché era ormai sul piede di partenza. Ma Cleandro gli disse: «Non farlo, altrimenti ti metteranno sotto accusa, tanto
più che già adesso c'è gente che t'incolpa perché l'esercito non si affretta a partire».
9 E Senofonte: «Non sono certo ioil colpevole; sono i soldati che hanno bisogno di rifornimenti e perciò non se la sentono di rimettersi in marcia».
10«Comunque», ribatté l'altro, «ti consiglio di uscire dalla città come se ti preparassi a compiere il viaggio insieme agli
altri. Una volta che l'esercito sarà fuori Bisanzio, allora va' pure per conto tuo». «Raggiungiamo Anassibio», disse
Senofonte, «e mettiamo a punto la faccenda». Così, si recarono da Anassibio e lo misero al corrente.
11
Anassibio esortò Senofonte a seguire il consiglio di Cleandro e disse che i soldati dovevano preparare ibagagli e uscire dalla città al più presto. E, aggiunse, chi non si presenterà alla rassegna e alla conta, dovrà prendersela
con se stesso.
12
Allora uscirono per primi gli strateghi e poi gli altri. Tranne pochi casi, erano tutti quanti fuori delle mura.Eteonicoera piazzato sulle porte, per chiudere i battenti e sprangarle, non appena l'ultimo avesse messo piede fuori.
13Anassibio convocò gli strateghi e i locaghi e disse: «Rifornitevi pure nei villaggi traci: c'è orzo, grano e viveri d'altro
genere in quantità. Prendete il necessario e poi dirigetevi verso il Chersoneso, dove Cinisco vi distribuirà il soldo».
14Alcuni soldati che avevano udito le parole di Anassibio - o forse anche qualche locago -, le riportarono all'esercito.
Intanto gli strateghi cercavano di prendere informazioni su Seute, se fosse nemico o amico e se dovessero valicare il
Monte Sacrooppure aggirarlo passando nel cuore della Tracia.
15
Mentre ancora se ne discute, i soldati afferrano le armi e corrono alle porte, intenzionati a rientrare nellacinta muraria. Eteonico e i suoi, come vedono gli opliti precipitarsi verso la città, chiudono le porte e le sbarrano.
16 Isoldati prendono a battere sulle porte e a gridare che era un'ingiustizia gravissima, li si lasciava in balìa del nemico:
dicevano che avrebbero abbattuto le porte, se non le aprivano spontaneamente.
17 Alcuni corrono verso il mare e lungoil molo delle mura dilagano in città; altri soldati, che si trovavano ancora all'interno, non appena vedono il parapiglia
presso le porte, spezzano le spranghe con le loro asce e spalancano i battenti: tutti si riversano dentro.
18
Senofonte, quando vede cosa sta accadendo, nel timore che la truppa si dia al saccheggio e che siverifichino guai irreparabili per la città, per lui stesso e per l'esercito, di corsa si precipita all'interno delle mura,
mischiandosi alla massa dei soldati.
19 I Bizantini, non appena vedono l'esercito fare irruzione, fuggono via dalmercato, gli uni verso le navi, gli altri verso casa, mentre tutti quelli che erano in casa si proiettano fuori; altri ancora
calano in mare le triremi, per cercare scampo a bordo; tutti erano convinti che fosse giunta l'ultima ora, come se la città
fosse caduta in mano nemica. Eteonico fugge sull'acropoli.
20 Anassibio invece scende al mare di corsa e, su una barcada pesca, si dirige dalla parte opposta della città, fin sotto l'acropoli, mandando sùbito a chiamare la guarnigione di
Calcedone, perché le truppe dell'acropoli non sembravano in grado di frenare quegli uomini.
21
I soldati, come scorgono Senofonte, si precipitano da lui e gli dicono: «Adesso ti si presenta l'occasione,Senofonte, di dimostrare il tuo valore. Hai in pugno una città, hai triremi, hai mezzi, hai tanti uomini a disposizione.
Ora, se fossi disposto, potresti essere utile a noi e noi potremmo rendere potente te».
22 Senofonte, nell'intento difrenarli, rispose: «Ben detto, lo farò. Ma se è questo che volete, posate a terra le armi e formate i ranghi, sùbito».
Trasmette l'ordine personalmente e comanda agli altri di diramarlo e di deporre le armi.
23 I soldati si schieraronoautonomamente: gli opliti, in un attimo, si allinearono su file di otto, mentre i peltasti, di corsa, erano già andati in
posizione sulle due ali.
24 Il luogo, detto il Tracio, è adattissimo allo spiegamento dell'esercito, privo com'è di case epianeggiante. Quand'ebbero deposto le armi e si furono calmati, Senofonte si rivolse alla truppa con le seguenti parole:
25
«Non mi meraviglio, valorosi soldati, che siate incolleriti e pensiate di essere stati raggirati, di aver patito unsopruso gravissimo. Ma considerate quali saranno le conseguenze, se indulgeremo alla nostra ira e, come vendetta per
l'inganno subìto, ce la prenderemo con gli Spartani presenti mettendo a sacco la città, che non ha nessuna colpa.
26Saremo additati come nemici degli Spartani e dei loro alleati. E c'è modo di congetturare quale guerra ne scaturirebbe:
basta riflettere sul recente passato e richiamarlo alla mente.
27 Noi Ateniesi siamo scesi in guerra con gli Spartani e iloro alleati: avevamo non meno di trecento triremi, parte in mare, parte negli arsenali, con grandi risorse economiche in
città e con un'entrata annua non inferiore ai mille talenti, che provenivano dai tributi interni ed esterni; poi, eravamo
signori di tutte quante le isole e controllavamo parecchie città in Asia e in Europa e molte altre ancora, come la stessa
Bisanzio, dove ora siamo. Ebbene, pur disponendo di tante risorse, siamo stati sconfitti come voi tutti sapete.
28Dunque, pensiamo a cosa dovremo patire adesso che gli Spartani, oltre a conservare i vecchi alleati, hanno pure
l'appoggio degli Ateniesi e di tutti i loro alleati di un tempo. E non dimentichiamo, poi, l'ostilità di Tissaferne e di tutti i
popoli barbari della costa e quel nostro acerrimo nemico, il re dell'interno, contro cui abbiamo marciato per spodestarlo
e ucciderlo, se riuscivamo. Contro tutti questi nemici insieme, chi è così insensato da credere in una nostra vittoria?
29Per gli dèi, non facciamo pazzie, evitiamo una morte turpe, dopo essere diventati nemici della patria, dei nostri amici e
familiari. Vivono tutti in città che saranno pronte a organizzare una spedizione contro di noi, e a ragione, se è vero che
non abbiamo voluto prender possesso di nessuna città barbara, pur avendone alla nostra mercé, mentre mettiamo a ferro
e fuoco la prima città greca in cui capitiamo.
30 Per conto mio, mi auguro di sprofondare diecimila orgie sotto terra,prima di vedervi compiere atti del genere. Siete Greci! Perciò vi consiglio di obbedire a chi comanda sui Greci e di
cercare così di ottenere giustizia. E se anche non vi riuscisse, allora, nonostante il torto subìto, dovete tentare almeno di
non essere privati della Grecia.
31 Al momento attuale il mio parere è di avvertire Anassibio che siamo penetrati incittà non per commettere atti di violenza, ma, se possibile, per vederci accordato qualche privilegio oppure, in caso.58
contrario, almeno per dimostrare che siamo noi a lasciare la città, per il nostro senso di disciplina, e non perché
ingannati».
32
La sua proposta fu approvata. Mandano Ieronimo dell'Elide, l'arcade Euriloco e l'acheo Filesio perinformare Anassibio della decisione. I tre partirono per l'ambasceria.
33
Mentre i soldati sono ancora seduti in assemblea, si fa avanti il tebano Ceratade, che vagava di città in cittànon perché l'avessero bandito dalla Grecia, ma perché voleva offrirsi come stratego, se mai qualche città o popolazione
avesse avuto bisogno di un comandante. Si presentò allora e si disse pronto a guidarli al cosiddetto Delta della Tracia,
dove avrebbero potuto trovare beni d'ogni sorta; finché non fossero arrivati, garantiva cibi e bevande a non finire.
34Mentre i soldati ascoltano le parole di Ceratade, vengono a conoscenza anche della risposta di Anassibio: aveva detto
che non si sarebbero pentiti di obbedire; avrebbe informato i magistrati in patria e si sarebbe impegnato a prendere
provvedimenti in loro favore, nei limiti delle sue possibilità.
35 A quel punto, i soldati accettano Ceratade comestratego ed escono dalla cinta di Bisanzio. Ceratade si accorda con loro per raggiungere l'esercito il giorno successivo,
portando con sé animali da sacrificio, un indovino, cibo e bevande per la truppa.
36 Non appena furono fuori città,Anassibio chiuse le porte e promulgò un bando: chi dei soldati fosse stato sorpreso entro le mura, sarebbe stato venduto
come schiavo.
37 Il giorno seguente, Ceratade giunse con gli animali per il sacrificio e l'indovino. Lo seguivano ventipersone che trasportavano farina, altri venti con vino, tre con olive, uno con una cesta di aglio così carica che più non si
poteva e un altro con delle cipolle. Ceratade, dopo aver deposto tutto a terra per la distribuzione, procedette al sacrificio.
38
Senofonte intanto aveva convocato Cleandro e lo pregava di adoperarsi per fargli avere il permesso dientrare in città e di salpare da Bisanzio.
39 Cleandro, al suo ritorno, disse: «Che fatica riuscire a ottenere il permesso!Ma ce l'ho fatta. Anassibio sostiene che non è prudente che tu metta piede in città mentre i soldati sono nei pressi delle
mura. I Bizantini sono in fermento e ci sono ostilità tra le varie fazioni. Comunque, ti concede di entrare, a patto che ti
imbarchi con lui».
40 Senofonte, dopo aver salutato i soldati, entra in città con Cleandro.Ceratade il primo giorno non ebbe responso favorevole dalle vittime e non distribuì nulla ai soldati. Il giorno
dopo, le vittime erano pronte accanto all'altare e Ceratade aveva il capo incoronato per celebrare il sacrificio,
quand'ecco sopraggiungere Timasione di Dardano, Neone di Asine e Cleanore di Orcomeno: gli dissero di non fare
sacrifici, perché non avrebbe avuto il comando dell'esercito, se prima non avesse fornito i viveri. Ceratade allora ordinò
di procedere alla distribuzione.
41 Ma ci voleva ben altro perché fosse assicurata una razione a testa, anche solo perquel giorno. Allora riprese le sue vittime e se ne andò, rinunciando al comando.
2
1
Neone di Asine, Frinisco l'acheo, Filesio l'acheo, Santicle l'acheo e Timasione di Dardano rimasero alla testadell'esercito e, spintisi fino ai villaggi traci nei dintorni di Bisanzio, posero lì il campo.
2 Tra gli strateghi si verificò uncontrasto: Cleanore e Frinisco volevano condurre le truppe da Seute, che li aveva corrotti donando all'uno un cavallo,
all'altro una donna. Neone insisteva per passare nel Chersoneso, convinto che il comando assoluto sarebbe toccato a lui,
se l'esercito si fosse trovato sotto l'autorità spartana. Timasione invece desiderava ricondurre le truppe sull'altra sponda
del canale, in Asia, sicuro di poter così tornare a casa. E anche i soldati avevano lo stesso desiderio.
3 Col passare deltempo, molti soldati o salparono alla bell'e meglio, vendute le loro armi nei villaggi, oppure, regalandole [le armi nei
villaggi], si mescolarono agli abitanti delle città.
4 Anassibio si rallegrò, quando venne a sapere che l'esercito andava inpezzi: con una situazione del genere credeva di poter compiacere moltissimo Farnabazo.
5
Levate le ancore da Bisanzio, Anassibio a Cizicoincontra Aristarco, il successore di Cleandro come armostadi Bisanzio. Gira voce che, di lì a poco, nell'Ellesponto sarebbe giunto Polo, destinato a rilevare Anassibio nella carica
di navarco.
6 Allora Anassibio dà compito ad Aristarco di vendere come schiavi tutti i soldati dell'armata di Ciro cheavesse sorpreso ancora entro le mura di Bisanzio. Cleandro invece non aveva venduto nessuno, anzi aveva prestato
soccorso agli ammalati, provandone compassione e costringendo gli abitanti a dar loro ricovero nelle case. Aristarco,
non appena mise piede in città, procedette alla vendita di non meno di quattrocento soldati.
7 Anassibio, che intanto erasbarcato a Pario, manda un messaggio a Farnabazo secondo gli accordi. Farnabazo però, non appena apprese che
Aristarco, il nuovo armosta, era giunto a Bisanzio e che Anassibio era stato destituito dalla carica di navarco, mise da
parte quest'ultimo e si rivolse ad Aristarco per definire l'intesa già tracciata con Anassibio riguardo all'esercito di Ciro.
8
Anassibio allora convoca Senofonte e lo invita a salpare, in ogni modo e maniera, per raggiungere quantoprima l'esercito: doveva riunirlo, radunando il maggior numero possibile di uomini che si erano disseminati qua e là,
condurlo a Perinto e trasbordarlo in Asia, al più presto. Gli affida una triacontere e una lettera; lo fa accompagnare da
un messo per intimare ai Perinti di fornire a Senofonte la scorta di uno squadrone di cavalleria fino alle sue truppe, con
la massima celerità.
9 Senofonte attraversa lo stretto e raggiunge l'esercito. I soldati lo accolsero con gioia e sùbito sidichiararono felici di lasciare la Tracia per l'Asia.
10
Quando seppe dell'arrivo di Senofonte, Seute gli inviò per la seconda volta Medosade, via mare,chiedendogli di raggiungerlo con l'esercito: gli prometteva mari e monti, pur di convincerlo. Ma Senofonte rispose che
niente di tutto ciò era possibile. Medosade, di fronte a tale risposta, se ne andò.
11 Quando i Greci furono a Perinto,Neone si separò e si accampò per conto proprio, con ottocento uomini. Tutto il resto dell'esercito rimase riunito sotto le
mura di Perinto..59
12
Dopo, Senofonte cercò qualche nave per salpare in fretta. Nel frattempo, con due triremi, giunge daBisanzio l'armosta Aristarco e, su pressione di Farnabazo, proibisce ai proprietari di navi di trasportare le truppe
sull'altra sponda; poi, raggiunto l'esercito, ingiunge ai soldati di non passare in Asia.
13 Senofonte protestò: «È unordine di Anassibio, mi ha mandato qui appositamente». Aristarco replicò: «Primo, Anassibio non è più navarco;
secondo, sono io l'armosta. E se sorprenderò qualcuno di voi in mare, lo colerò a picco». Quindi rientra in città. Il
giorno dopo, convoca gli strateghi e i locaghi dell'esercito.
14 Quando sono ormai nelle vicinanze della cinta, qualcunoavverte Senofonte: se avesse messo piede in città, l'avrebbero arrestato, per poi condannarlo a morte sul posto oppure
consegnarlo nelle mani di Farnabazo. Allora Senofonte manda gli altri in avanti, con la scusa di voler celebrare un
sacrificio.
15 Tornato indietro, immola vittime per sapere se gli dèi lo assistevano nel suo tentativo di condurrel'esercito da Seute. Era consapevole delle difficoltà della traversata, perché chi gliela voleva impedire disponeva di
triremi; del resto, non intendeva andare a chiudersi nel Chersoneso, dove l'esercito si sarebbe trovato a corto di tutto e
avrebbe dovuto sottostare, per forza di cose, all'armosta della regione; le truppe inoltre non avrebbero avuto neppure la
possibilità di rifornire l'esercito di vettovaglie.
16
Tali pensieri rimuginava Senofonte. Intanto gli strateghi e i locaghi, di ritorno dall'incontro con Aristarco,annunciavano che per il momento li aveva congedati, ma dovevano ripresentarsi nel pomeriggio: era ancor più chiaro
che si trattava di una trappola.
17
Senofonte dunque, poiché i responsi delle vittime sembravano favorevoli per lui e l'esercito in vista di untrasferimento da Seute senza correre rischi, prese con sé il locago ateniese Policrate e un uomo di fiducia di ciascun
stratego, eccetto Neone: di notte s'avviò verso l'esercito di Seute, che distava sessanta stadi.
18 Quando erano ormainelle vicinanze, Senofonte si imbatte in falò abbandonati. In un primo tempo pensò che Seute si fosse spostato da
qualche altra parte, ma poi sentì del frastuono e si accorse che i soldati di Seute si mandavano segnali. Comprese allora
che i fuochi erano stati accesi volutamente da Seute davanti ai posti di guardia delle sentinelle notturne: così, tra le
tenebre, non si potevano vedere le sentinelle né capire quante fossero o dove fossero, mentre chi sopraggiungeva non
poteva sfuggire all'avvistamento, perché la luce lo illuminava in pieno.
19
Quando se ne rende conto, manda in avanti l'interprete che era al suo séguito e lo incarica di riferire a Seuteche Senofonte era arrivato e voleva un incontro. All'interprete chiesero se si trattasse dell'Ateniese che faceva parte
dell'esercito.
20 Alla sua risposta affermativa, balzarono a cavallo e partirono a briglia sciolta. Poco dopo erano diritorno duecento uomini circa, armati alla leggera, che scortarono Senofonte e i suoi da Seute.
21 Seute era in una torrecircondata da un imponente servizio di sorveglianza, con tutt'intorno cavalli già pronti col morso in bocca: per timore
infatti di giorno faceva pascolare i cavalli, mentre di notte stava in guardia tenendoli col morso in bocca.
22 Siraccontava infatti che un tempo un suo avo, Tere, proprio in quella regione, pur disponendo di un forte esercito, aveva
perso molti uomini, insieme alle salmerie, per mano di un popolo indigeno, i Tini, che avevano fama di essere i
combattenti più valorosi di tutti, specialmente di notte.
23
Quando furono nei pressi, Seute ordinò a Senofonte di entrare insieme a due uomini a sua scelta. Una voltache furono dentro la torre, prima di tutto si salutarono e, secondo l'uso tracio, bevvero da corni pieni di vino. Con Seute
c'era anche Medosade, che lo rappresentava in tutte le ambascerie, dovunque.
24 Senofonte quindi cominciò a parlare:«Seute, mi hai mandato Medosade, qui presente, per la prima volta a Calcedone, per chiedermi di collaborare
attivamente per la partenza dell'esercito dall'Asia, dietro promessa che, se fossi riuscito nell'intento, mi avresti
degnamente ricompensato, così ha detto Medosade».
25 Allora domandò a Medosade se fosse vero. Rispose di sì.«Medosade in séguito si è ripresentato», proseguì Senofonte, «quando mi ero ricongiunto con l'esercito dopo la
traversata venendo da Pario. In quell'occasione mi assicurava che, se io avessi condotto da te l'esercito, non solo mi
avresti trattato come un amico e un fratello, ma mi avresti anche donato le località in riva al mare che sono sotto la tua
autorità».
26 A quel punto Seute si rivolse nuovamente a Medosade, chiedendogli se erano parole sue. Anche questavolta confermò. «Su dunque», riprese Senofonte rivolto a Medosade, «spiega a Seute che cosa ti ho risposto nel primo
caso, a Calcedone».
27 «Mi hai risposto che l'esercito sarebbe passato a Bisanzio e che, a tale scopo, non c'era nessunbisogno di pagare niente, né a te né ad altri. E avevi aggiunto che, una volta sull'altra riva dello stretto, saresti partito per
conto tuo. E proprio così sono andate le cose».
28 «E che cosa ti ho detto, quando mi hai raggiunto a Selimbria?». «Chela cosa non si poteva fare e che sareste andati a Perinto per poi passare in Asia».
29 «Adesso comunque sono qui»,riprese Senofonte, «insieme a Frinisco, uno degli strateghi, e a Policrate, eccolo, un locago. All'esterno ci sono gli
uomini di fiducia inviati da tutti gli strateghi meno che da Neone il lacone.
30 Se perciò vuoi che la faccenda abbiamaggiori garanzie, chiama dentro anche loro. Per quanto riguarda le armi, va' tu, Policrate, e avvisali di lasciarle a terra.
Lascia fuori anche la tua spada, prima di rientrare».
31
Nell'udire tali parole, Seute disse che non avrebbe diffidato mai di un Ateniese. Sapeva di avere legami diparentela, li considerava buoni amici. Quindi, una volta entrati gli uomini, per prima cosa Senofonte domandò a Seute a
quale scopo gli servisse l'esercito.
32 Ecco la sua risposta: «Mesade, mio padre, governava su Melanditi, Tini eTranipsi. Dopo il declino della supremazia degli Odrisi, fu scacciato da questa regione, si ammalò e morì. Io rimasi
orfano e fui allevato alla corte di Medoco, l'attuale re.
33 Ma non appena giunsi all'adolescenza, cominciai a nonsopportare più di vivere con gli occhi bassi su una tavola altrui. Allora andai a sedermi accanto a Medoco,
supplicandolo di concedermi quante più truppe potesse, per vendicarmi, se riuscivo, di chi mi aveva scacciato e per
vivere senza dover più tenere gli occhi bassi alla sua tavola.
34 Allora mi diede gli uomini e i cavalieri che vedrete nonappena si farà giorno. Adesso vivo con loro, costretto a depredare la stessa terra su cui i miei padri regnavano. Se mi.60
darete il vostro aiuto, col favore degli dèi credo che riuscirei a riprendermi facilmente il regno. Ecco a che cosa mi
servite».
35
E Senofonte: «Se passassimo dalla tua parte, che cosa potresti dare all'esercito, ai locaghi e agli strateghi?Parla, così costoro potranno riferire».
36 Seute promise un ciziceno per i soldati semplici, il doppio per i locaghi e ilquadruplo per gli strateghi, e poi terre a volontà, buoi da tiro e una fortezza sul mare, ben munita.
37 «Ma se», ripreseSenofonte, «nonostante l'impegno, dovessimo fallire nell'impresa e aver paura degli Spartani, sarai disposto ad
accogliere nelle tue terre chi vorrà cercar rifugio presso di te?».
38 Seute rispose: «Li tratterò addirittura come fratelli,siederanno alla mia tavola e parteciperanno di tutte le ricchezze di cui riusciremo a impossessarci. E a te, Senofonte,
darò in sposa mia figlia e, se ne hai una, la comprerò, come vuole l'uso tracio. Inoltre, ti darò come dimora Bisante, la
più bella località che posseggo sul mare».
3
1
Dopo aver udito la sua proposta, si strinsero le destre e i Greci si allontanarono. Prima che spuntasse il sole,rientrarono al campo e ognuno fece rapporto a chi l'aveva mandato.
2 Quando fu giorno, Aristarco chiamò di nuovo glistrateghi, che però decisero di rinunciare alla sua convocazione e di riunire, piuttosto, l'esercito in assemblea. Si
presentarono tutti, tranne i soldati di Neone, che erano a una distanza di circa dieci stadi.
3 Quando furono tutticonvenuti, si alzò Senofonte e parlò così: «Uomini, Aristarco con le sue triremi ci impedisce di far vela dove vogliamo:
imbarcarci è rischioso. Anzi, è proprio lui a insistere perché passiamo con la forza nel Chersoneso attraverso il Monte
Sacro. Se riusciremo nell'impresa e giungeremo là, assicura che non vi venderà più schiavi, come aveva fatto prima a
Bisanzio, né vi ingannerà ancora, anzi garantisce che vi sarà pagato il soldo e non permetterà più di vedervi, come ora, a
corto di viveri.
4 Ecco cosa ha detto. Seute invece promette che vi ricompenserà, se vi metterete ai suoi ordini. Oracomunque considerate se, prima di tutto, volete restar qui a decidere sulla questione o se preferite uscire in cerca di
rifornimenti.
5 A mio avviso, siccome qui non abbiamo soldi per comprare i viveri e senza soldi non ci permettono difarne incetta, dobbiamo ritornare ai villaggi dove gli abitanti, più deboli di noi, non potranno ostacolare le nostre razzie;
una volta là, quando avremo i viveri, ascolteremo le varie proposte e sceglieremo quale ci sembrerà la migliore.
6 Chi èd'accordo, alzi la mano». La alzarono tutti quanti. «Sciogliamo l'assemblea», concluse Senofonte, «e andate a preparare
i bagagli: quando vi sarà comunicato, seguite il vostro comandante».
7
Quindi Senofonte si mise alla testa e gli altri lo seguirono. Neone e altri emissari di Aristarco cercarono diconvincerli a tornare indietro, ma i soldati non diedero ascolto. Quando avevano già percorso una trentina di stadi, Seute
si fece loro incontro. Senofonte, come lo vide, lo invitò a venire avanti, perché il maggior numero di gente potesse udire
ciò che ritiene utile dire.
8 Quando Seute si fu avvicinato, Senofonte gli rivolse la parola: «Ci dirigiamo dove l'esercitoavrà modo di trovare cibo. Là presteremo un orecchio attento alle tue proposte e a quelle del Lacone e poi prenderemo il
partito che ci sembrerà migliore. Se ora ci guiderai dove ci siano rifornimenti in grande abbondanza, faremo conto di
aver stretto con te vincoli di ospitalità».
9 E Seute: «Certo, conosco parecchi villaggi, l'uno vicino all'altro: lì nonmancano viveri di alcun genere e distano quel tanto che basta per stuzzicarvi l'appetito». «Guidaci allora», disse
Senofonte.
10 Appena raggiunsero i villaggi nel pomeriggio, i soldati si riunirono e Seute tenne un discorso: «Uomini,vi chiedo di combattere al mio fianco e prometto un ciziceno per i soldati semplici e la solita paga per i locaghi e gli
strateghi. Inoltre, saprò ricompensare chi lo merita. Cibi e bevande li prenderete nella regione, come adesso; ma il resto
del bottino lo esigo io, per potervi pagare, dopo che lo avrò venduto.
11 Abbiamo forze sufficienti per inseguire ebraccare i fuggiaschi e i disertori; ma se qualcuno opporrà resistenza, insieme a voi cercheremo di schiacciarlo».
12Senofonte chiese: «Fino a che distanza dal mare pretenderai che si spinga l'esercito per seguirti?». Rispose: «A non più
di sette giorni di cammino, ma nella maggior parte dei casi anche meno».
13
Allora viene concesso a tutti il diritto di parlare. Molti, sulla stessa linea, dissero che bisognava tenere nellamassima considerazione le parole di Seute: era inverno, per cui, anche volendo, non si poteva alzar le vele verso casa,
né d'altronde era possibile restare in terra amica, se si doveva campare sborsando denaro per i viveri; nel caso invece
che si dovesse trascorrere un certo periodo in terra nemica e procurarsi lì i viveri, era meno rischioso stare con Seute
che rimaner soli. E se, tra i tanti altri vantaggi, prendevano per di più anche una paga, sembrava proprio un colpo di
fortuna.
14 Senofonte allora: «Se c'è qualcosa in contrario, ditelo; altrimenti passo alla votazione». Poiché nessunosollevò obiezioni, Senofonte mise ai voti la proposta, che venne approvata. Comunicò sùbito a Seute che l'esercito
avrebbe combattuto al suo fianco.
15
Dopo, il resto dell'esercito si attendò diviso per reparti, mentre gli strateghi e i locaghi furono invitati apranzo da Seute, che si trovava in un villaggio vicino.
16 Mentre erano lì nei pressi e si apprestavano a entrare per ilpranzo, spuntò un certo Eraclide di Maronea. Costui si rivolse, uno alla volta, a chi - a suo avviso - poteva avere
qualcosa da donare a Seute, in primo luogo ad alcuni di Pario che erano lì per concludere un'alleanza con Medoco, re
degli Odrisi, e recavano doni per lui e sua moglie. Eraclide disse che Medoco si trovava a dodici giorni di strada dal
mare e che adesso Seute, forte dell'esercito assoldato, sarebbe divenuto governatore della regione costiera.
17«Diventerà un vostro vicino e disporrà di ogni mezzo per farvi del bene come del male. Se avete buon senso,
consegnate a lui i doni che avete, sarà per voi più vantaggioso che portarli a Medoco, che abita nell'interno». Con tali
parole cercava di convincerli.
18 Poi, quando seppe che Timasione di Dardano aveva coppe e tappeti barbarici, loavvicinò e gli disse che, secondo l'usanza, gli invitati alla tavola di Seute si dovevano presentare con dei doni: «Seute.61
diventerà signore della regione e avrà i mezzi tanto per rimandarvi in patria quanto per rendervi ricchi qui». E
consigliava con discorsi del genere avvicinando tutti, uno a uno.
19 Accostatosi a Senofonte disse: «Tu vieni da unacittà potente e godi di grandissima rinomanza presso Seute. Forse ti riproporrai di ottenere in questa regione, fortezze e
territori, come già alcuni altri di voi Ateniesi. Ti conviene allora onorare Seute con regali che si addicano a tanta
grandezza d'animo.
20 Ti spingo a farlo nel tuo interesse, perché so bene che quanto più magnifici saranno i tuoi doni,tanto più grandi saranno i benefici che da lui riceverai». Nell'udire tali parole, Senofonte non seppe più che fare, perché
era salpato da Pario senza portare nulla con sé, se non uno schiavo e lo stretto indispensabile per il viaggio.
21
Quando furono fatti accomodare per il pranzo, i più autorevoli Traci lì presenti, insieme agli strateghi, ailocaghi e i rappresentanti venuti in ambasceria dalle città, si sedettero in cerchio. Poi vennero portati a tutti dei tavoli a
tre piedi colmi di porzioni di carne e, oltre a ciò, erano state infilzate in spiedi grosse forme di pane lievitato.
22 Itavoli, per lo più, erano posti sempre davanti agli ospiti, come voleva la consuetudine. Il primo a rispettarla fu Seute:
prendeva i pani disposti davanti a lui, li spezzava in piccole parti e le gettava a chi gli pareva; con le carni faceva lo
stesso, tenendo per sé quel tanto che bastava per un assaggio.
23 Gli altri commensali che avevano i tavoli dinnanzi aloro si comportavano allo stesso modo. Ma un Arcade, di nome Arista, un vero ingordo, non si curò del lancio del cibo,
afferrò un pane di almeno tre chenici, si mise la carne sulle ginocchia e non smise un attimo di divorare.
24 Poi vennerofatti circolare corni pieni di vino e tutti ne presero. Quando il coppiere gli si avvicinò porgendogli il corno, Arista,
vedendo Senofonte che aveva smesso di mangiare, saltò su: «Dallo a lui, che ha tutto il tempo che vuole, io ho ancora
da fare».
25 Seute udì la sua voce e chiese cosa avesse detto al coppiere. E il coppiere, che parlava greco, glielotradusse: allora scoppiò una risata generale.
26
Mentre la bevuta proseguiva, entrò un Trace con un cavallo bianco e, tenendo in mano un corno pieno divino, disse: «Bevo alla tua salute, Seute, e ti dono questo cavallo: con lui potrai catturare qualsiasi nemico, quando ti
lancerai al suo inseguimento, oppure, se ripiegherai, non dovrai temere nessuno».
27 Un altro si presenta con unfanciullo e ne fa dono a Seute, sempre brindando, un altro ancora gli regala una veste per la sposa. Timasione, bevendo
alla salute di Seute, gli donò una coppa d'argento e un tappeto del valore di dieci mine.
28 Poi un certo Gnesippo,ateniese, si alzò in piedi e disse che era bellissima l'antica usanza secondo cui i ricchi facevano doni al re per rendergli
omaggio, mentre il re elargiva ai poveri: «Perciò», concluse, «anch'io ho modo di offrirti doni e di onorarti».
29Senofonte non sapeva che fare. Tra l'altro, stava seduto al posto d'onore, sul seggio più vicino a Seute. Intanto Eraclide
ordina al coppiere di porgere il corno a Senofonte, che, ormai un po' brillo, trovò il coraggio di alzarsi e, prendendo il
corno, disse:
30 «Io invece, Seute, ti faccio dono di me stesso e dei miei uomini, per dimostrarci leali amici: nessuno sioffre a malincuore, ma tutti, ancor più di me, aspirano alla tua amicizia.
31 E ora i miei soldati sono qui, non perottenere qualche favore, ma per prodigarsi e affrontare fatiche e pericoli per te, spontaneamente. Con loro, se gli dèi
vorranno, riconquisterai una grande terra, la terra che era dei tuoi padri, e ne sottometterai un'altra, avrai a disposizione
molti cavalli e ancora molti uomini e belle donne, senza doverli più catturare come prede, anzi saranno loro stessi a
venire da te e a portarti doni».
32 Seute si alzò in piedi, vuotò d'un fiato il corno insieme a Senofonte e con lui versò aterra le ultime gocce. Poi fecero il loro ingresso dei suonatori con corni simili a quelli che si usano per mandare segnali
e trombe di pelle di bue non conciata: davano la cadenza, come si fa con la magadi.
33 Anche Seute saltò in piedilanciando l'urlo di guerra e, con grande agilità, spiccò un balzo, come per schivare un proiettile. Entrarono anche dei
buffoni.
34
Quando il sole volgeva al tramonto, i Greci si alzarono e dissero che era venuto il momento di disporre lesentinelle notturne e di trasmettere la parola d'ordine. Chiesero a Seute di diramare l'ordine che nessuno dei Traci
penetrasse di notte nel campo greco: «I Traci sono nostri nemici», dissero, «anche se voi ci siete amici».
35 Quando siapprestavano a uscire, Seute si alzò in piedi insieme a loro: non dava affatto l'impressione di esser ubriaco. Uscito,
chiamò a sé gli strateghi: «I nostri nemici non sono ancora al corrente della nostra alleanza. Se piomberemo su di loro
prima che possano guardarsi da un attacco improvviso o prepararsi alla difesa, più grande sarà il bottino di uomini e
cose».
36 Gli strateghi assentirono, insistendo perché assumesse il comando. Seute disse: «Preparatevi e aspettate.Quando sarà il momento, vi raggiungerò e, insieme a voi e ai peltasti, con l'aiuto degli dèi, vi guiderò contro il nemico».
37
Intervenne Senofonte: «Considera però, in caso di marcia notturna, se non sia meglio assumere l'assetto che di regolausano i Greci. Di giorno infatti, durante gli spostamenti, prende la testa della colonna il contingente che, di volta in
volta, è più adatto alla natura del terreno, che siano gli opliti, i peltasti o la cavalleria. Di notte invece è norma per i
Greci che stiano davanti le truppe più lente.
38 Così è più difficile che l'esercito si spacchi in diversi tronconi e che,senza accorgersene, si perdano i contatti. Capita spesso che i gruppi rimasti staccati si scontrino tra di loro e che
infliggano o subiscano gravi perdite, perché non si riconoscono».
39 Seute rispose: «Ben detto, anch'io adotterò lavostra norma. Vi darò come guide gli anziani che conoscono meglio il paese; dal canto mio, vi seguirò in retroguardia
con i cavalieri: non ci metterò molto a riportarmi in testa, se sarà il caso». Stabilirono «Atena» come parola d'ordine,
vista la comune discendenza. Dopo andarono a riposare.
40
Si era intorno alla mezzanotte, quando giunse Seute con i cavalieri che indossavano corazze e con i peltastiarmati. Dopo aver assegnato le guide, si misero in cammino: gli opliti in testa, quindi i peltasti e poi i cavalieri in
retroguardia.
41 Quando fu giorno, Seute si spinse in avanti e spese parole di elogio per l'assetto di marcia greco: «Mi ècapitato spesso di marciare di notte, ma, anche se avevo reparti piccoli, si creava una frattura tra cavalieri e fanti: ora,
allo spuntar del giorno, ci presentiamo tutti compatti, come si deve. Adesso rimanete qui e riposatevi», soggiunse, «io
vado in perlustrazione e poi sarò di ritorno».
42 Dopo aver così parlato, partì al galoppo, prendendo una strada verso lamontagna. Quando giunse dove la neve era alta, controllò se si scorgessero impronte di uomini, in una direzione o.62
nell'altra. Siccome vide che la via non era stata battuta, tornò indietro rapidamente e disse:
43 «Uomini, andrà tuttobene, se la divinità lo vorrà concedere. Piomberemo addosso a quella gente senza che si accorgano del nostro arrivo.
Prenderò la testa con i cavalieri, perché così, se vedremo qualcuno, potremo impedirgli di fuggire e di avvisare i nemici.
Voi teneteci dietro: se rimarrete staccati, seguite le orme dei cavalli. Dopo aver superato i monti giungeremo in molti
ricchi villaggi».
44
A mezzogiorno è già in vetta e, scrutando dall'alto, avvista i villaggi. Ritorna di gran carriera presso gliopliti e dice: «Tra poco darò ai cavalieri via libera per piombare nella pianura e ai peltasti per assalire i villaggi.
Seguiteci con la massima celerità: nel caso che dovessimo trovare resistenza, ci darete manforte».
45 Senofonte allorasmontò da cavallo. E Seute: «Perché scendi, ora che c'è bisogno di sbrigarci?». «So», rispose, «che non hai bisogno solo
di me: gli opliti correranno più veloci e con maggior entusiasmo, se anch'io sarò a piedi».
46 Seute quindi si allontanò,seguito da Timasione con una quarantina di cavalieri greci. Senofonte passò l'ordine a coloro che avevano meno di
trent'anni - i più agili - di staccarsi dai loro reparti. Egli stesso si mise a correre seguito da costoro, mentre alla guida
degli altri c'era Cleanore.
47 Una volta arrivati ai villaggi, sopraggiunse Seute con una trentina di cavalieri e disse:«Senofonte, è andata proprio come avevi detto: li abbiamo in pugno. Ma i miei cavalieri si sono lanciati
all'inseguimento in tutte le direzioni, rimanendo isolati, e ora temo che i nemici si raccolgano da qualche parte e ci
procurino dei guai. È il caso che alcuni di noi rimangano nei villaggi, perché sono pieni di uomini».
48 «Io», risposeSenofonte, «vado a prendere il controllo delle alture con gli uomini che ho. Tu da' ordine a Cleanore di dispiegare la
falange giù in pianura, lungo la linea dei villaggi». Grazie a tali manovre, catturarono un migliaio di schiavi, duemila
buoi e altri diecimila capi di bestiame. Quindi alloggiarono sul posto.
4
1
Il giorno successivo Seute incendiò completamente i villaggi senza risparmiare nemmeno una casa: volevaseminare il pànico anche nelle altre genti dando una dimostrazione di cosa li avrebbe aspettati, se non avessero
obbedito. Poi tornò indietro.
2 A Perinto mandò Eraclide a vendere il bottino, per aver il denaro con cui pagare isoldati. Intanto, con i Greci, si accampò nella piana dei Tini, che evacuarono la zona e si rifugiarono sui monti.
3
C'era la neve alta e un gelo tale, che l'acqua presa per la cena si ghiacciava, come pure il vino nelle anfore;molti Greci ebbero anche il naso e le orecchie congelate.
4 Fu chiaro allora perché i Traci portano sul capo e sulleorecchie berretti di pelo di volpe e vesti che coprono non solo il busto, ma anche le cosce e, quando vanno a cavallo,
non indossano mantelli, ma cappe lunghe fino ai piedi.
5
Seute manda sulle montagne alcuni prigionieri, per dire che, se non fossero ritornati alle loro case e nonavessero obbedito, avrebbe dato fuoco sia ai loro villaggi sia alle scorte di cibo e sarebbero morti di fame. Di
conseguenza scesero a valle le donne, i bambini e gli anziani: i giovani rimasero alloggiati nei villaggi ai piedi del
monte.
6 Quando lo venne a sapere, Seute ordinò a Senofonte di prendere gli opliti più giovani e di seguirlo. Simossero di notte: alle luci del giorno erano nei pressi dei villaggi. La maggior parte dei nemici fuggì: il monte era infatti
vicino. Ma dei prigionieri Seute non ne risparmiò nessuno, li massacrò tutti a colpi di giavellotto.
7
C'era un certo Epistene di Olinto, uno a cui piacevano i ragazzi. Costui vide un bel fanciullo che era appenaentrato nella pubertà: stava col suo scudo imbracciato, in attesa di morire. Epistene allora si precipitò da Senofonte e lo
supplicò di soccorrere un bel fanciullo.
8 Senofonte si avvicina a Seute e gli chiede di non uccidere il ragazzo; glispiega le abitudini di Epistene e aggiunge che, quando costui aveva scelto gli uomini per il suo loco, aveva guardato
unicamente alla bellezza di ognuno; eppure, con loro al fianco, si era dimostrato valoroso.
9 Seute domandò: «Epistene,saresti disposto a morire al posto suo?»; l'altro, porgendo il collo: «Colpisci pure, se è il fanciullo a chiedertelo e se
saprà serbarmi gratitudine».
10 Seute allora si rivolse al ragazzo, domandandogli se doveva uccidere l'altro in vece sua.Il giovane disse di no, anzi prese a supplicarlo di risparmiarli entrambi. A quel punto Epistene gettò le braccia intorno al
ragazzo dicendo: «Adesso, Seute, dovrai vedertela con me per il fanciullo: non lo lascerò».
11 Seute scoppiò a ridere esi disinteressò della cosa: decise, piuttosto, di stabilire lì il campo, per impedire che i nemici rifugiatisi sui monti si
rifornissero di viveri in quei villaggi. Poi scese in pianura e piantò le tende, mentre Senofonte rimase nel villaggio più
alto, ai piedi della montagna, con le truppe scelte. Gli altri Greci si attendarono nelle vicinanze, tra i Traci cosiddetti
montanari.
12
Non passarono molti giorni che i Traci rifugiatisi sui monti scesero da Seute a trattare tregua e scambio diostaggi. Anche Senofonte raggiunse Seute per dirgli che erano alloggiati male e troppo vicino al nemico: avrebbe
preferito accamparsi all'aperto, ma in una zona sicura, piuttosto che sotto un tetto, per finire magari ammazzato. Seute
lo esorta a star tranquillo e gli mostra gli ostaggi nemici in sua mano.
13 Alcuni dei Traci che erano sui monti sceseroper chiedere anche a Senofonte di collaborare con loro ai negoziati per la tregua. Senofonte acconsentì e li rassicurò,
garantendo che non avrebbero sofferto alcun male, se si fossero sottomessi a Seute. Ma i Traci, in effetti, erano venuti a
colloquio solo per spiare.
14
Ecco cosa accadde di giorno. Al sopraggiungere della notte invece i Tini calarono dal monte per un attacco.Li conducevano i padroni di ciascuna casa, perché sarebbe stato difficile, buio com'era, rintracciare le abitazioni nei
villaggi. Le case, infatti, erano tutt'attorno circondate da alti recinti per custodire il bestiame.
15 Quando furono davantialle porte di ciascuna abitazione, alcuni cominciarono a scagliare giavellotti, altri a vibrare colpi con randelli che
avevano con sé - dissero - per spezzare le punte delle lance, altri ancora a dar fuoco. Chiamavano per nome Senofonte e.63
gli dicevano di venir fuori a morire, se non voleva bruciar vivo.
16 Si vedevano già le fiamme sul tetto. Dentro sitrovavano gli uomini di Senofonte, armati di corazza, con scudo, spada ed elmo, quand'ecco che Silano di Macisto, un
giovane sui diciott'anni, dà con la tromba il segnale d'attacco: sùbito balzano fuori con le spade sguainate, come pure
chi era nelle altre tende.
17 I Traci si danno alla fuga, com'è loro costume, gettandosi gli scudi sulle spalle. Alcuni, neltentativo di saltare i recinti, rimasero appesi, perché gli scudi si erano impigliati nella palizzata: vennero catturati. Altri
invece, che non avevano raggiunto l'uscita, furono uccisi. I Greci protrassero l'inseguimento fuori dal villaggio.
18 Maalcuni dei Tini, tornando sui loro passi nell'oscurità, coi giavellotti colpivano chi passava davanti alla casa in fiamme,
scagliandoli dalle tenebre verso la luce. Così ferirono Ieronimo e il locago Euodea e il locago Teogene di Locri. Ma
nessuno morì. A dire il vero, qualcuno perse le vesti e i bagagli, divorati dalle fiamme.
19 Seute giunse in soccorso consette cavalieri dell'avanguardia e il trombettiere trace. Non appena capisce come stanno le cose, fa suonare il corno per
tutto il tempo della marcia, il che produsse spavento nei nemici. Poi arriva, stringe la destra ai Greci e dice che pensava
di trovarsi di fronte a una carneficina.
20
Senofonte gli chiede di consegnarli gli ostaggi e, se voleva, di unirsi a una spedizione sul monte. In casocontrario, desse a lui via libera.
21 Il giorno dopo, Seute gli consegna gli ostaggi, gente piuttosto anziana, ovvero inotabili - a quanto si diceva - dei Traci montani; ed egli stesso giunge con le sue truppe. L'esercito di Seute era ormai
triplicato: molti Odrisi, alla notizia delle sue imprese, erano scesi dai monti per unirsi alla sua spedizione.
22 I Tini,quando videro dai monti tanti opliti, peltasti e cavalieri, scesero a valle e cominciarono a supplicare e a chiedere tregua:
davano garanzie che avrebbero eseguito ogni ordine e premevano perché accettassero i loro pegni di fede.
23 Seuteconvocò Senofonte e gli espose le loro proposte, aggiungendo che non avrebbe sancito una tregua, se Senofonte stesso
avesse voluto vendicarsi dell'attacco subìto.
24 Senofonte però rispose: «Per parte mia, ritengo che sia sufficiente lapunizione che scontano già adesso, se, da liberi che erano, diventeranno schiavi». Ma suggeriva, per il futuro, di
prendere come ostaggi gli individui in grado di nuocere maggiormente, lasciando a casa i vecchi. Tutti gli abitanti della
regione, comunque, accettarono le condizioni imposte.
5
1
Oltrepassano i monti puntando contro i Traci che vivono al di là di Bisanzio, in direzione del cosiddettoDelta. La regione non apparteneva più al dominio di Mesade, ma a Tere l'odriso [un vecchio].
2 Eraclide era qui, con ildenaro ricavato dalla vendita del bottino. Seute si fece portare tre coppie di muli, tutte quelle che c'erano - le altre erano
composte da buoi - convocò Senofonte e lo invitò a prenderle e a distribuire il resto agli strateghi e ai locaghi.
3Senofonte ribatté: «Per quanto riguarda me, prenderò il bottino un'altra volta. Questi animali regalali agli strateghi che ti
hanno seguito con me e ai locaghi».
4 Delle tre coppie di muli, una toccò a Timasione di Dardano, l'altra a Cleanore diOrcomeno, la terza a Frinisco l'acheo. Le coppie di buoi vennero distribuite tra i locaghi. Pagò il soldo per venti giorni,
anche se era già trascorso un mese: Eraclide aveva detto che, nella vendita, non era riuscito a ottenere niente di più.
5Senofonte a quel punto, infuriato, invocando gli dèi sbottò: «Non mi pare, Eraclide, che tu ti dia pensiero per Seute
come dovresti, altrimenti ti saresti presentato con l'intero stipendio, anche a costo di prendere a prestito il denaro che
mancava o di vendere il tuo mantello, se non potevi far diversamente».
6
Allora Eraclide si risentì e temette di perdere le grazie di Seute, per cui da quel giorno, non appena gli sipresentava l'occasione, screditava Senofonte agli occhi di Seute.
7 I soldati invece, per il mancato pagamento del soldo,se la presero con Senofonte. E pure Seute s'irritò con lui, perché reclamava energicamente la paga per i soldati.
8 Finoad allora, ogni volta gli ricordava che, ritornati al mare, gli avrebbe affidato Bisante, Gano e Nuova Muraglia; a partire
da quel momento invece, non ne fece più parola. Eraclide, infatti, aveva insinuato che era rischioso affidare delle
fortezze a un uomo con un esercito.
9
Di conseguenza Senofonte valutò il da farsi, se proseguire la spedizione verso l'interno. Intanto Eraclide,introducendo da Seute gli altri strateghi, li esortò a riferire che avrebbero potuto guidare l'esercito non meno bene di
Senofonte e promise che, in pochi giorni, avrebbero ricevuto la paga intera di due mesi, per cui li invitava a unirsi
all'impresa.
10 Timasione disse: «Nemmeno se dovessi prendere una paga di cinque mesi continuerei la spedizionesenza Senofonte». Frinisco e Cleanore si dichiararono d'accordo con Timasione.
11 A quel punto Seute ricoprì d'insultiEraclide perché non aveva convocato anche Senofonte. Allora convocano lui solo, ma Senofonte, ben conscio degli
intrighi di Eraclide, e cioè che voleva solo calunniarlo di fronte agli altri strateghi, si presenta insieme a tutti gli
strateghi e ai locaghi.
12
Quando tutti furono d'accordo, ripresero la spedizione e, tenendo sulla destra il Ponto, attraverso le terre deiTraci cosiddetti Melinofagi, pervennero a Salmidesso. In questa zona molte delle navi che fanno rotta verso il Ponto si
arenano e naufragano: ci sono le secche per un gran braccio di mare.
13 I Traci che abitano sulla costa lì antistante,hanno diviso le spiagge con cippi di confine e saccheggiano i relitti che capitano nella zona sotto il loro controllo. Si
racconta, infatti, che prima della demarcazione del territorio, per saccheggiare si massacrassero tra di loro.
14 Lì i Grecitrovarono molti divani, molte casse e molti rotoli scritti, nonché tutti gli altri oggetti che i proprietari delle navi di solito
trasportano nelle loro casse di legno. Da qui invertirono la marcia e tornarono indietro.
15
A questo punto Seute dunque disponeva di un esercito ormai doppio rispetto al contingente greco: dalleterre degli Odrisi lo avevano raggiunto uomini in gruppi ancor più consistenti e anche le genti che via via si
sottomettevano a lui si univano alla spedizione. Si accamparono nella piana sopra Selimbria, a circa trenta stadi dal.64
mare.
16 Della paga, neanche l'ombra: i soldati cominciarono a risentirsi aspramente con Senofonte e Seute non lotrattava più con familiarità, anzi, quando Senofonte si recava da lui per avere un incontro, a Seute spuntavano sùbito
mille impegni.
6
1
In quest'arco di tempo - erano trascorsi ormai circa due mesi - da parte di Tibrone giungono Carmino illacone e Polinico e spiegano la situazione: gli Spartani avevano deciso di attaccare Tissaferne; Tibrone si era messo in
mare per muovergli guerra, ma aveva bisogno dell'esercito greco e prometteva una paga di un darico a testa al mese, il
doppio per i locaghi e il quadruplo per gli strateghi.
2
Gli Spartani fanno appena in tempo ad arrivare, che Eraclide viene sùbito a sapere che erano lì per l'esercito;informa allora Seute che era capitata un'occasione splendida. «Agli Spartani serve l'esercito, mentre tu non ne hai più
bisogno. Se concedi loro le truppe, te li ingrazierai, e poi i soldati non verranno più da te a reclamare il soldo, anzi se ne
andranno da questa terra».
3 Allora Seute ordina di introdurre gli emissari. Quando costoro dissero che erano lì perl'esercito, rispose che metteva le truppe a loro disposizione, voleva essere loro amico e alleato, li ospitava a banchetto. E
la sua ospitalità fu davvero magnifica. Comunque, non convoca né Senofonte né alcuno degli altri strateghi.
4 Quandogli Spartani gli chiesero che tipo fosse Senofonte, rispose che in generale non era un cattivo uomo, ma era troppo
attaccato ai soldati: era il suo difetto. Allora gli emissari replicarono: «Cerca forse, con atteggiamenti demagogici, di
ingraziarsi i suoi uomini?». Intervenne Eraclide: «Non c'è dubbio».
5 «Allora», ripresero, «cercherà di opporsi al nostrotentativo di portar via le truppe?». «Se li chiamate in adunata», disse Eraclide, «e promettete loro una paga, avranno
pochi riguardi per lui e correranno dietro a voi».
6 «Come potremo convocarli?». «Domani, di buon mattino», disseEraclide, «vi porteremo da loro. E so», aggiunse, «che appena vi vedranno, vi correranno incontro con gioia». Così
terminò la giornata.
7
Il giorno successivo Seute ed Eraclide conducono i Laconi presso l'esercito, che viene radunato. I due Laconidissero che gli Spartani avevano deciso di muovere guerra a Tissaferne, «l'uomo», aggiunsero, «che vi ha fatto tanti
torti. Se vi unirete a noi, vi vendicherete di un nemico e riscuoterete la paga di un darico a testa al mese, il doppio per i
locaghi, il quadruplo per gli strateghi».
8 I soldati ascoltarono con gioia le loro parole e sùbito si alzò uno degli Arcadiper accusare Senofonte. Era presente anche Seute, che voleva vedere come si sarebbe messa la questione: si teneva a
una distanza tale da poter udire, assistito da un interprete, anche se capiva quasi tutto, del greco.
9 Allora l'Arcadedisse: «Spartani, già da un pezzo saremmo dalla vostra parte, se Senofonte non ci avesse convinti a venire qua, dove, tra
i rigori dell'inverno, abbiamo combattuto di giorno e di notte, senza un attimo di tregua. Ma il frutto delle nostre fatiche
è lui a raccoglierlo: sottobanco Seute lo ha coperto di ricchezze, mentre noi siamo defraudati della paga.
10 Così [sonoil primo a dirlo,] se vedessi Senofonte lapidato e punito per le sofferenze in cui ci ha trascinati, sarebbe come ricevere la
mia paga e non mi roderei più per le pene passate». Dopo di lui si alzò un altro a dir cose dello stesso tenore e poi un
altro ancora. Allora Senofonte replicò:
11
«Bisogna proprio che un uomo nella sua vita si aspetti di tutto! Ma quel che è peggio, è che mi accusateproprio di una cosa in cui, credo, in tutta coscienza, di aver mostrato il massimo zelo nei vostri confronti! Me ne stavo
andando a casa, ma poi sono tornato sui miei passi, e non certo, per Zeus, perché avevo sentito dire che ve la passavate
bene, ma piuttosto perché mi era giunta voce che eravate nei guai e volevo darvi una mano, per quanto potevo.
12 Almio arrivo, Seute, qui presente, mi mandò più di un emissario con mille promesse, se vi avessi persuaso a recarvi da lui:
ma non ci ho neanche provato - voi stessi lo sapete bene - e vi ho guidati dove pensavo che sarebbe stato più rapido per
voi il passaggio in Asia. Ero convinto che fosse la cosa migliore per voi e sapevo che eravate d'accordo.
13 Ma quandoAristarco ci impediva con le sue triremi di passare lo stretto, allora vi ho convocati per decidere il da farsi, ed era
senz'altro giusto.
14 E voi, dopo aver ascoltato le disposizioni di Aristarco che vi ingiungeva di avviarvi verso ilChersoneso e le parole di Seute che cercava di convincervi a unirvi alla sua spedizione, avete detto concordemente di
seguire Seute e avete votato tutti a favore. Perché mai sono colpevole di avervi guidato qui, se eravate tutti d'accordo?
15
Ma poi Seute ha cominciato a contravvenire ai patti per il pagamento del soldo: se lo lodassi, avreste ragione diaccusarmi e odiarmi; se invece prima ero il suo amico più caro fra tutti e adesso il più estraneo, come potrebbe essere
giusto che, dopo aver preferito voi a lui, proprio da voi debba subire l'accusa per le questioni che mi hanno alienato il
suo animo?
16
Qualcuno potrebbe dire forse che mi sono intascato il denaro di Seute che spettava a voi e adesso recito laparte. Ma un punto almeno è chiaro: se Seute mi avesse pagato, non avrebbe certo tirato fuori dei soldi per perdere ciò
che dava a me e per rimanere debitore con voi. Piuttosto credo che, se li avesse sborsati, l'avrebbe fatto nell'intento di
spendere di meno con me anziché pagare di più con voi.
17 Ma se siete convinti che le cose stiano così, avetel'occasione di mandare all'aria i nostri calcoli d'un colpo solo: vi basta pretendere il denaro dovuto. È chiaro che Seute,
se davvero ho preso dei soldi da lui, ne esigerà la restituzione, e con ogni diritto, se non gli garantisco la riuscita
dell'affare per cui mi ha comprato.
18 Ma da che io abbia intascato il vostro denaro, ce ne passa. Vi giuro sugli dèi tuttie le dee che non ho ricevuto neppure quanto Seute mi aveva promesso a titolo personale. Anche lui è presente e ascolta,
per cui sa se sto spergiurando.
19 Stupitevi ancora di più: vi giuro anche che non ho preso quello che hanno ricevuto glialtri strateghi e neppure quello che è toccato ad alcuni locaghi.
20 E perché l'avrei fatto? Credevo, uomini, che quanto.65più mi fossi conformato a lui quando era povero, tanto più me lo sarei reso amico quando fosse diventato potente. Ma
adesso lo vedo vivere nell'agiatezza e capisco qual è il suo vero carattere.
21
Qualcuno potrebbe obiettare: "Ma non ti vergogni di esserti lasciato ingannare così stupidamente?". PerZeus, mi vergognerei sì, se mi avesse raggirato un nemico. Ma, quando si tratta di un amico, mi sembra che sia più
turpe ingannare che essere ingannati.
22 E se bisogna anche guardarsi dagli amici, so che avete preso ogni precauzioneper non lasciargli un valido pretesto che gli permettesse di non darci quanto promesso: non ci siamo macchiati di colpe
nei suoi confronti né abbiamo mandato a rotoli, per la nostra trascuratezza, le sue iniziative né tanto meno ci siamo
mostrati mai vili nelle azioni in cui ha chiesto il nostro aiuto.
23
Allora, potreste dire, bisognava esigere garanzie prima, in modo che non potesse raggirare neppurevolendolo. Allora ascoltate quello che non avrei mai detto in sua presenza, se non mi aveste dato l'impressione di essere
completamente insensati e troppo ingrati nei miei confronti.
24 Ripensate in quale situazione versavate quando vi hoportati da Seute. E a Perinto? Vi avvicinavate alla città, ma Aristarco lo spartano vi impediva l'ingresso, sbarrandovi le
porte, o no? Vi eravate accampati all'aperto, in pieno inverno, vi toccava acquistare i viveri al mercato e c'era poca roba,
come pure erano pochi i soldi per comprarla.
25 Comunque era giocoforza rimanere in Tracia: le triremi alla fondabloccavano il porto, impedendo la traversata. Se qualcuno avesse voluto restare, era in terra ostile, con di fronte un gran
numero di cavalieri e peltasti.
26 Noi invece non avevamo altro che opliti con cui, compatti, avremmo forse potutomarciare contro i villaggi e così procurarci viveri, ma non certo in grande quantità. Comunque sia, se ci fossimo lanciati
all'inseguimento con gli opliti, non avremmo avuto modo di catturare gente e bestiame: tra di voi non ho più trovato un
contingente organizzato di cavalleria né di peltasti.
27
Se dunque, in una situazione così disperata, anche senza ottenere per voi una paga, vi avessi procuratol'alleanza di Seute, forte di quei cavalieri e peltasti di cui avevate tanto bisogno, avreste forse giudicato che la mia era
una decisione a vostro svantaggio?
28 Unendovi a loro, infatti, avete avuto la possibilità di procurarvi nei villaggi ciboin quantità maggiore, perché i Traci erano costretti a fuggire in tutta fretta, e vi siete anche impossessati di un numero
maggiore di bestiame e di schiavi.
29 Del resto, non abbiamo visto più un nemico, da quando si è unita a noi lacavalleria; fino ad allora invece i nemici ci seguivano con baldanza e, ostacolandoci con la cavalleria e i peltasti, non ci
permettevano mai di dividerci in piccoli gruppi per procurarci scorte di viveri più abbondanti.
30 Se chi ha avuto ilmerito di garantirvi questa sicurezza non è riuscito ad aggiungervi un lauto compenso per i rischi che non correvate più,
è davvero una sciagura gravissima, al punto da ritenere che io non possa uscire da qui vivo?
31
Adesso, tra l'altro, come partirete? Non avete svernato tra viveri a volontà, non avete ottenuto da Seute casomai anche il superfluo? Certo, sperperavate i beni dei nemici. E mentre ve la passavate così, non avete mai visto morire
uno dei vostri né l'avete perso perché caduto vivo in mano nemica.
32 Se avete compiuto grandi gesta contro i barbaridell'Asia, la vostra gloria rimane intatta, anzi non vi pare che ad essa aggiungiate oggi un altro motivo di vanto, dopo
aver piegato i Traci d'Europa contro i quali avete mosso guerra? Io a pieno titolo affermo che, per le cose di cui mi
accusate, dovreste invece rendere grazie agli dèi, perché si tratta di benefici.
33 Questo per quanto riguarda voi.Ma io? Per gli dèi, considerate adesso come vanno a me le cose. Quando, in passato, me ne stavo tornando a
casa, mi mettevo in cammino tra i vostri grandi elogi e, grazie a voi, con la stima degli altri Greci. Godevo della fiducia
degli Spartani, altrimenti non mi avrebbero mandato da voi una seconda volta.
34 Adesso invece me ne vado, messo incattiva luce da voi agli occhi degli Spartani e, per aver preso le vostre parti, inviso a Seute; e dire che presso di lui, in
ragione dei grandi servigi prestati insieme a voi, speravo di trovare un rifugio per me e per i miei figli, se ne avrò.
35Ma voi, per i quali mi sono creato tante inimicizie presso persone ben più potenti di me, la pensate così sul mio conto,
anche se neppure ora ho smesso di brigare per procurarvi i vantaggi che posso.
36
Su, mi avete in pugno: non fuggo, non cerco di svignarmela. Se farete ciò che dite, sappiate che avreteucciso un uomo che ha vegliato per voi tante notti, che molte sofferenze, molti pericoli ha affrontato con voi, quando
toccava a lui e quando non gli toccava, un uomo che, con il favore degli dèi, insieme a voi ha innalzato tanti trofei sui
barbari: inoltre, ho messo in campo ogni mia risorsa perché non diventaste nemici di nessun greco.
37 Ecco perché oraavete la possibilità di dirigervi dove volete, per terra e per mare, senza esporvi ad attacchi. Adesso intravvedete grandi
ricchezze e state per far vela verso le terre che agognate da tempo, i più potenti vi cercano e si delinea la speranza di una
paga, vi hanno raggiunto, per prendere la vostra testa, gli Spartani considerati più autorevoli: vi pare adesso il momento
adatto per mettermi a morte in fretta e furia?
38 Non era così, quando eravate nei guai, quando mi chiamavate padre epromettevate che vi sareste ricordati per sempre di me come vostro benefattore: ma nessuno ha la memoria corta come
voi. Comunque non sono certo privi di discernimento gli Spartani che sono ora giunti qui per voi. Per cui, non darete,
credo, una gran bella impressione, comportandovi così nei miei confronti». Detto ciò, tacque.
39
Carmino lo spartano si alzò e disse: «Per i Dioscuri, mi pare che non abbiate motivo di prendervela conquest'uomo. Anch'io posso testimoniare in suo favore. Seute, quando io e Polinico lo abbiamo interpellato su che tipo
fosse Senofonte, ci ha risposto che in generale non aveva particolari appunti da muovergli, se non il suo eccessivo
attaccamento ai soldati, il che poteva danneggiare noi Spartani e Seute stesso».
40 Dopo di lui si levò in piedi Eurilocodi Lusi [arcade] e prese la parola: «A parer mio, Spartani, il primo atto che dovreste compiere come nostri comandanti,
è di esigere la nostra paga da Seute, volente o nolente, senza portarci via prima di ottenerla».
41 Intervenne l'ateniesePolicrate, su pressione di Senofonte: «Uomini, vedo qui presente anche Eraclide: è lui che ha preso le ricchezze che
abbiamo conquistato col nostro sudore, le ha vendute e non ha restituito il ricavato né a Seute né a noi, ce le ha rubate e
se le tiene per sé. Se abbiamo la testa sul collo, prendiamolo: non è un trace, è un greco che fa torto ad altri Greci»..66
42
Eraclide è molto colpito da tali parole. Si avvicina a Seute e dice: «Se anche noi abbiamo la testa sul collo,andiamocene dalle loro grinfie». Montarono a cavallo e partirono di gran carriera verso il loro accampamento.
43Quindi Seute manda a Senofonte il proprio interprete, Abrozelme, pregandolo di rimanere con lui insieme a mille opliti
e garantendo che gli avrebbe dato sia le fortezze sul mare sia tutti gli altri beni promessi. E in segreto lo informa di aver
udito da Polinico che, se fosse finito nelle mani degli Spartani, sarebbe stato sicuramente messo a morte da Tibrone.
44Anche molti altri misero Senofonte al corrente di voci simili, dicendogli che si erano sparse calunnie sul suo conto e che
doveva stare in guardia. Allora Senofonte prese due vittime e le sacrificò a Zeus re, chiedendogli se per lui fosse meglio
e più conveniente rimanere con Seute alle condizioni di Seute oppure partire con l'esercito. Il dio gli indica di partire.
7
1
Seute poi si spostò, portando più lontano il campo. I Greci si acquartierarono nei villaggi: da qui poivolevano far rifornimento e raggiungere il mare. Erano i villaggi che Seute aveva concesso a Medosade.
2 Costui,vedendo le proprie scorte dei villaggi dilapidate dai Greci, rimase contrariato. Preso con sé un Odriso, il più potente tra
quanti erano scesi dai monti, con una trentina di cavalieri si reca al campo greco e chiama fuori Senofonte, che si avvia
insieme ad alcuni locaghi e altri uomini adatti alla situazione.
3 Medosade allora gli dice: «Senofonte, siete nel torto asaccheggiare i nostri villaggi. Pertanto io, a nome di Seute, e costui, inviato da Medoco, il re della regione interna, vi
intimiamo di abbandonare il paese. Altrimenti non vi lasceremo fare, ma, se devasterete la nostra terra, ci difenderemo
da voi come da nemici».
4
Allora Senofonte ribatté: «Il tuo tono non merita neanche risposta. Ma voglio parlare per questo giovane,perché sappia che razza di gente siete voi e come invece siamo noi.
5 Prima di diventare vostri alleati, ci muovevamoin questa regione in lungo e in largo, devastando se volevamo oppure incendiando.
6 E tu, ogni volta che ci hairaggiunto in missione, alloggiavi presso di noi senza timore di nessun nemico. Voi invece non mettevate piede in questo
paese, o se mai accadeva, vi accampavate come si fa nelle terre di genti più potenti, tenendo i cavalli sempre con il
morso in bocca.
7 Una volta che siete diventati nostri alleati, per merito nostro e con l'aiuto degli dèi vi sieteimpadroniti di questa terra e adesso ci scacciate dal paese che avete ricevuto dalle nostre mani, dopo che l'avevamo
conquistato con la forza. Come sai anche tu, i nemici non erano in grado di spazzarci via.
8 Ora, anziché congedarcisdebitandoti con doni e benefici in cambio dei favori ricevuti, non ci consenti neppure, per quanto almeno sta in tuo
potere, di accamparci qui, benché ci accingiamo alla partenza.
9 E mentre parli, non provi vergogna di fronte né aglidèi né a quest'uomo, che adesso ti vede ricco, mentre prima di diventare nostro alleato trovavi di che vivere dalle razzie,
come hai confessato tu stesso.
10 Ma perché queste cose le vieni a raccontare a me? A comandare non sono più io, magli Spartani, ai quali avete consegnato l'esercito perché se lo portassero via, senza neppure avvisarmi, strani come siete.
E se prima mi ero attirato la loro ostilità perché avevo condotto da voi l'esercito, adesso avrei anche potuto rientrare
nelle loro grazie restituendoglielo».
11
Allora l'Odriso sbottò: «Medosade, vorrei sprofondare sotto terra per la vergogna, sentendo le sue parole. Sel'avessi saputo prima, non ti avrei seguito. E ora me ne vado. Medoco, il mio re, non approverebbe di certo il mio
comportamento, se io scacciassi i nostri benefattori».
12 Detto ciò, montò a cavallo e partì al galoppo con i suoicavalieri, tranne quattro o cinque. Medosade - lo angustiava infatti che la sua terra venisse saccheggiata - invitò
Senofonte a convocare i due Spartani.
13 Senofonte insieme ai suoi uomini più fidati si recò da Carmino e Polinico eriferì che Medosade avrebbe loro intimato, come aveva già fatto con lui, di lasciare il paese.
14 «Credo», proseguì,«che potreste ottenere il soldo dovuto all'esercito, se diceste che le truppe vi hanno chiesto di esigere il pagamento da
Seute, volente o nolente, e che sostengono che, se l'ottengono, vi seguiranno con entusiasmo. Aggiungete che, secondo
voi, hanno ragione e che avete promesso di partire solo quando avranno quel che spetta loro».
15
Allora gli Spartani dissero che avrebbero presentato le loro richieste ed esercitato anche tutte le altrepressioni possibili. Si avviarono immediatamente con tutti gli uomini più adatti al caso. Giunto sul posto, Carmino
disse: «Se hai qualcosa da dirci, Medosade, parla; in caso contrario abbiano noi qualcosa da dire a te».
16 A quel puntoMedosade, abbassando la cresta: «Io vi devo dire, e Seute è d'accordo, che riteniamo giusto che chi è diventato nostro
alleato non subisca torti da voi. Qualsiasi danno inferto a loro, consideratelo ormai inferto a noi: è gente nostra».
17«Noi allora», replicarono gli Spartani, «partiremo da qui solo quando avranno riscosso la paga i soldati che hanno
conquistato per voi tutto questo. Altrimenti, verremo a portar loro aiuto e a punire la gente che, contro i giuramenti, ha
commesso un'ingiustizia nei loro confronti. Se tra gli altri ci siete anche voi, allora cominceremo a far giustizia proprio
da voi».
18 Intervenne Senofonte: «Medosade, sostenete che la gente che vive nel paese in cui ci troviamo è vostraamica: sareste allora disposti a lasciare a loro la scelta, quale che sia il loro voto, di chi debba andarsene, se noi o voi?».
19
Medosade disse di no. Invitò, piuttosto, i due Laconi a recarsi da Seute per la questione del soldo, dichiarandosisicuro che l'avrebbero convinto. In caso contrario, mandassero con lui Senofonte, e garantiva di prestare la propria
collaborazione. Comunque, scongiurava di non incendiare i villaggi.
20
Allora inviano Senofonte e, con lui, le persone che sembravano più indicate. Una volta giunto, si rivolge aSeute: «Non sono qui per avanzare richieste, Seute, ma per spiegarti, se mi è possibile,
21 che non avevi ragione dirisentirti perché ti chiedevo energicamente, a nome dei soldati, di mantenere le promesse. Ritenevo infatti che fosse nel
tuo interesse dare, non meno che nel loro ricevere.
22 Primo, so che sono stati loro, dopo gli dèi, a darti notorietà,.67perché ti hanno reso sovrano di una grande regione e di molti uomini, per cui adesso non hai la possibilita di tener
nascoste le tue azioni, dignitose o turpi che siano.
23
Per un uomo di tal rango è importante, mi pare, non dar l'impressione di congedare nell'ingratitudine ipropri benefattori, come pure godere di buona reputazione tra seimila uomini, ma la cosa principale è di non mancare
mai e poi mai alla parola data.
24 Mi accorgo infatti che le parole della gente sleale si perdono nel vuoto, inefficaci edisprezzate. Quelli invece che danno prova di sincerità, le loro parole, se c'è bisogno, raggiungono lo scopo meglio della
coercizione impiegata dagli altri. Se poi si vuol ricondurre a ragione qualcuno, so che le minacce delle persone sincere
portano a rinsavire non meno delle punizioni immediate degli altri. E se questi uomini leali fanno una promessa a
chicchessia, raggiungono lo scopo prefisso non meno di coloro che elargiscono doni sùbito.
25
Richiama alla mente tu stesso quali doni ci hai anticipato nel momento in cui ci hai presi come alleati:nessuno, lo sai bene. È stata concessa fiducia alla sincerità delle tue parole e, così, hai persuaso tanti uomini a unirsi alla
tua impresa e a procurarti un regno che vale non solo trenta talenti - che è quanto ritengono di dover riscuotere adesso -
ma ben di più.
26 Dunque l'iniziale fiducia, quella fiducia che ti è valsa il regno, la vendi per così poco?27
Su, ripensa a che grande impresa ti sembrava, allora, la conquista del regno che oggi hai assoggettato. Sonsicuro che ti sarai augurato di portare a termine il progetto che sei riuscito a realizzare, piuttosto che possedere
ricchezze di molto superiori alla somma che ci devi.
28 A me dunque pare un danno maggiore, un'onta più graveperdere quanto ora possiedi rispetto a non averlo acquistato prima, così come diventare poveri da ricchi è più duro che
non essere mai stati ricchi; ed è più doloroso passare da re a semplice cittadino piuttosto che non aver mai avuto un
regno.
29
Sai bene che i tuoi attuali sudditi non si sono sottomessi al tuo dominio per amicizia, ma per necessità, e checercherebbero di ritornare liberi, se non li tenesse a freno la paura.
30 Credi forse che avrebbero maggior timore, chesarebbero più ragionevoli nei tuoi confronti, se vedessero i nostri soldati pronti a restare a un tuo ordine, pronti ad
accorrere in caso di necessità, e se altri soldati, sentendo i nostri parlar bene di te, si precipitassero qui, quando tu lo
volessi? Viceversa, come andranno le cose, se sospetteranno che nessun altro vorrà mettersi ai tuoi ordini per la sfiducia
generata dagli avvenimenti attuali e se si faranno l'idea che simpatizzano più per loro che per te?
31 Tra l'altro, hannoceduto non perché vinti dal nostro numero, ma per mancanza di capi. Ora c'è il pericolo che cerchino dei comandanti tra
la gente che pensa di aver subìto torti da te oppure che si rivolgano a chi è ancor più potente, agli Spartani. C'è
l'eventualità che i soldati promettano di marciare al loro fianco con maggior entusiasmo, una volta ottenuto quanto devi
loro e che gli Spartani soddisfino le loro richieste, perché hanno bisogno dell'esercito.
32 I Traci che ti sono soggetticombatterebbero con maggior ardore contro di te che con te, è fuor di dubbio. Se vinci, per loro significa schiavitù, se
perdi, libertà.
33
Devi darti pensiero del paese che hai conquistato. Credi forse che patirà meno danni se questi soldati,quando avranno ottenuto i soldi che reclamano, si allontaneranno in pace oppure se rimarranno qui come in terra nemica
e tu cercherai di opporre altre forze più numerose delle loro, forze che avranno bisogno di vettovaglie?
34 Dilapideraipiù denaro se pagherai la somma dovuta oppure se, pur restando debitore, dovrai stipendiare truppe ancor più
numerose?
35 Eraclide mi ha confidato che considera enorme la somma. Per te adesso trovare e corrispondere una talecifra è più semplice di quanto lo sarebbe stato tirar fuori la decima parte di essa prima del nostro arrivo.
36 Non è ilnumero a far la differenza tra il molto e il poco, ma la forza di chi paga e trova il denaro. Per te adesso l'entrata annua
supera il patrimonio complessivo di cui disponevi prima.
37
Seute, mi preoccupo di tutto questo perché sei un amico e desidero che tu possa dimostrarti degno di goderedei benefici che gli dèi ti hanno accordato e perché io non perda credito tra le truppe.
38 Sappi infatti che, attualmente,non sono in grado, con questo esercito, né di colpire un nemico né di accorrere ancora in tuo aiuto, pur con tutta la mia
buona volontà, perché l'esercito è maldisposto verso di me.
39 Eppure, insieme agli dèi che tutto sanno, chiamo te atestimone che non mi hai dato nulla che fosse destinato alle truppe, né ti ho mai chiesto per me quello che spettava a
loro né ho preteso quanto mi avevi promesso.
40 E ti giuro che, se tu me ne avessi fatto dono, non l'avrei accettato, ameno che anche i soldati non ricevessero al contempo quanto loro spettava. Sarebbe stata un'infamia brigare per i miei
vantaggi e tollerare che i loro andassero male, tanto più che godevo della loro stima.
41 Al contrario Eraclide considerache niente ha valore, quando si tratta di intascar denaro, a qualsiasi costo. Io invece, o Seute, penso che per un uomo, e a
maggior ragione per un capo, non ci sia tesoro più bello e fulgido della virtù, della giustizia, della generosità.
42 Chi lepossiede, è ricco perché ha molti amici, è ricco perché molti altri vogliono diventare suoi amici; se la sua situazione è
prospera, avrà con chi dividere la sua felicità, se invece cadrà, non gli mancheranno persone pronte a tendergli una
mano.
43
Ma se prima, sulla base delle mie azioni, non hai capito che ti ero amico di cuore e se neppure adesso, dallemie parole, riesci a comprenderlo, cerca almeno di riflettere su tutti i discorsi pronunciati dai soldati: eri presente e hai
sentito cosa dicevano i miei detrattori.
44 Mi accusavano, al cospetto degli Spartani, di preoccuparmi dell'interesse tuopiù che di quello degli Spartani e mi imputavano di pensare più al tuo vantaggio che al loro, aggiungendo che mi avevi
corrotto con doni.
45 Perciò, pensi che mi abbiano accusato di aver ricevuto doni da parte tua perché scorgevano in meuna sorta di malanimo nei tuoi confronti o piuttosto perché capivano che mi prodigavo per te?
46 Credo che tutti gliuomini ritengano che si debba mostrare benevolenza alla persona da cui riceviamo i doni. E tu, prima che io ti prestassi
i miei servigi, mi accoglievi con gioia, lo si capiva dai tuoi occhi, dalla tua voce, dai doni ospitali e non eri mai stanco
di farmi promesse. Ma non appena hai raggiunto il tuo scopo e sei diventato potentissimo grazie al mio contributo,
adesso hai il coraggio di tollerare che io sia disprezzato dai miei soldati.
47 Ma son sicuro che deciderai di pagare il.68soldo e che il tempo ti sarà maestro e non sopporterai di vedere che chi ti aveva elargito il proprio beneficio adesso si
erge a tuo accusatore. Ti prego perciò, quando tu corrisponderai il soldo, di sforzarti per restituirmi agli occhi della
truppa quel prestigio di cui godevo al momento in cui mi hai preso ai tuoi ordini».
48
Nell'udire tali parole, Seute invocò la maledizione divina sul colpevole, su chi da tanto tempo non avevapermesso il pagamento del soldo. Tutti sospettarono che si riferisse a Eraclide. «Io», disse, «non ho mai pensato di
defraudarvi e pagherò».
49 Allora Senofonte riprese: «Dal momento che hai intenzione di pagare, adesso ti chiedo disvolgere l'operazione per mio tramite e di non permettere che, a causa tua, mi debba trovare adesso nei riguardi
dell'esercito in un rapporto diverso rispetto a quando siamo venuti da te».
50 L'altro rispose: «Non solo, per causa mia,non perderai prestigio tra i soldati, ma, se rimarrai con me, basta anche insieme a mille opliti, ti darò le fortezze e tutto il
resto che ti ho promesso».
51 Senofonte ribatté: «La cosa non è possibile. Congedaci». «Eppure», replicò Seute, «soche per te, almeno, sarebbe più sicuro rimaner qui piuttosto che partire».
52 Ancora Senofonte: «Lodo le tue attenzioni,ma non mi è possibile restare. Dovunque crescerà la mia fama, tieni per certo che anche per te sarà un vantaggio».
53Allora Seute disse: «Denaro non ne ho, se non in piccola parte. Eccoti un talento. Ho ancora seicento buoi, circa
quattromila pecore e più o meno centoventi schiavi. Prendili, aggiungici gli ostaggi delle genti che ti hanno dato fastidi
e va' pure».
54 Senofonte scoppiò a ridere e disse: «E se non mi bastassero per pagare il soldo, da chi dirò di averlopreso un talento? Dal momento che la mia vita è in pericolo, non è meglio che me ne vada di qui stando in guardia per
non finir lapidato? Hai sentito le minacce contro di me». Per quel giorno rimase lì.
55
L'indomani Seute diede loro ciò che aveva promesso e li fece accompagnare da alcuni uomini per guidare ilbestiame. Fino a quel momento i soldati facevano un gran parlare di Senofonte dicendo che se n'era andato da Seute per
stabilirsi nella zona e per ricevere i doni promessi: ma quando lo videro, gioirono e gli corsero incontro.
56 Senofonte,non appena vide Carmino e Polinico, disse: «Grazie a voi è stato messo in salvo questo bestiame per l'esercito. Ve lo
consegno: vendetelo e distribuite il ricavato tra i soldati». I due presero il bestiame e, nominati dei sovrintendenti alle
operazioni, procedettero alla vendita, suscitando parecchie rimostranze.
57 Senofonte si tenne in disparte, anzi erachiaro che si preparava al rientro in patria: in Atene infatti non era stato ancora decretato il suo esilio. Comunque i suoi
amici più fidati tra quelli che erano al campo si recarono da lui e lo scongiurarono di non partire prima di aver condotto
via l'esercito e di averlo rimesso nelle mani di Tibrone.
8
1
Da qui fecero rotta verso Lampsaco, dove Senofonte incontrò l'indovino Euclide di Fliunte, il figlio di quelCleagora che ha eseguito i dipinti parietali nel Liceo. Costui si rallegrò con Senofonte che avesse portato in salvo la vita
e gli domandò quanto oro avesse con sé.
2 Senofonte gli disse, giurandolo, che non aveva neppure il necessario per ilviaggio di ritorno in patria, a meno di non vendere il cavallo e le sue cose personali. L'altro non gli prestò fede.
3 Maquando i Lampsaceni gli inviarono i doni ospitali, Senofonte sacrificò ad Apollo, alla presenza di Euclide. Costui, come
vide le vittime, disse che adesso credeva alla storia che Senofonte non aveva denari. «E so anche», soggiunse, «che se
caso mai tu dovessi averne, troveresti sulla tua strada un impedimento: se non altro, sarai tu stesso quell'impedimento».
Senofonte ne convenne.
4 L'altro ancora: «È Zeus Meilichio a ostacolarti», e gli chiese se avesse offerto al dio unsacrificio, poi aggiunse: «come ero solito fare io a casa, offrendo per voi sacrifici e olocausti». Senofonte rispose che
non aveva celebrato sacrifici al dio da quando aveva lasciato la patria. Allora Euclide gli consigliò di sacrificare
secondo l'usanza, asserendo che le cose si sarebbero volte in meglio.
5 Il giorno successivo Senofonte si recò a Ofrinioeoffrì un sacrificio bruciando interi alcuni porci secondo il rito patrio: le vittime diedero auspici favorevoli.
6 Quelgiorno stesso giungono Bione e Nausiclide per consegnare del denaro all'esercito. Stringono vincoli d'ospitalità con
Senofonte e, siccome quest'ultimo aveva venduto a Lampsaco il proprio cavallo per cinquanta darici, i due, sospettando
che si fosse risolto a venderlo per mancanza di mezzi, tanto più che avevano saputo che era affezionato al suo cavallo,
lo riscattarono e glielo restituirono, senza voler accettare il prezzo del riscatto.
7
Allora si mettono in marcia attraverso la Troade e, superato l'Ida, giungono dapprima ad Antandro, poi,proseguendo lungo la costa, pervengono a Piana di Tebe in Misia.
8 Quindi attraversano Adramittio e Certono e, dopoesser giunti a Piana del Caico, arrivano a Pergamo in Misia.
Qui Senofonte è ospitato da Ellade, moglie di Gongilo di Eretria e madre di Gorgione e Gongilo.
9 Costeiindica a Senofonte che nella pianura viveva un persiano, Asidate: se l'avessero attaccato di notte con trecento uomini,
avrebbero potuto catturarlo con la moglie, i figli e le sue ricchezze, che erano ingenti. Per guidarli nell'azione inviò con
loro suo cugino e Dafnagora, persona di cui aveva altissima stima.
10 Quando li ebbe con sé, Senofonte celebrò unsacrificio. L'indovino Basia dell'Elide, che era presente, disse che le vittime erano propizie e che l'uomo poteva essere
catturato.
11 Dopo aver cenato, Senofonte si mise in cammino con i locaghi a lui più cari e con gli uomini che si eranodimostrati più fidati in ogni circostanza: era un modo per ricompensarli. Ma si unirono a lui, di prepotenza, anche altri
seicento circa. I locaghi comunque si spinsero in avanti al galoppo, per non dividere il bottino, come se le ricchezze
fossero già a loro completa disposizione.
12
Non appena giunsero, intorno alla mezzanotte, lasciarono che gli schiavi, che erano nei pressi della torre, simettessero in salvo con la maggior parte delle ricchezze, perché miravano a prendere Asidate in persona e i suoi beni.
13
Attaccarono la torre, ma non riuscirono a espugnarla: era alta, grande, munita di parapetti e disponeva di parecchidifensori agguerriti. Allora cercarono di aprire una breccia nella torre.
14 Lo spessore del muro era di otto mattoni.69d'argilla. Sul fare del giorno la breccia fu aperta: non appena la luce vi filtrò, dall'interno un nemico, con uno spiedo da
buoi, trafisse la coscia dell'assalitore più vicino. Inoltre cominciarono a scagliar fuori dardi, rendendo ormai pericoloso
anche il solo avvicinarsi alla breccia.
15 Frattanto, poiché da dentro levavano grida e mandavano segnali di fuoco,accorsero in loro aiuto Itamene con le sue truppe, reparti di opliti assiri di Comania e cavalieri ircani - erano
un'ottantina, anch'essi mercenari del re -, altri peltasti, ottocento circa, e ancora truppe da Partenio, da Apolloniae dai
dintorni, nonché cavalieri.
16
Era giunto il momento di valutare come procedere alla ritirata. Formarono il quadrato e, presi tutti i buoi ele pecore e gli schiavi, li misero all'interno. Non si curavano tanto di portare in salvo le prede, quanto temevano che la
ritirata si tramutasse in fuga, se abbandonavano il bottino, e avevano paura di rendere più baldanzosi gli altri e di
scoraggiare i propri uomini: allora ripiegarono come se combattessero per difendere i beni predati.
17 Quando Gongilovide il numero esiguo dei Greci a confronto della massa degli inseguitori, volendo prendere parte all'azione, con le sue
truppe uscì lui pure allo scoperto, contro il volere della madre. Rinforzi giunsero anche da Alisarne e dalla Teutrania,
guidati da Procle, figlio di Damarato.
18 Senofonte e i suoi, poiché erano ormai messi alle strette dal lancio di frecce eproiettili, disposti in cerchio, in modo da opporre gli scudi ai lanci nemici, guadarono a stento il fiume Carcaso, mentre
quasi la metà delle truppe era rimasta ferita.
19 Nella circostanza rimane ferito il locago Agasia di Stinfalo, che stavacombattendo senza un attimo di tregua contro i nemici. Riescono a portare al sicuro circa duecento schiavi e pecore in
numero sufficiente per i sacrifici.
20
L'indomani, dopo aver offerto un sacrificio, Senofonte di notte ritira tutto l'esercito, per percorrere il trattodi strada più lungo possibile in Lidia, in modo che i nemici non si spaventino per la sua vicinanza, ma allentino la
sorveglianza.
21 Asidate, venuto al corrente che Senofonte aveva sacrificato per assalirlo una seconda volta conl'esercito al completo, si trasferisce nei villaggi che sorgono ai piedi della città di Partenio.
22 È qui che Senofonte e isuoi si imbattono in lui e lo catturano con moglie, figli, cavalli e tutto il resto. Così si avverò il primo responso dei
sacrifici.
23
Poi ritornano a Pergamo, dove Senofonte rese omaggio alla divinità. I Laconi, i locaghi, gli altri strateghi e isoldati si accordarono per consentirgli la scelta tra i cavalli, i buoi e il resto del bottino, al punto che Senofonte ebbe
mezzi sufficienti per far doni a sua volta.
24
Nel frangente arrivò Tibrone, assunse il comando dell'esercito e, dopo averlo aggregato a un altrocontingente greco, cominciò la guerra contro Tissaferne e Farnabazo.
25
[Ecco i nomi dei governatori del paese del re, attraverso le cui terre siamo passati: in Lidia Artima, in FrigiaArtacama, in Licaonia e Cappadocia Mitradate, in Cilicia Siennesi, in Fenicia e Arabia Derne, in Siria e Assiria Belesi,
a Babilonia Ropara, in Media Arbace, tra i Fasiani e gli Esperiti Tiribazo. I Carduchi, i Calibi, i Caldei, i Macroni, i
Colchi, i Mossineci, i Ceti e i Tibareni sono popoli indipendenti. In Paflagonia Corila, tra i Bitini Farnabazo, tra i Traci
d'Europa Seute.
26
Il conto complessivo della strada percorsa all'andata e al ritorno è di millecentocinquanta parasanghe, ossiatrentaquattromiladuecentocinquantacinque stadi, in duecentoquindici tappe. La durata della spedizione, tra andata e
ritorno, è un anno e tre mesi.]